Viva la lotta dei lavoratori Fiat e indotto di Termini Imerese
Lo stabilimento siciliano deve essere rilanciato non un posto di lavoro deve essere perso
In assenza di un serio piano di rilancio, nazionalizzare la FIAT

Alle lavoratrici e ai lavoratori della FIAT e dell'indotto di Termini Imerese esprimiamo la nostra piena e calorosa solidarietà militante. Guardiamo con ammirazione alla loro lotta esemplare che dagli inizi di settembre è riesplosa senza soluzione di continuità con rabbia e tanta determinazione. Il presidio della fabbrica, l'occupazione simbolica del municipio di Termini, il corteo nel capoluogo siciliano, il blocco della ferrovia, della statale Messina, Palermo e dell'autostrada, così come la manifestazione del 27 settembre a Roma davanti Montecitorio lo testimoniano bene. Le loro preoccupazioni sono più che giustificate: sono passati quasi due anni da quando il nuovo Valletta annunciò che avrebbe chiuso, entro il 31 dicembre del 2011, lo stabilimento di Termini Imerese e licenziato gli addetti, 2.200 compresi quelli dell'indotto, senza che nel frattempo sia stata trovata nessuna alternativa industriale seria e credibile.
Gli operai di Termini Imerese sono stati i primi a comprendere che il tanto decantato, quanto nebuloso "Piano Italia" di Marchionne altro non era che un piano di dismissioni e di drastico peggioramento dei diritti sindacali e delle condizioni di lavoro come poi si è rivelato con la recente chiusura dell'Iribus/Iveco di Avellino con 700 addetti e altri 1500 dell'indotto gettati per strada, la serrata della Cnh di Imola, la Maserati di Modena senza certezza di futuro, gli accordi capestro imposti alla FIAT di Pomigliano e di Mirafiori e alla Bertone di Grugliasco. In questa deriva sciagurata vi sono responsabilità gravissime lampanti da parte del governo del neoduce Berlusconi e dei suoi ministri Tremonti e Sacconi per non aver ostacolato, anzi per aver appoggiato il nuovo Valletta in questo piano di dismissione di fabbriche, di licenziamenti e di distruzione dei diritti sindacali e contrattuali, con atti concreti quali sono i tagli agli enti locali e di riflesso ai trasporti pubblici locali, l'inserimento dell'art.8 nella ultima manovra di 54 miliardi. Anche i sindacalisti collaborazionisti alla Bonanni e alla Angeletti con le loro posizioni filogovernative e filopadronali, portano gravi colpe.
Lo stabilimento della FIAT di Termini Imerese non deve essere chiuso. Deve essere rilanciato e gli deve essere garantito un futuro produttivo con un adeguato e credibile piano industriale. Nessun posto di lavoro, sia diretto che indiretto, deve essere perso. Non ci devono essere licenziamenti aperti o mascherati che siano. Una soluzione diversa da questa sarebbe una tragedia economica e sociale anzitutto per Termini che andrebbe incontro a un deserto industriale e occupazionale e alla mancanza di sussistenza per le masse popolari, ma in definitiva per l'intera Sicilia e il Mezzogiorno già fortemente provato dalla crisi in atto.
Alla FIAT non deve essere permesso di lasciare Termini senza colpo ferire. Ricordando tra l'altro che alla FIAT della famiglia Agnelli la costruzione dello stabilimento siciliano non costò praticamente nulla, tanti e tali furono i contributi pubblici regionali e nazionali impiegati a quello scopo. Alla FIAT occorre continuare a chiedere di non chiudere e di rilanciare questa fabbrica, come del resto era stato concordato in una intesa tra il Lingotto e i sindacati, poco tempo prima l'annuncio del suddetto "Piano Italia". In ogni caso, la FIAT non può, non gli deve essere permesso, fermare la produzione in assenza di un soggetto industriale che proponga un progetto industriale alternativo all'altezza dei problemi da risolvere, solido e credibile sui vari piani finanziario, produttivo, occupazionale, commerciale.
A questo proposito, per inettitudine e disimpegno, per mancanza di volontà politica da parte dei governi centrale e regionale, si è perso tempo prezioso. Le proposte che negli ultimi mesi sono state avanzate da alcune società private per rilevare lo stabilimento di Termini, spesso con scopi speculativi sull'area e a caccia di soldi pubblici (200 milioni di euro solo quelli promessi dalla Regione), non avevano i requisiti richiesti. Anche la proposta del gruppo molisano "Dr Motor" gestito dal faccendiere Massimo De Risio, caldeggiato dal governatore regionale Lombardo, è poco credibile sul lato finanziario e inaccettabile su quello industriale, che nella migliore delle ipotesi entrerebbe a regime nel 2016 e lascerebbe a casa 900 lavoratori.
Appurato il vero carattere del "Piano Italia" di Marchionne riproponiamo con forza la necessità di procedere alla nazionalizzazione del gruppo FIAT, senza alcun indennizzo, dato che lo Stato l'ha già ampiamente pagata nel tempo con lauti finanziamenti a fondo perduto e cospicue agevolazioni fiscali. Che preveda una profonda riconversione industriale con al centro la produzione dei mezzi di trasporto collettivo pubblico su rotaia e via mare e, in questo contesto, la ricerca e la produzione dell'auto ecologica.
La lotta degli operai di Termini Imerese ha un valore non solo siciliano ma nazionale.
Noi staremo con loro fino alla vittoria.

La Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI

5 ottobre 2011