Vota No al referendum del 25-26 giugno
Affossiamo la costituzione del regime neofascista
Documento del Comitato centrale del PMLI
Il 25 e 26 giugno si terrà il referendum per confermare o respingere la controriforma costituzionale, varata lo scorso novembre dalla casa del fascio capeggiata dal neoduce Berlusconi. Il PMLI chiama tutti gli antifascisti, i democratici e i fautori del socialismo ad affossarla sotto una valanga di NO, perché è la costituzione del regime capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista, la realizzazione del nero disegno politico golpista della P2 di Gelli, Craxi e Berlusconi, del secessionismo di Bossi e del presidenzialismo del fascista Fini.
La legge 2544 che modifica la Parte II della Costituzione, chiamata riduttivamente anche legge sulla devolution, non interviene infatti su parti secondarie e accessorie della Carta del 1948, ma ne stravolge profondamente l'impianto, ridisegnando completamente la forma dello Stato, che da unitario diventa federale, e la forma del governo che acquista un carattere fascista e prevaricatore rispetto al parlamento, esattamente come previsto nel famigerato "Piano di rinascita democratica" e nello "Schema R" di Gelli e della loggia massonica P2.
La controriforma della casa del fascio assegna poteri di tipo mussoliniano al presidente del Consiglio, che assume lo status di premier eletto "direttamente dal popolo", "determina" la politica generale del governo, nomina e revoca personalmente i ministri, non ha più bisogno del voto di fiducia del parlamento per governare e può sciogliere le Camere se queste sfiduciano il suo governo.
Il presidente della Repubblica risulta spogliato dalle sue attuali prerogative, tra cui quella di nominare il presidente del Consiglio e i suoi ministri e quella di sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni, e ridotto a una figura decorativa con funzioni prevalentemente notarili.
Il parlamento, che rappresentava almeno formalmente l'istituzione centrale e caratterizzante della prima Repubblica democratico-borghese, verrebbe drasticamente ridimensionato nel numero dei parlamentari e in importanza e poteri, nonché completamente stravolto nelle funzioni per essere piegato al nuovo assetto federalista e presidenzialista dello Stato, anche tramite l'introduzione del Senato federale. Quest'ultimo diventa l'espressione diretta degli interessi delle borghesie regionali.
La Corte costituzionale viene subordinata agli interessi della maggioranza governativa e delle lobby federaliste, diminuendo i giudici nominati dal presidente della Repubblica e dai vertici della magistratura e aumentando quelli nominati dal parlamento, di cui tra questi la maggior parte spetta al Senato federale.
La devolution federalista, voluta a tutti i costi dalla Lega razzista, neofascista e secessionista di Bossi, distrugge il principio di universalità ed uguaglianza dei servizi primari, a partire dai diritti all'istruzione e alla salute, che dipenderebbero dalla ricchezza o dalla povertà delle regioni eroganti. Si tratta, con la devoluzione della competenza su sanità, scuola e polizia locale alle Regioni, di una breccia aperta nell'edificio dello Stato unitario, che in breve tempo darebbe il via alla disgregazione dell'unità del Paese, spezzettando l'Italia in 20 staterelli sotto le spinte secessioniste delle borghesie delle regioni del Nord più ricco, che vogliono staccare il Sud più povero e arretrato dal resto del Paese come un peso morto.

La Costituzione del 1948
Se questi sono i motivi fondamentali per i quali noi marxisti-leninisti consideriamo giusto e necessario partecipare al referendum del 25-26 giugno e votare NO, abbiamo al contempo il dovere di chiarire che noi non ci appiattiamo, per questo, sulla Costituzione democratico-borghese del 1948. Di essa il PMLI ha fatto un'analisi storica e politica approfondita e definitiva con un documento del 15.12.1997 dell'Ufficio politico in occasione del cinquantenario della Carta, promulgata il 1° gennaio 1948. Essa fu varata sotto la spinta propulsiva della Resistenza e dell'antifascismo, e in questo senso (e solo limitatamente a questo) si può a ragione definirla una "Costituzione nata dalla Resistenza", una "Costituzione antifascista". Ma è altrettanto vero che essa è anche una Costituzione anticomunista, una Costituzione che sancisce l'inviolabilità della proprietà privata capitalista e dello Stato borghese, e che sbarra la strada alla presa del potere da parte del proletariato e al socialismo. Essa rappresenta una camicia di forza e un limite invalicabile per la classe operaia e tutti gli sfruttati e gli oppressi che aspirano a cambiare questa società fondata sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, l'ingiustizia sociale e la guerra imperialista, per conquistare una nuova società, il socialismo.
Basti pensare agli articoli 40, 41 e 42, che riguardano rispettivamente il diritto di sciopero (che è assoggettato alle "leggi che lo regolano"), l'iniziativa economica privata (che invece è "libera", senza altri aggettivi) e la proprietà privata, che è espressamente "riconosciuta e garantita dalla legge". Basti pensare al peso preponderante della concezione interclassista, familista e solidarista mutuata dalla chiesa cattolica, che si riflette nell'accoglimento in blocco dei Patti lateranensi di Mussolini e Pio XI (art. 7), dell'esaltazione della famiglia e della maternità (art. 29, 30, 31) e della scuola privata (art. 33), nella promozione del collaborazionismo di classe cogestionario (art. 46), e così via.
Il fatto è che la Costituzione del 1948 fu un compromesso tra la borghesia e il proletariato. Un compromesso però irrimediabilmente e gravemente sfavorevole al proletariato a causa dell'opportunismo e del capitolazionismo della "sinistra" borghese, rappresentata dai riformisti nenniani e dai revisionisti togliattiani che egemonizzavano il proletariato.
Il proletariato non ha avuto che delle briciole e la libertà condizionata di muoversi esclusivamente dentro i confini costituzionali, mentre la borghesia ha ottenuto la legittimazione costituzionale del suo potere politico, economico e istituzionale e del sistema capitalistico.
Prova ne sia che la Costituzione del 1948 non impedì minimamente alla classe dominante borghese, fin dalla sua promulgazione, con i governi democristiani di De Gasperi e la polizia di Scelba, di scatenare una feroce repressione anticomunista e antioperaia, riesumare i vecchi arnesi fascisti e repubblichini, legare l'Italia al carro militarista e guerrafondaio degli Usa e della Nato e, perfino, creare organizzazioni clandestine come Gladio per prepararsi a soffocare nel sangue un'eventuale salita al governo per via elettorale e parlamentare dei partiti di ispirazione operaia.
La Costituzione del 1948, comunque, non esiste più. Quantomeno perché è già stata profondamente cambiata nella sua seconda parte con la controriforma federalista del Titolo V varata nel 2001 dal "centro-sinistra". Controriforma che ha visto la "sinistra" borghese capitolare per prima su un punto fondamentale della Costituzione, e cioè l'ordinamento dello Stato, aprendo con ciò la strada alla devolution secessionista e alla repubblica presidenziale della casa del fascio.
Per non dire delle centinaia di forzature, picconate, strappi e stravolgimenti di ogni tipo, che anno dopo anno l'hanno resa un colabrodo che fa acqua da tutte le parti, con un'accelerazione esponenziale durante il governo neofascista Berlusconi: in particolare è stato cancellato di fatto l'art. 11, grazie anche alla copertura del nuovo Vittorio Emanuele III, Carlo Azeglio Ciampi, con la prassi interventista ormai abituale della partecipazione dell'Italia a guerre imperialiste non dichiarate all'ex Repubblica federale di Jugoslavia e all'Iraq; come è stata cancellata di fatto, abolendo la discriminante antifascista, la XII disposizione transitoria, che vieta "la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista"; per non parlare della XIII, abolita dal parlamento all'unanimità su proposta del governo Prodi, che vietava ai discendenti maschi della criminale casa Savoia di rimettere piede in Italia.
Basterebbe pensare anche alla controriforma neofascista dell'ordinamento giudiziario varata dalla casa del fascio, che vìola numerosi articoli della Carta costituzionale; alla legge Gasparri che ha blindato il monopolio mediatico illegale e incostituzionale del neoduce Berlusconi; alle leggi Schifani, Cirielli, Pecorella, alla vigente legge elettorale truffa e alle precedenti leggi elettorali sull'elezione diretta dei sindaci, dei presidenti delle province e delle regioni e sull'accentramento dei poteri alle giunte col relativo svuotamento delle funzioni dei consigli comunali, provinciali e regionali.
Occorre inoltre ricordare la Bicamerale golpista presieduta dal capofila dei rinnegati del comunismo, Massimo D'Alema, e a cui hanno collaborato anche Bertinotti e Cossutta, con tutte le controriforme costituzionali che il "centro-sinistra" era pronto ad adottare, se avesse trovato in quel momento l'accordo con Berlusconi: dalla repubblica presidenziale nella forma del premierato (lo stesso inserito dalla casa del fascio nella sua controriforma), al federalismo, poi parzialmente attuato con la "riforma" del Titolo V del 2001 e successivamente inglobato nella devolution leghista.
Tra il PMLI e l'Unione della "sinistra" borghese ci sono delle differenze inconciliabili e incolmabili dal punto di vista strategico, ideologico, politico, governativo e istituzionale. Ciononostante sulla battaglia referendaria per affossare la costituzione del regime neofascista dobbiamo necessariamente fare fronte unito con essa e con tutte le forze politiche, sindacali, sociali, culturali e religiose antifasciste.
Unità-lotta-unità è la nostra politica di fronte unito. Unità sulle cose che ci uniscono e su cui concordiamo, lotta ideologica e politica sulle cose che ci dividono e su cui non siamo d'accordo. Se non troviamo l'accordo e non riusciamo a risolvere le contraddizioni, rimaniamo lo stesso uniti, pur mantenendo fermamente le nostre posizioni, per non pregiudicare il successo dell'obiettivo strategico comune immediato.
In questa battaglia referendaria non si può accettare la mistificazione che essa debba essere fatta sotto la parola d'ordine "Salviamo la Costituzione" dal momento che essa, come abbiamo visto, è stata ripetutamente e irreversibilmente violata e stravolta per adattarla alla seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e imperialista che impera ormai da anni nel Paese.

No alle "riforme" costituzionali della destra e della "sinistra" borghese
Chiediamo perciò alla classe operaia, alle masse popolari, ai giovani e a tutti gli antifascisti di fare una seria riflessione sulla suddetta contraddizione, anche perché, una volta affossata col referendum la controriforma della casa del fascio, c'è il rischio concreto che tra la "sinistra" e la destra borghese riparta il dialogo sulle "riforme costituzionali", da dove era stato interrotto con la Bicamerale. Già ci sono chiari segnali in questo senso: la controriforma berlusconiana, che a novembre era stata definita da Prodi "una sciagura per il Paese", oggi viene derubricata a "riforma incoerente e squilibrata" dal leader democristiano dell'Unione, che tende una mano al "centro-destra" per fare insieme le "riforme costituzionali" per "obiettivi condivisi".
Anche quel che si è visto con la disgustosa trattativa sottobanco in ordine al tentativo di portare D'Alema al Quirinale con il consenso di Berlusconi, va dritto dritto in questa direzione; ne è una clamorosa quanto sfacciata conferma la scandalosa intervista di Fassino al "Foglio" diretto dall'ex agente della Cia Ferrara e di proprietà della famiglia del neoduce, in cui il segretario della Quercia, in cambio di voti sottobanco per D'Alema al Colle, offriva all'ex premier, subito dopo il referendum, di riprendere "un confronto tra le forze politiche sulle istituzioni che consenta di portare a conclusione una transizione istituzionale da troppi anni incompiuta".
Né c'è da aspettarsi nulla di diverso da ciò per il fatto che invece di D'Alema al Colle sia salito il borghese e socialdemocratico da sempre, Giorgio Napolitano. Basti ricordare, per chi avesse illusioni in proposito, quel che ebbe a dire il 15 novembre dell'anno scorso nel suo intervento al Senato sulla votazione finale della controriforma costituzionale della casa del fascio: "La rottura che c'è stata rispetto al metodo della paziente ricerca di una larga intesa, il ricorso alla forza dei numeri della sola maggioranza per l'approvazione di una riforma non più parziale, come nel 2001, ma globale della Parte II della Costituzione, fanno oggi apparire problematica e ardua, in prospettiva, la ripresa di un cammino costruttivo sul terreno costituzionale; un cammino che bisognerà pur riprendere, nelle forme che risulteranno possibili e più efficaci, una volta che si sia con il referendum sgombrato il campo dalla legge che ha provocato un così radicale conflitto".
Linea confermata solennemente nel discorso di insediamento con queste parole: "La legge di revisione costituzionale approvata dal Parlamento mesi orsono è ora affidata al giudizio conclusivo del popolo sovrano.
Si dovrà, comunque, verificare poi la possibilità di nuove proposte di riforma capaci di raccogliere il necessario largo consenso in Parlamento".
E quale potrebbe mai essere il punto d'arrivo della ricerca del "necessario largo consenso" tra i due poli del regime neofascista, se non una "riforma" da destra della Costituzione del 1948?
Una nuova Costituzione ci vuole per il proletariato e le masse popolari italiane, ma sarà la Costituzione dell'Italia unita, rossa e socialista, un obiettivo strategico per il quale vale la pena di dare tutto se stessi per raggiungerlo.
Vota NO al referendum sulla costituzione del regime neofascista!
Lottiamo contro il regime capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista, per l'Italia unita, rossa e socialista!
Coi maestri e il PMLI vinceremo!

Partito marxista-leninista italiano
Il Comitato centrale


Firenze, 16 maggio 2006