Immortale opera di Lenin e Stalin
La Rivoluzione d'Ottobre è la via universale per la conquista del socialismo
70° Anniversario della Rivoluzione che ha aperto una nuova era nella storia del mondo
 
Impariamo con ardore dalla Rivoluzione d'Ottobre e applichiamo con forza e fiducia i suoi insegnamenti
Venti anni fa, il 25 Ottobre 1987, il Comitato centrale del PMLI ha scritto un importante documento sulla Rivoluzione d'Ottobre, che riproponiamo su questo numero speciale de "Il Bolscevico", celebrativo del 90° Anniversario dell'immortale opera di Lenin e Stalin, all'attenzione dei militanti e dei simpatizzanti del PMLI e dei fautori del socialismo ancora sotto l'influenza dei partiti falsi comunisti.
Per i marxisti-leninisti che già lo conoscono è un'occasione per rinfrescarsi la memoria, rinverdire lo spirito proletario rivoluzionario e marxista-leninista e rinnovare l'impegno a proseguire, con slancio e vigore, sulla via dell'Ottobre. Per quelli che non lo conoscono hanno la possibilità di avere un quadro completo dell'evento storico che ha aperto una nuova epoca della storia del mondo e di conformare il proprio spirito e la propria pratica sociale con quelli dei rivoluzionari marxisti-leninisti russi. Mentre per i fautori del socialismo, non membri del PMLI, hanno modo di chiarirsi le idee sulla Rivoluzione russa e valutare se non sia il caso di seguire quella strada in Italia.
Per quanto ci riguarda, dalla prima all'ultima generazione del Partito, dai dirigenti nazionali ai membri delle Cellule, dobbiamo imparare con ardore dalla Rivoluzione d'Ottobre e applicare con forza e fiducia i suoi insegnamenti. Per questo dobbiamo utilizzare tutti gli strumenti di studio, di riflessione e di azione che il Partito ci mette a disposizione. L'ultimo, in ordine di tempo, l'educativo commento, scritto dal compagno Mino Pasca a nome della Commissione per il lavoro di stampa e propaganda del CC del PMLI, allo straordinario e entusiasmante video sulla Rivoluzione d'Ottobre, che è riportato su questo giornale.
Ciò che abbiamo pensato, detto e scritto sulla Grande Rivoluzione Socialista Russa fin dall'ormai lontano settembre 1967, quando i primi pionieri del Partito cominciarono a muovere i primi passi da marxisti-leninisti, è esattamente quello che pensiamo, diciamo e scriviamo oggi.
 

Non sono sopraggiunti fatti nuovi, per quanto riguarda le classi, le contraddizioni di classe, la lotta di classe, il capitalismo, la guerra imperialista, per farci cambiare idea. In ogni caso i verdetti storici del proletariato non si cambiano. Quando ciò avviene vuol dire che si è passati dalla parte del nemico di classe, la borghesia e l'imperialismo.
È quanto è accaduto ai revisionisti falsi comunisti dei vari paesi, specie dell'Italia. All'inizio erano tutti, a parole, evidentemente, a favore della Rivoluzione d'Ottobre, poi l'hanno rinnegata. Ma già Gramsci predicava la "Rivoluzione in occidente", che artatamente contrapponeva alla strategia e alla tattica rivoluzionarie di Lenin e Stalin. Ora Diliberto, segretario nazionale del PdCI, è arrivato addirittura a dire su "il manifesto" del 26 ottobre: "se proponessi la rivoluzione in Italia mi ricovererebbero subito in manicomio".
Il documento del Comitato centrale del PMLI è importante non solo per quello che dice sulla Rivoluzione d'Ottobre e sulla fedeltà del nostro Partito ad essa, ma anche per i riferimenti alla situazione internazionale e nazionale di venti anni fa in cui l'Urss socialimperialista e il PCI revisionista andavano verso la liquidazione.
Un passaggio storico che fa comprendere che il revisionismo è nemico del socialismo. Dobbiamo perciò star lontani da esso e combatterlo risolutamente non appena spunta fuori nel Partito. È una questione di vita o di morte del Partito, della rivoluzione e del socialismo. La salvezza e l'avvenire sta solo nel marxismo-leninismo-pensiero di Mao e nel socialismo, dobbiamo quindi seguire la via dell'Ottobre per l'Italia unita, rossa e socialista.
Nessuno ci potrà mai impedire di esaltare il socialismo, il comunismo e il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e di batterci per il loro trionfo in Italia e nel mondo. Nemmeno se dovesse passare la provocatoria e aberrante proposta di legge di Luca Volonté, capogruppo dell'Udc alla Camera, "per il divieto di apologia del comunismo".

30 ottobre 2007


Documento del CC del PMLI
Il 7 Novembre cade il 70° Anniversario della Grande rivoluzione socialista d'Ottobre diretta da Lenin e da Stalin. Il Comitato centrale, tutte le istanze e tutti i militanti del PMLI celebrano con spirito rivoluzionario e militante questo anniversario della prima rivoluzione proletaria vittoriosa che, imparando la lezione della Comune di Parigi del 1871, ha spazzato via dal potere lo zarismo (l'equivalente russo della monarchia) e la borghesia, sbaragliato l'intervento armato delle forze imperialiste internazionali e realizzato il potere dei Soviet, ossia la dittatura del proletariato, il socialismo.
In questa occasione vogliamo ribadire l'importanza storica della Rivoluzione d'Ottobre, esaltarne gli insegnamenti universali tuttora interamente validi, farla conoscere ed apprezzare alle nuove generazioni e indicare alla classe operaia e alle masse sfruttate e oppresse italiane che questa è la sola via che la storia abbia dimostrato valida e praticabile per abbattere il capitalismo e conquistare il socialismo.
Vogliamo al contempo respingere le calunnie e le deformazioni dell'imperialismo, della reazione, della socialdemocrazia e del revisionismo, di tutti i detrattori della Rivoluzione d'Ottobre che la considerano fallita, oppure superata dagli avvenimenti e dalla verifica della storia. Niente di più falso!
La difesa ideologica e politica della Rivoluzione d'Ottobre costituisce da sempre uno spartiacque tra marxisti-leninisti e progressisti da una parte e borghesi, reazionari, socialdemocratici e revisionisti dall'altra. Tanto più oggi che in Urss tale rivoluzione è stata svuotata della sua essenza proletaria e rivoluzionaria; oggi che dirigenti revisionisti italiani, come Rosario Villari, ne mettono in discussione il valore e il significato e le addossano addirittura la responsabilità della frattura storica del movimento operaio internazionale; oggi che Gorbaciov invita a Mosca per "celebrarla" i socialdemocratici, fra cui il neoduce Craxi, che l'hanno combattuta fin dal momento in cui Lenin l'ha progettata e illustrata.
Celebrare la Rivoluzione d'Ottobre significa capirne l'ideologia, la strategia e la tattica, i contenuti, gli scopi, i metodi e lo spirito e metterli in pratica, agire conseguentemente e coerentemente nel proprio Paese per abbattere il capitalismo e realizzare il socialismo e per sostenere attivamente i popoli e le nazioni oppresse nella lotta di liberazione nazionale e antimperialista.
Non si può avere il cuore con la Rivoluzione d'Ottobre e il corpo con i revisionisti moderni. I rivoluzionari italiani devono seguire l'esempio dei marxisti-leninisti che non hanno avuto e non hanno paura di rimanere isolati per un lungo periodo e di affrontare da soli la canea reazionaria, che non si sono demoralizzati, smarriti e dispersi davanti alle difficoltà e alle prove della lotta di classe, che non hanno capitolato di fronte all'offensiva dell'imperialismo italiano e internazionale e al tradimento storico dei revisionisti moderni russi, cinesi e italiani. Fare come i marxisti-leninisti vuol dire cominciare a "fare come la Russia" di Lenin e Stalin.
"La Rivoluzione d'Ottobre - come ha rilevato Mao nel 1948 - ha aperto ai popoli del mondo ampie possibilità e vie efficaci per la loro liberazione"1. È solo per colpa dei revisionisti se il proletariato mondiale è ancora sotto la schiavitù salariata e il dominio capitalistico. Ma è inevitabile che arrivi l'ora del risveglio, della presa di coscienza della natura e degli inganni della socialdemocrazia e del revisionismo. Anche se dovessero passare mille anni, alla fine gli sfruttati e gli oppressi riscopriranno la Rivoluzione d'Ottobre e capiranno che essa è la via della loro emancipazione.

L'importanza storica e gli insegnamenti della Rivoluzione d'Ottobre
Nel cammino del genere umano verso il progresso e l'emancipazione, la Rivoluzione d'Ottobre rappresenta un avvenimento straordinario e incancellabile che ha aperto una nuova era nella storia del mondo: quella del declino del capitalismo e dell'imperialismo, della vittoria della rivoluzione proletaria e dell'avvento del socialismo. Essa costituisce una svolta radicale rispetto alle rivoluzioni sociali conosciute fino ad allora.
Le rivoluzioni del passato fino a quella della borghesia, infatti, poiché si proponevano solo di sostituire al potere una classe sfruttatrice con un'altra classe sfruttatrice, avevano l'obiettivo non di eliminare la proprietà privata dei mezzi di produzione e abbattere la vecchia macchina statale, bensì di riformarle e adeguarle alle necessità della nuova classe dominante.
La Rivoluzione d'Ottobre invece ha dato il potere politico al proletariato e ai contadini poveri, ossia alla maggioranza del popolo, ha demolito e distrutto l'apparato statale capitalistico e al suo posto ha edificato lo Stato socialista basato sulla dittatura del proletariato e l'autogoverno del popolo, che ha portato la democrazia a un livello molto più alto rispetto alla falsa e angusta democrazia borghese; ha soppresso la proprietà privata dei mezzi di produzione e delle risorse del paese e lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, per instaurare la proprietà socialista dei mezzi di produzione a beneficio del popolo e non di una ristretta minoranza di privilegiati.
La Rivoluzione d'Ottobre ha messo in pratica l'insegnamento di Marx, Engels e Lenin secondo cui il proletariato per liberarsi dalla schiavitù salariale non può servirsi delle vecchie istituzioni capitalistiche sfruttatrici ma deve procedere a smantellare tutto ciò che storicamente ha contribuito a determinare il sistema sociale basato sullo sfruttamento, a livello economico, ideologico, politico e così emancipare tutta la società.
La Rivoluzione d'Ottobre, e Lenin che ne è stato il principale artefice e dirigente, la mente e l'anima, ha fornito al movimento operaio e progressista internazionale un contributo teorico e pratico di incommensurabile valore. Ha dato pratica attuazione al socialismo scientifico elaborato da Marx ed Engels e preconizzato nel "Manifesto del Partito comunista". Con ciò dimostrando concretamente che la classe operaia e le classi ad essa alleate possono strappare il potere alla borghesia e abbattere il capitalismo per realizzare una nuova società; possono strappare ai capitalisti i mezzi di produzione, il capitale, la terra, le risorse naturali per trasformarli in proprietà collettiva. Ha demolito così il dogma borghese secondo cui la proprietà privata è sacra e inviolabile.
Nella conduzione vittoriosa della Rivoluzione d'Ottobre e nella instaurazione del potere dei Soviet degli operai, dei contadini e dei soldati, Lenin e Stalin applicano magistralmente la dottrina di Marx ed Engels e la sviluppano ulteriormente risolvendo i numerosi compiti posti dalla rivoluzione nell'epoca dell'imperialismo. "Il leninismo - spiegava Stalin - è il marxismo dell'epoca dell'imperialismo e della rivoluzione proletaria. Più esattamente: il leninismo è la teoria e la tattica della rivoluzione proletaria in generale, la teoria e la tattica della dittatura del proletariato in particolare"2. Nelle opere fondamentali di Lenin: "L'imperialismo fase suprema del capitalismo" e "Stato e rivoluzione", si trovano infatti le premesse teoriche e politiche della Rivoluzione d'Ottobre.
Nell'analizzare lo stadio monopolistico del capitalismo, Lenin può affermare che il capitalismo è giunto alla sua fase suprema, l'imperialismo, la cui fame insaziabile di mercati e di profitti porta inevitabilmente alle guerre coloniali di rapina e alle guerre tra paesi imperialisti per la spartizione del mondo, e allo stesso tempo suscita la rivoluzione del proletariato e dei popoli oppressi. L'imperialismo è la vigilia della rivoluzione socialista, giacché le guerre di aggressione generano inevitabilmente ribellioni e insurrezioni, ma soprattutto perché il capitalismo monopolistico di Stato è la migliore preparazione economica e materiale all'avvento del socialismo: "è la sua anticamera - dice Lenin - è quel gradino della scala storica che nessun gradino intermedio separa dal gradino chiamato socialismo"3.
L'imperialismo accentua notevolmente lo sviluppo ineguale del capitalismo e tale legge si traduce in uno sviluppo ineguale della lotta e delle contraddizioni di classe. Pretendere, dunque, che il socialismo riesca ad affermarsi simultaneamente in tutti i paesi è pura follia, è nient'altro che un pretesto opportunistico cui ricorrono Trotzki, i menscevichi e la socialdemocrazia per rimandare sine die lo scoppio della rivoluzione. Per contro Lenin sostiene la possibilità che la rivoluzione proletaria vinca in uno o più paesi, pur continuando a dominare la borghesia per un tempo imprecisato negli altri paesi. La Russia zarista, anello più debole della catena dei paesi capitalistici, diventa teatro della prima rivoluzione socialista vittoriosa.
Ma il proletariato russo non avrebbe potuto mantenersi a lungo al potere se Lenin non avesse fatto tesoro della esperienza della Comune di Parigi repressa nel sangue, e ripreso e sviluppato la dottrina marxista sullo Stato, se non avesse elaborato la teoria della dittatura del proletariato e quindi proceduto alla edificazione di una macchina statale completamente nuova, sulle macerie di quella capitalistica, adatta a costruire, rafforzare, difendere il socialismo.
Già Marx, soprattutto dopo la gloriosa esperienza della Rivoluzione parigina dei comunardi, era arrivato alla conclusione che la classe operaia non può semplicemente impossessarsi della macchina statale borghese e metterla al suo servizio, ma deve spezzarla, distruggerla, deve dotarsi di quello Stato nuovo, la dittatura del proletariato, che le permetta di procedere nella trasformazione rivoluzionaria della società e di giungere successivamente alla eliminazione delle classi e al comunismo. Nella "Critica al programma di Gotha", Marx dice: "Tra la società capitalistica e la società comunista vi è il periodo della trasformazione rivoluzionaria dell'una nell'altra. Ad esso corrisponde anche un periodo di transizione in cui lo Stato non può essere altro che la dittatura del proletariato".
"Tutto il potere ai Soviet": agitando questa parola d'ordine il proletariato russo si eleva a classe dominante. I Soviet che durante la fase di preparazione della rivoluzione avevano svolto un ruolo fondamentale nella mobilitazione e organizzazione delle masse, debitamente trasformati diventano, su indicazione di Lenin, nell'insurrezione contro il potere della borghesia e il governo Kerenski il nuovo apparato del nuovo Stato proletario. I Soviet possiedono, infatti, tutte le caratteristiche già sperimentate dalla Comune di Parigi, per fondare la società socialista, per realizzare la democrazia proletaria, per avanzare verso il comunismo.
Le caratteristiche fondamentali dei Soviet sono: unificare negli stessi organismi le funzioni legislative ed esecutive in modo da dare pratica attuazione alle decisioni prese e allo stesso tempo ridurre drasticamente la gigantesca burocrazia parassitaria tipica dello Stato borghese; dotare le masse operaie e popolari di una forza militare strettamente legata ad esse nella difesa del socialismo; allargare enormemente la democrazia attraverso il sistema della eleggibilità diretta dei rappresentanti del popolo e della loro revoca ogniqualvolta gli elettori non si sentono adeguatamente rappresentati e tutelati. Solo così la direzione del socialismo rimane affidata ai figli migliori del popolo, risulta stimolata e incoraggiata la partecipazione diretta alla vita politica, al governo del paese, delle classi sfruttate e oppresse nel vecchio regime e sono rispettati effettivamente la loro volontà e i loro bisogni. "Rispetto al parlamentarismo borghese - ebbe a dire Lenin a proposito dei Soviet alla vigilia della rivoluzione - ciò rappresenta, nello sviluppo della democrazia, un tale passo avanti da avere un'importanza storica mondiale... Se il genio creatore popolare delle classi rivoluzionarie non avesse creato i Soviet - continuava - la rivoluzione proletaria in Russia sarebbe stata un'impresa disperata, perché, col vecchio apparato, il proletariato non avrebbe potuto certamente mantenere il potere, e creare di colpo un nuovo apparato"4.
La Rivoluzione d'Ottobre è resa possibile dal maturare delle condizioni oggettive esterne e interne alla Russia e delle condizioni soggettive, politiche e organizzative tra la classe operaia e le masse contadine. Il disastroso conflitto bellico con la Germania iniziato dallo zar e continuato dalla borghesia dopo la rivoluzione democratica del febbraio 1917, che provoca lutti e miseria crescenti tra le masse; la borghesia che salita al potere non rispetta nessuna delle promesse fatte sulla pace, sulla confisca delle terre e la redistribuzione ai contadini che la lavorano, sulle riforme democratiche, e usa il pugno di ferro contro ogni opposizione, in particolare verso i bolscevichi che di questa opposizione rappresentano la punta di diamante. L'insieme di questi fattori aveva creato una situazione rivoluzionaria, prontamente colta dal partito di Lenin e Stalin.
Lenin aveva già individuato in precedenza quali erano i sintomi principali di una crisi rivoluzionaria in assenza della quale è impossibile guidare vittoriosamente le masse all'insurrezione, cioè: un'acuta crisi politica della classe dominante accompagnata dallo scontento e dalla rabbia delle classi oppresse, l'incapacità della borghesia a conservare il dominio con le vecchie forme politiche. In altri termini una situazione in cui gli oppressi e gli sfruttati non vogliono più vivere come prima e sono disposti a battersi con le armi in pugno per liberarsi dalla schiavitù salariata e gli oppressori e gli sfruttatori non possono più governare con i vecchi metodi e non riescono ad avere il consenso per via pacifica e parlamentare delle classi subalterne.
Elemento di non secondaria importanza, che ha assicurato la vittoria della Rivoluzione d'Ottobre, è l'aver considerato e preparato l'insurrezione come un'arte. Una raccomandazione, questa, formulata a suo tempo da Marx. Si tratta in sostanza di: non giocare con l'insurrezione, ma una volta iniziata, andare fino in fondo; nel momento e nel luogo decisivo concentrare forze molto superiori a quelle del nemico che è meglio preparato e organizzato; agire con grande determinazione e passare decisamente all'offensiva; dividere il nemico dai suoi alleati, prenderlo alla sprovvista, cogliere il momento in cui le sue truppe sono impreparate; riportare continuamente dei successi, anche piccoli, per mantenere alto il morale delle masse.
A ispirare un tale capolavoro di strategia e tattica sono le famose "Tesi di aprile" (1917) dove Lenin fissa nel suo complesso la linea rivoluzionaria del Partito bolscevico e ne stabilisce i compiti. Troviamo in quelle tesi l'analisi della natura di classe e dei limiti del nuovo potere borghese sostituitosi allo zar con la rivoluzione di febbraio, la denuncia della politica estera imperialista del governo Kerenski che si esprimeva nella continuazione della guerra a fianco delle potenze imperialiste, Inghilterra e Francia, l'esortazione a uscire da una situazione di dualismo di potere (tra il governo borghese e i soviet degli operai e dei contadini) a favore del proletariato e a creare una grande alleanza con la massa sterminata dei contadini poveri.
Gli altri punti riguardano la necessità di procedere tempestivamente verso l'insurrezione proletaria, mettere fine alla guerra devastante con la Germania, dare vita al nuovo Stato sovietico, attuare la riforma agraria e la nazionalizzazione delle banche e dei mezzi di produzione, criticare l'Internazionale socialista scivolata sul terreno del nazionalismo e dello sciovinismo e la proposta di creare l'Internazionale comunista e infine cambiare nome al Partito, da socialdemocratico a comunista.
I primi atti del governo operaio e contadino furono, non a caso, il decreto sulla pace per proporre ai governi belligeranti l'immediato inizio di trattative per giungere in breve tempo a una pace giusta (anche se poi il trattato di Brest-Litovsk sarà ipotecato dalle esose pretese dell'imperialismo tedesco) e il decreto sulla terra. Questo decreto abolisce la proprietà privata della terra, confisca le terre demaniali, le tenute, le fattorie, gli allevamenti del bestiame della famiglia imperiale, della corona, dei monasteri e della Chiesa, dei proprietari fondiari (sono esclusi i piccoli contadini) per trasferire tutto ciò allo Stato, alle comunità contadine, a chi lavora la terra. Nazionalizza le ricchezze del sottosuolo minerali ed energetiche, così pure le foreste e le acque.
La Rivoluzione d'Ottobre ha avuto un carattere internazionale.
"Le salve della Rivoluzione d'Ottobre - indica Mao - ci portarono il marxismo- leninismo", essa "aiutò i progressisti cinesi e quelli di tutti i paesi ad adottare la concezione proletaria del mondo come strumento per studiare il destino della propria nazione e per esaminare daccapo tutti i loro problemi. Seguire la strada dei russi, questa fu la loro conclusione"5. Pertanto anche le rivoluzioni di nuova democrazia, antifeudali e antimperialiste diventano "parte della rivoluzione socialista proletaria mondiale"6.
La Rivoluzione d'Ottobre è una grande vittoria storica del marxismo-leninismo sul revisionismo, il riformismo, il parlamentarismo e il pacifismo, in particolare nei confronti dei partiti socialdemocratici della II Internazionale che fino allora si mascheravano dietro il marxismo svuotandolo di ogni contenuto rivoluzionario. Dopo l'esempio russo, la tesi riformista secondo cui sarebbe possibile nell'èra dell'imperialismo giungere al socialismo per via pacifica e parlamentare e nel rispetto della democrazia borghese, si svela per quello che è, un sofisma borghese tendente a tenere schiave le masse nel capitalismo.
Agli scettici Lenin diceva: "poteva sembrare che le immani differenze esistenti tra la Russia arretrata e i paesi progrediti dell'Europa occidentale avrebbero reso la rivoluzione del proletariato in questi paesi assai poco simile alla nostra". L'esperienza invece ha dimostrato, egli continua, che "alcune caratteristiche fondamentali della nostra rivoluzione non hanno un significato locale, specificamente nazionale, esclusivamente russo, ma un significato internazionale. E non parlo qui di significato internazionale nel senso lato del termine: non alcuni ma tutti i tratti fondamentali e molti tratti secondari della nostra rivoluzione hanno un significato internazionale nel senso che questa rivoluzione esercita un'influenza su tutti i paesi. Mi riferisco qui al senso più stretto del termine: se per significato internazionale si intende la portata internazionale o l'inevitabilità storica che si ripeta su scala internazionale ciò che è avvenuto da noi, bisogna riconoscere un tale significato ad alcune caratteristiche fondamentali della nostra rivoluzione"7.
La Rivoluzione d'Ottobre non è stata certamente tutta rose e fiori. Prima, durante e dopo il suo trionfo, ha dovuto superare immensi ostacoli materiali, economici e sociali e di organizzazione dello Stato e della società, e ha dovuto combattere all'interno e all'esterno della Russia acerrimi nemici del socialismo.
Il Partito bolscevico di Lenin e Stalin e il proletariato russo, per rovesciare lo zarismo e la borghesia, per instaurare e difendere la dittatura del proletariato, hanno dovuto contrastare e sconfiggere gli attacchi degli opportunisti come Trotzki, Zinoviev, Kamenev, Rikov, Bucharin. I quali, nei momenti decisivi della rivoluzione si sono collocati sempre all'opposizione, sono ricorsi al frazionismo all'interno del Partito e hanno organizzato azioni controrivoluzionarie.
Costoro sono stati degli antileninisti per eccellenza. Non avevano fiducia che si potesse conquistare il socialismo in un solo paese, in particolare Trotzki sosteneva che si doveva aspettare lo scoppio simultaneo della rivoluzione in tutti i principali paesi dell'Europa. Erano contrari a lanciare l'insurrezione dell'Ottobre del '17 poiché ritenevano non matura la crisi rivoluzionaria, un dissenso che assunse il carattere del sabotaggio ad opera di Kamenev e Zinoviev alla vigilia dell'azione insurrezionale di Pietrogrado. Ritenevano immaturo il proletariato per dirigere lo Stato socialista e costruire la nuova società, e allo stesso tempo si opponevano all'alleanza tra gli operai e i contadini, ritenendo quest'ultimi indistintamente reazionari. Non capivano niente della tattica, della necessità in determinate condizioni di compromessi e temporanee ritirate, cosicché criticarono da una posizione "ultrasinistra", ma in realtà di destra, la pace di Brest-Litovsk e successivamente la politica della NEP (Nuova politica economica). In sostanza non sopportavano la direzione del Partito comunista e la dittatura del proletariato, erano degli intellettuali che rappresentavano la borghesia rovesciata.
La Rivoluzione d'Ottobre e il potere sovietico hanno dovuto fronteggiare ripetutamente gli attacchi delle forze imperialiste internazionali e la reazione interna: le armate di Francia e Inghilterra, Usa e Giappone nel 1918, quelle polacche nel 1920, e le armate bianche di Denikin, Kolciak e Iudenic, nonché l'invasione nazista nel 1941.

La restaurazione del capitalismo in Unione Sovietica non ha cancellato gli insegnamenti di Lenin e Stalin
Indicando la necessità e gli scopi della dittatura del proletariato, Lenin aveva previsto che le classi sfruttatrici rovesciate non si sarebbero mai rassegnate alla perdita del potere politico e dei privilegi economici e sociali di cui godevano nella vecchia società, che l'imperialismo avrebbe tentato in tutti i modi di soffocare il primo Stato socialista, la cui stessa esistenza era un esempio contagioso per il proletariato mondiale. "Il passaggio dal capitalismo al comunismo - diceva Lenin - abbraccia un'intera epoca storica. Fino a che quest'epoca non è conclusa, negli sfruttatori permane inevitabilmente la speranza della restaurazione, e questa speranza si traduce in tentativi di restaurazione. Anche dopo la prima seria disfatta, gli sfruttatori rovesciati, che non si aspettavano di esserlo, che non ci credevano, che non ne ammettevano neanche l'idea, si gettano con energia decuplicata, con passione furibonda, con un odio cento volte più intenso nella lotta per restituire il 'paradiso' perduto alle loro famiglie, che vivevano una vita così dolce e che la 'canaglia popolare' condanna ora alla rovina e alla miseria (o ad un lavoro 'ordinario'...)"8.
Dove non hanno avuto successo le forze imperialiste, i trotzkisti, i menscevichi e i buckariniani - grazie al contributo determinante di Stalin nella difesa del leninismo e del socialismo - è riuscito, purtroppo, il rinnegato Krusciov nel 1956, col XX Congresso del PCUS. L'attacco al cosiddetto culto di Stalin, attraverso il famigerato "rapporto segreto" redatto all'insaputa del Comitato centrale, e sferrato all'improvviso nell'assise congressuale, era in realtà un attacco revisionista ai principi marxisti-leninisti e alla dittatura del proletariato. Si è trattato di un vero e proprio colpo di Stato controrivoluzionario per restaurare il capitalismo e riportare al potere la borghesia, sia pure una borghesia di tipo nuovo, la borghesia monopolistica di Stato, la borghesia burocratica.
Questa restaurazione ha poi interessato tutti gli aspetti della vita dell'Unione Sovietica: nella sfera ideologica, nella politica interna ed estera, nella conduzione dell'economia e delle aziende, nei rapporti di produzione, nella pratica sociale, nella cultura, nella morale e nei costumi. Quello kruscioviano era un revisionismo di destra, di tipo liberale, che al modello sovietico di Lenin e Stalin sostituiva il modello borghese dell'Occidente capitalistico (il mercato, l'iniziativa privata, la democrazia rappresentativa borghese) come quello vigente negli Stati Uniti che Krusciov diceva di ammirare.
Sul banditesco colpo di Stato di Krusciov, Mao denunciò: "Anzitutto c'è una contraddizione tra noi e Krusciov sulla questione di Stalin. Ha talmente deformato la figura di Stalin che noi non siamo d'accordo. L'ha screditato a tal punto! La faccenda non riguarda solo il loro paese, ma anche gli altri. Da noi, nella Piazza Tian An Men è ancora appeso il ritratto di Stalin: questo corrisponde alle aspirazioni dei lavoratori di tutto il mondo e sta a dimostrare le nostre divergenze di fondo con Krusciov". "C'è poi - continua Mao - la questione del passaggio pacifico: anche qui abbiamo opinioni diverse da quelle di Krusciov. Secondo noi il partito del proletariato di qualunque paese deve tenere presenti due possibilità: quella della pace e quella della guerra. In base alla prima, il Partito comunista esige dalla classe dominante una trasformazione pacifica (...) Questa parola d'ordine ha un carattere difensivo nei confronti della borghesia, dei nemici, dimostra che noi vogliamo la pace e non la guerra, rende più facile la conquista delle masse (...) Tuttavia la borghesia non consegnerà mai il potere volontariamente e ricorrerà alla violenza. Allora, e questa è la seconda possibilità, se vogliono battersi e sparano il primo colpo, anche a noi non resta che batterci. Conquistare il potere con le armi: questa è la parola d'ordine strategica. Se dite che il passaggio deve essere per forza pacifico - è la conclusione - non c'è differenza tra voi e i partiti socialisti"9.
Mao fece tesoro degli insegnamenti di Lenin, dell'esperienza della Rivoluzione d'Ottobre e della costruzione del socialismo nell'Urss di Stalin, seppe impossessarsene come nessun'altro nella elaborazione della strategia e della tattica della Rivoluzione cinese. Riuscendo così a risolvere numerose questioni come: il rapporto tra la rivoluzione di nuova democrazia e la rivoluzione socialista, l'alleanza tra gli operai e la massa dei contadini poveri, il legame indissolubile che passa tra la rivoluzione in un paese e la rivoluzione mondiale del proletariato e i popoli oppressi, la necessità di continuare la rivoluzione sotto le nuove condizioni della dittatura del proletariato.
Mao era convinto, come Lenin, che la società socialista abbraccia una fase storica molto lunga e segue un percorso tortuoso fatto di vittorie e di sconfitte, perché esistono ancora le classi e la lotta di classe, esistono nell'ambito economico, ideologico e politico due vie, quella capitalista e quella socialista, esiste dunque la possibilità di una restaurazione del capitalismo. La borghesia non si rassegna a scomparire e a lasciare il passo al proletariato, l'imperialismo fa di tutto e appoggia qualsiasi tentativo per rovesciare il socialismo. La conferma fu appunto il XX Congresso del PCUS dove appare chiaro - come disse Mao - che la "salita del revisionismo al potere significa la salita della borghesia al potere"10.
Nel fronteggiare l'apparizione e il dilagare del revisionismo moderno a livello internazionale, nel rintuzzare i tentativi di restaurazione capitalistica della borghesia e dei suoi agenti infiltrati nel partito comunista e nello Stato socialista, Mao elabora la teoria della continuazione della rivoluzione sotto dittatura del proletariato e scatena la Grande rivoluzione culturale proletaria che ne rappresenta l'applicazione. Sviluppa così ulteriormente il marxismo-leninismo e arricchisce il proletariato di un patrimonio di esperienza e di insegnamenti universalmente validi in Cina e nel mondo intero.
Nell'ambito di una lotta di potere all'interno della nuova borghesia monopolistica burocratica, Breznev operò delle correzioni rispetto al periodo kruscioviano, sempre però nel quadro di una politica revisionista, apparentemente di sinistra ma in realtà di tipo fascista in stridente contraddizione con la linea di Lenin e Stalin. Breznev porta ad uno stadio ancora più elevato la restaurazione capitalistica in Urss, quello socialimperialista, conferisce alla politica estera sovietica un'impronta marcatamente aggressiva ed espansionistica e spinge l'Urss alla lotta per l'egemonia assoluta del mondo, in rivalità con l'altra superpotenza, l'imperialismo americano, aumentando così il pericolo di una nuova guerra mondiale imperialista.
Nella gestione del potere in Urss (a parte la breve parentesi di Andropov e Cernenko) a Breznev è succeduto Gorbaciov. Questi si è presentato subito come un revisionista di destra, rappresentante della corrente riformista della borghesia, di tipo liberale. Per portare a compimento la restaurazione capitalistica ha rilanciato e sviluppato tutti i capisaldi della linea kruscioviana con il programma della "perestrojka" (ristrutturazione), avanzato nell'aprile dell'85 e perfezionato col 27° Congresso del PCUS (febbraio '86).
I punti principali di questa politica sono una nuova campagna di calunnie e di mistificazioni contro Stalin, accusato persino di aver commesso gravi errori nella direzione della guerra di resistenza all'invasione delle armate hitleriane, un falso storico ignobile; la riforma economica che ha dato campo libero al mercato, alla proprietà privata, e quindi al profitto e allo sfruttamento dei lavoratori, ha modificato i metodi di programmazione dei piani economici e produttivi e la gestione delle aziende secondo criteri chiaramente capitalistici; la riforma politica mirante a cancellare, anche formalmente, i principi della dittatura del proletariato per far progredire un sistema politico e istituzionale democratico borghese classico, di tipo occidentale, "pluralistico", parlamentare.
Anche in politica estera Gorbaciov si muove su binari diversi da quelli di Breznev. Invece di mostrare i muscoli e cercare lo scontro militare diretto con gli Usa, di espandersi e dominare i paesi minori e più deboli con i carri armati, Mosca preferisce per ora la politica dei sorrisi e della diplomazia, a costo di far consistenti concessioni al superpirata Reagan come è accaduto sulla trattativa per le testate nucleari e sulle vicende del Golfo Persico. Per due motivi: diminuire le spese militari e spostare ingenti risorse in altri settori per recuperare i ritardi tecnologici e produttivi dell'Urss rispetto all'altra superpotenza; praticare una politica neocoloniale verso i paesi del Terzo mondo con gli strumenti più sofisticati e indolori della diplomazia e della penetrazione economica.
Questo però non significa che l'Urss abbia per sempre sotterrato l'ascia di guerra e rinunciato alla lotta su tutti i piani, compreso quello militare, per il dominio assoluto del mondo. Prende soltanto del tempo e agisce con altri mezzi.
Anche se la rivalità globale tra le due superpotenze non mette oggi in primo piano la forza delle armi, il pericolo della guerra mondiale continua a rimanere sullo sfondo.
Per dare supporto alla sua linea e giustificarla ideologicamente, il nuovo gruppo dirigente revisionista e liberale del PCUS agita strumentalmente lo spauracchio della catastrofe atomica e nucleare e dichiara superate la lotta di classe, la lotta antimperialista e di liberazione dei popoli, la rivoluzione proletaria. Parla di "comunanza universale degli interessi dell'umanità", propaganda la vecchia paccottiglia socialdemocratica riformista e pacifista della emulazione e competizione tra le classi e regimi a diverso sistema sociale. Non quindi rottura rivoluzionaria tra classe operaia e borghesia, non antagonismo e lotta mortale tra socialismo e capitalismo ma competizione e emulazione pacifica. Gorbaciov, nel rapporto al 27° Congresso, a questo proposito ha affermato: "Sono sorte (...) condizioni oggettive in cui la contrapposizione tra socialismo e capitalismo può svolgersi solo ed esclusivamente nelle forme della competizione pacifica, dell'emulazione pacifica".
In questo quadro si colloca anche la recente pubblicazione di un lungo articolo sulla rivista teorica del PCUS, "Kommunist", su "L'attualità delle idee di Antonio Gramsci", in cui si nega esplicitamente la necessità della rivoluzione socialista nei paesi capitalistici.
Gorbaciov tenta di tranquillizzare il popolo sovietico sostenendo che il processo di "democratizzazione" lungi dal rappresentare un "sovvertimento politico" porterebbe al consolidamento del socialismo. Chi può credergli? Intanto si sono riaffacciate le spinte nazionaliste e le frange più reazionarie della borghesia chiedono un immediato e totale cambiamento di sistema.
Alla prova dei fatti Krusciov, Breznev, Andropov, Cernenko e Gorbaciov hanno fatto scempio della Rivoluzione d'Ottobre e del potere sovietico. Ciò non significa, però, che gli insegnamenti di quella Grande rivoluzione proletaria e del primo glorioso Stato socialista del mondo siano stati cancellati e invalidati. "Noi abbiamo affrontato nella realtà, nella pratica - diceva Lenin - quei compiti che prima erano stati posti in linea astratta e teorica. Questa esperienza (della costruzione del socialismo in Urss) non sarà dimenticata. Questa esperienza non potrà essere cancellata negli operai... Questa esperienza è entrata nella storia come una conquista del socialismo, e su questa esperienza la futura rivoluzione internazionale costruirà il suo edificio socialista"11.
I principi della Rivoluzione d'Ottobre sono eterni e indistruttibili e si ripresenteranno immancabilmente fino a che la classe operaia in Urss e in tutto il mondo non avrà abbattuto il capitalismo e conquistato il socialismo.

La Rivoluzione d'Ottobre è la via per la conquista del socialismo in Italia
In Italia, la bandiera della Rivoluzione d'Ottobre, della dittatura del proletariato e del socialismo è stata progressivamente abbandonata e ripudiata dal gruppo dirigente revisionista del PCI. Prima a livello ideologico con la elaborazione teorica di Gramsci della cosiddetta "rivoluzione in Occidente", poi a livello politico e strategico con la "via italiana al socialismo", pacifica, riformista e parlamentare di Togliatti, infine con la linea del "compromesso storico" con la DC e dell'"alternativa democratica" di Berlinguer, Natta e Occhetto. Berlinguer è arrivato perfino ad affermare apertamente che "la spinta propulsiva della Rivoluzione d'Ottobre si è definitivamente esaurita".
La grande bandiera dell'Ottobre è stata raccolta e issata in alto dal PMLI. Tutti i suoi sforzi ideologici, politici e organizzativi, sin dalla sua fondazione e nei dieci anni precedenti sono stati dedicati alla costruzione di una strategia rivoluzionaria per il socialismo in Italia.
In occasione del 1° Congresso nazionale del PMLI (aprile 1977) fu messo a fuoco che "Solo il socialismo può salvare l'Italia dallo sfacelo, dal fascismo e dalla guerra".
"Avanti sulla via dell'Ottobre", era la parola d'ordine del 2° Congresso tenutosi nel novembre del 1982. Il Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi, nel Rapporto congressuale, affermava: "Il nostro secondo Congresso si apre, per scelta deliberata, in occasione del 65° anniversario della Grande Rivoluzione d'Ottobre. Con ciò intendiamo rendere omaggio alla prima dittatura del proletariato della storia, ai suoi ideatori, educatori e condottieri Lenin e Stalin, e ai suoi eroici martiri e costruttori. Nello stesso tempo vogliamo esprimere in questa fausta circostanza la nostra profonda convinzione che al di fuori della via dell'Ottobre il proletariato italiano non conquisterà mai il potere politico.
È questa rivoluzione che ieri ha ispirato e guidato alla vittoria i comunisti di tutto il mondo, è questa rivoluzione che ancora oggi ispira e illumina il cammino dei marxisti-leninisti italiani e degli altri paesi del mondo"12.
Anche al 3° Congresso (dicembre 1985) il socialismo è stato oggetto della discussione del Partito. Il tema centrale, infatti, su cui è ruotata l'intera assise congressuale è stato: "Il socialismo è l'avvenire della classe operaia e dei lavoratori italiani". Il PMLI non si è limitato a una semplice declamazione ma ha avanzato, per la prima volta nella storia del movimento operaio italiano, le linee essenziali di un disegno generale del socialismo da realizzare nel nostro Paese.
Nel corso dei suoi 10 anni di vita - tanti ne ha compiuti proprio quest'anno - il PMLI ha profuso un impegno eccezionale per fare tesoro della esperienza della Rivoluzione d'Ottobre e del potere sovietico (così come della Rivoluzione cinese e della Rivoluzione culturale proletaria), per assimilare ed applicare gli insegnamenti di Lenin, Stalin e di Mao, alla situazione concreta della lotta di classe in Italia. Anzitutto per costruire il partito rivoluzionario della classe operaia, basato sul marxismo-leninismo-pensiero di Mao, totalmente differente dal PSI e dal PCI per fondamento teorico, linea politica, struttura organizzativa e stile di lavoro.
Senza un partito di questo genere, per la classe operaia e le masse popolari, non solo non è possibile avanzare sulla via dell'Ottobre, ma non è nemmeno possibile fronteggiare le offensive neoliberiste del capitale, contrastare la politica reazionaria, bellicista e imperialista dei governi borghesi, difendere le proprie condizioni di vita.
È quanto emerge dall'esperienza di questi anni: sul piano economico i capitalisti, Fiat in testa, hanno realizzato profitti vertiginosi a danno dei salari e delle pensioni più bassi, mentre sono stati calpestati i diritti dei lavoratori, sono aumentati la disoccupazione e il divario tra Nord e Sud, sono stati smantellati in gran parte i servizi sociali. Ai giovani è stato tagliato il futuro e le masse femminili vengono respinte nelle mura domestiche, schiave della casa e della famiglia.
Sul piano politico è andato avanti il disegno della seconda repubblica presidenziale, autoritaria e fascista portato avanti dal neoduce Craxi, da Gelli e dalla P2. I due referendum sulla giustizia promossi dal PSI, PR e PLI, tendenti ad eliminare ogni forma di indipendenza e di autonomia della magistratura e asservirla al governo e a Craxi sono rispondenti appunto a un tale infame disegno.
Con l'invio della flotta militare nel Golfo Persico, voluto dalle forze interventiste e belliciste con alla testa Craxi e Zanone sono venute alla luce le ambizioni di settori della borghesia monopolistica di fare dell'Italia una grande potenza imperialista a livello mondiale. Il governo Goria, condizionato e controllato da Craxi, si muove e sviluppa una politica lungo queste direttrici.
Di fronte a questa pericolosa situazione, la sinistra parlamentare, compresa DP, farfuglia o addirittura rincula e fa da sgabello al neoduce. Rincretinita da decenni di parlamentarismo ottuso e inconcludente, imbolsita dagli agi, dalle prebende e dai privilegi del palazzo, con la mente annebbiata dal miraggio di un posticino nel governo borghese a guida PSI o DC, non si accorge nemmeno, o pur vedendo fa finta di niente, che sta per essere cancellata la prima Repubblica e che l'Italia sta attuando una politica estera e militare di grande potenza imperialista.
L'unica forza che tiene testa alla reazione, al neofascismo e all'imperialismo contrattaccandoli con grande fermezza e coraggio è il PMLI.
Esso ha svolto e svolge un'importante opera di chiarificazione sulle differenze che intercorrono tra il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, il partito rivoluzionario e la via socialista da un lato e il revisionismo, il partito riformista e la via capitalista, dall'altro lato. In particolare ha denunciato, e gli si oppone con forza, il letale processo di deideologizzazione, decomunistizzazione e socialdemocratizzazione delle masse, in atto da antica data e oggi portato avanti da Craxi, Natta, Occhetto, Napolitano, Cossutta e Ingrao.
Ma le dimensioni attuali non consentono al PMLI di fare di più di quello che fa. È quindi interesse del proletariato, ma anche dei democratici, dei progressisti, degli intellettuali del popolo, delle ragazze e dei ragazzi, di dargli più forza per consentirgli di incidere maggiormente e su scala nazionale nella realtà sociale e politica del Paese.
Dalla lettura dei documenti del PMLI, recentemente pubblicati in volume, qualsiasi rivoluzionario che aspiri al socialismo può farsi un'idea esatta del cammino che ha percorso il PMLI e della qualità del contributo che esso ha dato alla causa del proletariato e del socialismo. E su questa base orientare la propria riflessione politica stimolata dall'anniversario della Rivoluzione d'Ottobre e da ciò che sta avvenendo nel movimento operaio italiano.
Tra il PSI di Craxi e il PCI di Natta è in atto in questi ultimi anni un progressivo riavvicinamento, una sorta di ricongiunzione ideologica che prefigura una riunificazione organizzativa sul terreno della socialdemocrazia "democratica, riformista e occidentale". A questo proposito Craxi ha approntato un piano di aggregazione dei partiti riformisti sotto la sua egemonia per avere la forza parlamentare che porti a compimento il ducesco progetto della seconda repubblica.
Nel riconfluire nell'alveo socialdemocratico, impegnato com'è a essere riconosciuto quale "parte integrante della sinistra europea", il vertice riformista, revisionista e neoliberale del PCI ha di fatto sconfessato la scissione del '21 che dette vita al Partito comunista d'Italia e tagliato con tutto quanto lo legava al marxismo-leninismo, alla III Internazionale e alla Rivoluzione d'Ottobre. La sua aspirazione, più o meno confessata, è quella di entrare a tutti gli effetti nell'Internazionale socialista. Non è un caso che proprio in queste settimane la FGCI è stata ammessa, come "partner consultivo", nell'Unione internazionale della gioventù socialista.
Stando così le cose, per coloro che sono fedeli ai principi della Rivoluzione d'Ottobre e intendono lottare per una nuova società socialista, si pone il problema di dividersi dai riformisti. Devono fare come Lenin che nel '19 si divise dai socialdemocratici e socialsciovinisti della II Internazionale, come i comunisti italiani che nel '21 si divisero dai turatiani, come Mao che nel '56 si divise dai revisionisti kruscioviani, come i marxisti-leninisti italiani che nel '77 si divisero dai revisionisti. Ciò vale per la base operaia e popolare del PCI che non vuol essere strumentalizzata né dalla destra né dalla sinistra del partito che si muovono entrambe nell'ambito del capitalismo, vale per le nuove generazioni che altrimenti rimarrebbero prigioniere del riformismo, del pacifismo, del parlamentarismo, del liberalismo, dell'ecologismo, se non addirittura delle organizzazioni cattoliche tipo CL e Movimento popolare.
Si tratta in definitiva di scegliere tra il liberalismo e il marxismo-leninismo; tra il capitalismo e il socialismo; tra i partiti del palazzo e il partito rivoluzionario.
Furono queste le tre scelte fondamentali che portarono alla vittoria il proletariato russo. Queste sono le scelte che deve fare oggi il proletariato italiano se vuol dare una svolta rivoluzionaria alla lotta di classe e creare tutte le condizioni soggettive per la vittoria della rivoluzione socialista italiana.
La velocità della Lunga marcia organizzativa del PMLI, ossia il suo sviluppo nazionale, dipenderà molto dalla quantità e dalla qualità di operai e rivoluzionari che compiranno oggi e nel prossimo futuro queste tre grandi scelte ideologiche, politiche e organizzative.
La luce della Grande rivoluzione socialista d'Ottobre non si spegnerà mai, prima o poi attirerà il proletariato italiano e gli darà la forza e il coraggio per la grande scalata al cielo. Il socialismo si può conquistare, è lì che attende alla prova le generazioni del Duemila.

Il Comitato centrale del PMLI

Firenze, 25 Ottobre 1987


NOTE

1 - Mao Zedong - Forze rivoluzionarie di tutto il mondo unitevi, per combattere l'aggressione imperialista - novembre 1948.
2 - G. Stalin - Principi del leninismo - aprile 1924
3 - V.I. Lenin - L'imperialismo fase suprema del capitalismo - luglio 1916
4 - V.I. Lenin - Potranno i bolscevichi conservare il potere statale? - settembre 1917
5 - Mao Zedong - Sulla dittatura democratica popolare - 30 giugno 1949
6 - Mao Zedong - Sulla Nuova Democrazia - gennaio 1940
7 - V.I. Lenin - Estremismo, malattia infantile del comunismo - 27 aprile 1920
8 - V.I. Lenin - La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautzky - 9 ottobre 1918
9 - Mao Zedong - Essere di stimolo per la rivoluzione - 9 ottobre 1957
10 - Mao Zedong - Conversazione dell'agosto 1964
11 - V.I. Lenin - Discorso al 1° Congresso dei Consigli dell'economia - 26 maggio 1918
12 - G. Scuderi - Rapporto al II Congresso nazionale del PMLI - 6 novembre 1982