Documento dell'Ufficio politico del Pmli
Uniamoci per salvare Napoli, la Campania e l'Italia dalla devastazione ambientale e sanitaria

Sommario

La gestione criminale dello smaltimento dei rifiuti e l'ecatombe sanitaria ed ambientale che ne è derivata sono forse lo specchio più realistico di come i governi borghesi hanno trattato Napoli e la Campania: come la grande cloaca del capitalismo italiano. In questo territorio sono stati commessi e si commettono i crimini più orrendi. Nessuno oggi è in grado di dire quanti e quali rifiuti stanno bruciando, dove, come; quanti e quali rifiuti vengono trasportati e seppelliti, quante sono le sostanze cancerogene presenti nell'aria, nell'acqua e negli alimenti che tutti i giorni respira e ingerisce la popolazione, a quanto ammontano gli intossicati, gli ammalati e i morti dell'"emergenza" più grave e più lunga della storia moderna dell'Occidente. Come si è arrivati a questa immane tragedia?
Per Piero Grasso, capo della Direzione nazionale antimafia, l'emergenza rifiuti della Campania è stata "elevata a sistema, creata e mantenuta ad arte". Si riferisce evidentemente ai politicanti borghesi che siedono nelle varie amministrazioni locali e regionali che, come si legge nella Relazione annuale della Dna avrebbero architettato una "perversa strategia politico-economico-criminale che ha fatto sì che la necessità di affrontare il contingente col metodo dell'urgenza rispondesse agli interessi di centri di potere politico, economico e criminale". Anzi sarebbe stato proprio il sistema dell'emergenza attuato dalle amministrazioni locali e regionale a favorire "una sorta di specializzazione della criminalità organizzata campana" a tal punto che "oggi può in generale affermarsi che l'Ecomafia veste i panni della camorra".

Monnezza Spa: lo smaltimento criminale dei rifiuti "speciali" delle industrie
La situazione odierna ha origini lontane. Per trovare il bandolo della matassa nel groviglio avvelenato di interessi che si affollano attorno ai rifiuti bisogna afferrare saldamente il capo del filo: la legge fondamentale del capitalismo, la ricerca del massimo profitto.
Per i pescecani capitalisti i prodotti chimici di scarto della produzione industriale sono sempre stati un po' come gli anziani, i disabili, i malati: una zavorra improduttiva di cui liberarsi con il minimo sforzo e il minimo costo. Per lungo tempo la maggior parte delle industrie italiane ha scaricato i rifiuti tossici nell'aria, nelle acque e nei terreni prospicenti agli impianti industriali. A Napoli, ad esempio, l'Italsider scaricava i rifiuti tossici direttamente nel mare di Bagnoli, le raffinerie della Q8 a pochi metri dalle cisterne che esplosero nel 1985, le concerie di Solofra (Salerno) direttamente nel fiume Sarno.
E' a partire dai primi anni '70 che il sistema di smaltimento dei rifiuti pericolosi delle grandi industrie, concentrate sopratutto nel Centro e nel Nord del Paese, comincia a prendere la direzione inversa del flusso della forza-lavoro: ogni giorno e ogni notte, per mesi, anni, decenni, carovane di camion carichi di veleni scendono lungo l'autostrada del sole. E' questa la via prediletta dall'ecomafia, affiancata dalla cosiddetta "strada della cooperazione italiana", ossia le spedizioni segrete di armi e rifiuti in Albania, Kosovo, Mozambico o Somalia, sul cui selciato trovarono la morte la giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e l'operatore Mirian Krovatin.
Superato il fiume Garigliano, che geograficamente separa il Sud dal Centro-Nord, i camion pieni di rifiuti tossici terminano il loro viaggio, nella prima, grande, una volta fertile, pianura del Mezzogiorno. Quella che va dal giuglianese (a nord di Napoli) all'agro-aversano (a sud di Caserta) fino all'agro-nocerino-sarnese (a nord di Salerno), diviene la più grande pattumiera di rifiuti tossici industriali d'Italia e d'Europa.
Questa modalità di smaltimento dei rifiuti tossici è l'ideale per le grandi e piccole industrie criminali: le sanzioni previste dalle leggi dello Stato sono irrisorie e il risparmio è consistente, quantificato in circa 6mila miliardi di vecchie lire nel lontano 1995. Secondo alcune stime prudenti i rifiuti smaltiti illegalmente ogni anno in Italia ammontano a 35 milioni di tonnellate, di cui 7 milioni di tonnellate di rifiuti "speciali" e pericolosi. La Campania detiene da 30 anni il triste primato delle illegalità ambientali, riferite sia al ciclo dei rifiuti sia a quello del cemento. Mischiati a quelli industriali, terminano il loro viaggio nelle pianure campane anche rifiuti solidi urbani dal Lazio, dalla Toscana, dalle Marche, dalla Lombardia, in particolare quelli provenienti da Milano e Como.
I quantitativi sono impressionanti, sommando quelli emersi nelle inchieste avviate dalla magistratura, a partire dall'operazione Adelphi del 1993, si superano abbondantemente le dieci milioni di tonnellate, un quarto di tutti i rifiuti smaltiti illegalmente in Italia. Già nel 1990 un monitoraggio del ministero dell'Ambiente certificava che su 459 impianti esistenti, ben 316 non avevano alcuna autorizzazione (discariche di 1ª categoria), su 124 discariche pubbliche e private, 103 presentavano una o più violazioni di legge. Il primo "pentito", Mario Tamburrino, che perse la vista mentre smaltiva rifiuti pericolosi, dichiarò di aver personalmente depositato in un'area agricola di Giugliano ben 571 fusti di rifiuti urbani e tossico nocivi provenienti dal Piemonte. L'ecomafia campana ha capito da oltre trent'anni che la monnezza è oro.

Materiali e metodi della camorra
La principale sorgente di accumulazione di capitale sono dunque gli scarti di produzione delle zone industrializzate del Paese, quelli soprattutto delle grandi industrie multinazionali, siderurgiche, petrolchimiche, chimico-farmaceutiche, metalmeccaniche, etc. Ingrassano a dismisura le cosche camorristiche locali, le aziende capitalistiche "intermediarie" del ciclo dei rifiuti pericolosi. I clan presenti sul territorio campano sono indotti a specializzarsi nelle attività connesse al trasporto e allo smaltimento: c'è chi controlla i camion e le ditte di trasporto, chi mette in piedi organizzazioni e aziende dedite alla falsificazione delle documentazioni allegate ai carichi da smaltire, chi a corrompere ed arruolare nelle proprie file le autorità politiche, i vertici delle "forze dell'ordine", i colletti bianchi e i tecnici predisposti alla difesa dell'ambiente, della salute e del suolo, chi all'acquisto, alla requisizione forzata e al controllo dei suoli da adibire a discarica. Nell'area del giuglianese ne sono state censite oltre mille e Legambiente ha stimato prudentemente in quasi "7 miliardi di euro l'attuale business illegale, tra gestione illecita di rifiuti speciali e controllo degli appalti per quelli urbani nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa".
Alla fine degli anni '90 l'inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, denominata "Avorio più 19" mette in luce i contorni di una vera e propria holding criminale dedita sistematicamente allo smaltimento dei rifiuti. Scrivono i magistrati Aldo Policastro e Giuseppe Narducci: "tale consorteria mafiosa ha acquisito in modo diretto la gestione e il controllo totale di tutte le attività di raccolta, trasporto e smaltimento di ogni rifiuto prodotto da attività industriali e produttive, anche del genere tossico e nocivo, in zone diverse del territorio nazionale, ed in particolare la gestione in forma monopolistica delle discariche ubicate nel casertano e nel napoletano".
Nel 2003 l'inchiesta "Re Mida", coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica di Napoli Maria Cristina Ribera e cha ha portato alla notifica di 100 avvisi di garanzia, 25 arresti e il sequestro di 20 impianti di trattamento, compostaggio e stoccaggio di rifiuti, accerta che 1 milione di tonnellate di rifiuti tossici, in particolare fanghi industriali e olii minerali derivanti dalla lavorazione degli idrocarburi, tutte sostanze altamente cancerogene, sarebbero stati riclassificati con il sistema del giro di bolla e sversati illegalmente in Campania, per un giro di affari di 27 milioni di euro e imposte evase per 750 mila euro. Ad organizzare le spedizioni non sarebbero state solo le società di smaltimento per rifiuti speciali collegate alle industrie del Centro-Nord, ma anche i consorzi pubblico-privati per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, tra i quali spiccano il Consorzio Milano Pulita e la Tev. Nel 2006 un troncone della stessa inchiesta denominata "Ultimo atto-Carosello" scopre che l'organizzazione operativa sul territorio aveva base ad Acerra e che riusciva ad agire totalmente indisturbata perché si avvaleva della complicità di alti esponenti delle "forze dell'ordine" e degli organi istituzionali preposti al controllo degli impianti e delle certificazioni. I rifiuti liquidi venivano sversati nei terreni o nei Regi Lagni, l'antico sistema fognario costruito dai Borboni che sfocia direttamente in mare. Altri, invece, altamente tossici e pieni zeppi di diossina, venivano mescolati a materiale organico e utilizzati come compost per concimare i terreni.
Un altro esempio della radice nazionale dell'emergenza campana è quello dei rifiuti solidi urbani (Rsu) della capitale. Quando la capienza dell'immensa discarica di Malagrotta, che raccoglie i rifiuti di tutta Roma, è satura, con la complicità delle istituzioni al più alto livello, compresi gli ex sindaci Rutelli e Veltroni e l'ex governatore del Lazio Storace, i rifiuti vengono dirottati nelle discariche comunali napoletane e in quelle "private" del clan dei Casalesi. La più nota tra le holding mafiose della Campania che è riuscita ad allungare i suoi tentacoli, utilizzando il terremoto-ponte in Molise e in Umbria, sulla Toscana e in tutto lo Stivale. I fanghi di conceria del polo di Santa Croce sull'Arno sono stati smaltiti per anni in Campania e Puglia. Dalla sola provincia di Lucca, in due anni, sono partiti alla volta della Campania circa 5mila tir carichi di rifiuti speciali.
I metodi di smaltimento col passare del tempo e col perdurare dell'impunità più assoluta da parte dello Stato si sono diversificati. Tra i clan mafiosi delle province di Caserta e Salerno si è diffusa l'usanza di ottenere l'autorizzazione alla costruzione di vasche per l'itticoltura e la lombricoltura, da utilizzare come discariche per liquami fognari e fanghi industriali. Persino i depuratori, appena costruiti, sono diventati dei ricettacoli di rifiuti di ogni tipo, come testimoniano gli impianti cloaca di Nocera Inferiore (Salerno), Marigliano (Napoli), Orta di Otella, Licola, Marcianise, Mercato San Severino. Secondo l'inchiesta "Cernobyl" della Procura di Santa Maria Capua Vetere i depuratori sono collegati a società di compostaggio fittizie che servono a sotterrare i più svariati fanghi tossici, sotto il nome di "biomasse". Per questi impianti, sarebbero transitati per anni non solo fanghi industriali provenienti dal Nord ma anche i residui delle acque reflue delle fosse settiche del porto di Napoli, gli scarichi delle navi militari, civili e da crociera, dei lidi balneari del litorale Domizio, i rifiuti altamente pericolosi degli ospedali, per un volume totale di 994mila tonnellate.
I nuovi sistemi ideati dalla piovra camorristica si sono affiancati ovviamente ai vecchi e ben consolidati. Nei porti di Napoli e Salerno il metodo è ancora quello del trasporto e dello smaltimento via mare. Al largo della costa napoletana, casertana e salernitana, i rifiuti che restano impigliati nelle reti utilizzate per la pesca a strascico, testimoniano la presenza di immensi cimiteri di rifiuti sul fondo del mare. In genere a svuotare le stive sono vere e proprie "carrette" dei mari, coperte da premi di assicurazione per incidenti di questo tipo, che consentono all'organizzazione mafiosa di realizzare un evidente duplice affare. E' nota la corruzione delle autorità doganali dei porti, dove transitano in quantità industriali merce contraffatta, armi, droga, rifiuti di ogni tipo da ricevere e spedire, soprattutto in Cina. Meno noti sono i traffici che passano per il nodo dell'Interporto di Nola, il cosiddetto Vulcano Buono di Gianni Punzo, visitato di recente dal presidente della Repubblica Napolitano.

I rifiuti e il cemento
Nel 1999 sarà l'inchiesta Cassiopea, coordinata dal sostituto procuratore Donato Ceglie e considerata la madre delle inchieste sull'ecomafia, a ricostruire le rotte, le strategie, e i profitti di "un traffico da 1 milione di tonnellate di rifiuti speciali", organizzato da una vera e propria cupola centralizzata "i cui referenti locali avevano il compito di localizzare gli impianti di riutilizzo dei rifiuti: cementifici, attività estrattive o edili, fornaci, impianti per la produzione di conglomerati bituminosi". L'inchiesta svelò come il ciclo di smaltimento dei rifiuti soldi urbani e industriali si sia saldato "naturalmente" a quello del cemento: la camorra estrae il calcestruzzo, diluisce il cemento con i rifiuti, utilizza le cave ed i siti adiacenti ai "lavori in corso" come discariche di rifiuti, una parte dei quali proviene proprio dalle attività edilizie che le cosche controllano fin dal dopo-terremoto in regime di assoluto monopolio. E' proprietaria delle cave, delle aziende di estrazione che sventrano le montagne, dei cementifici, delle aziende che producono l'asfalto, fino al racket su tutte le principali imprese del "movimento terra". I pescecani camorristi della "rifiuti e cemento spa" fanno profitti favolosi a tutti i livelli: quando prendono in consegna i fusti dalle imprese e dagli enti pubblici, quando li riciclano come materiale per l'edilizia, quando riscuotono le tangenti, infine quando sui terreni agricoli acquistati o espropriati a quattro soldi, semmai perché irrimediabilmente inquinati, tirano su, alla meno peggio, le case. A volte la camorra riesce a controllare persino le assegnazioni degli alloggi di edilizia popolare!

I rifiuti e i centri commerciali
Terminato il lunghissimo ventennio contraddistinto dallo sciacallaggio politico-imprenditorial-camorristico sul terribile terremoto che sconvolse l'Irpinia e la Basilicata nel 1980 la speculazione immobiliare ed edilizia in Campania si è concentrata sulla costruzione dei grandi centri commerciali, che spuntano come i funghi proprio nelle aree prescelte dall'ecomafia per lo sversamento selvaggio di rifiuti. La camorra, col consenso delle istituzioni e delle grandi multinazionali, espropria i terreni, costruisce e piazza la manodopera, rigorosamente a nero. Cosicché l'inchiesta sul crack della Parmalat accertò che grazie ai Casalesi, la multinazionale emiliana aveva ottenuto in Campania il monopolio nella vendita del latte, nella grande come nella piccola distribuzione. Una rivelazione che genera il sospetto, come si legge sui media, che siano proprio i centri commerciali uno dei centri nevralgici del "sistema" campano: servono a ricoprire le aree inquinate, a lavare i "capitali sporchi" delle cosche camorristiche (armi, droga, traffico schiavistico di donne e uomini, etc.) e per chiudere il cerchio: mettere in crisi e smantellare l'agricoltura e l'industria agroalimentare locale, in modo che possano essere venduti su larga scala i prodotti di quelle stesse aziende multinazionali, anche di livello europeo e mondiale, che organizzano, servendosi delle cosche "locali", il traffico, lo smaltimento, il riciclaggio dei rifiuti industriali.

I rifiuti radioattivi, nucleari, sanitari
Le inchieste che hanno travolto la cosca parlamentare dell'Udeur lasciano intravedere una coincidenza di interessi nello smaltimento dei rifiuti speciali di tipo sanitario, tra la rifiuti spa e la mafia che controlla i vertici della sanità pubblica e privata, dagli ospedali alle cliniche ai laboratori fino alle grandi aziende biomedicali e farmaceutiche di livello mondiale.
Altre inchieste della magistratura hanno scoperto l'esistenza di una rete massonica e legata ai servizi segreti dedita al coordinamento dei traffici e degli affari delle cosche dell'ecomafia nel Sud Italia, soprattutto per quel che riguarda i rifiuti radioattivi. Emblematica in questo senso è la vicenda della motonave Jolly Rosso che si incagliò il 14 dicembre 1990 nei pressi di Vibo Valentia. Giuseppe Bellantone, il comandante in seconda della capitaneria di porto di Vibo ha testimoniato che rinvenne sulla plancia della motonave documenti che, come riporta il settimanale "L'Espresso", "richiamavano la natura della radioattività ed erano introdotti dalla sigla Odm", ossia Oceanic disposal management inc., società (ancora attiva) creata da Giorgio Comerio e "dedita a mettere in opera su scala mondiale operazioni di seppellimento nei fondali marini di scorie radioattive, in violazione della Convenzione di Londra del 1993 sull'inquinamento marino provocato dallo scarico in mare di rifiuti". Già il 15 dicembre 1990, ricorda il comandante Bellantone, ad un giorno dallo spiaggiamento, a bordo del relitto della Rosso si sarebbero presentati "agenti dei servizi segreti". Tra le carte rinvenute sulla plancia, secondo quanto attestato dal procuratore capo di Reggio Calabria Scuderi, c'era una mappa marittima, con evidenziati una serie di siti e una lunga lista di nomi di navi affondate nel Mediterraneo. "La società intestata ad Ignazio Messina - spiegarono i giudici - imbarca regolarmente presso il porto di Napoli e presso altri porti del Sud merci pericolose e rifiuti radioattivi con destinazione sconosciuta"; La conclusione dei magistrati è "che attorno a quelle navi, piene di rifiuti tossici e radioattivi provenienti da numerose nazioni europee e non", si sarebbe mossa "una rete impressionante di faccendieri, trafficanti d'armi e agenti dei servizi segreti, uomini di governo e mafiosi".
Nel maggio del 1995 la società Oceanic Disposal Management Inc. (ODM) con sede legale nelle Isole Vergini e ufficio marketing a Garlasco (Pavia), contattatò l'Atomic Energy Corporation del Sud Africa Ltd., a Pretoria, per proporre lo sviluppo di attività di trasporto e smaltimento di rifiuti radioattivi nell'oceano, all'interno della Zona Economica Esclusiva sudafricana.
Il livello mondiale che hanno assunto questi traffici è testimoniato dalla figura del faccendiere napoletano Mario Scaramella, il consulente della Commissione Mitrokhin, protagonista della spy story al polonio tra Russia e Inghilterra. Scaramella è stato indagato dalla procura di Napoli per un giro di rifiuti tossici smaltiti nell'area gestita dall'Ente parco del Vesuvio, di cui era consulente per l'abbattimento degli edifici abusivi (sic!). Dalla casa-studio di via Foria e del Vomero avrebbe coordinato lo smaltimento illecito ad opera delle imprese di cui è titolare e socio a Torre del Greco, Marigliano e San Sebastiano al Vesuvio.
Un'altra scottante inchiesta condotta dalla procura di Lecce ha individuato il cosiddetto "progetto Urano" finalizzato all'illecito smaltimento in alcune aree del Sahara di rifiuti industriali tossico-nocivi e radioattivi provenienti da Paesi europei.
Oscuro è anche il lavoro della Società di gestione degli impianti nucleari (Sogin) che è stata creata nel 1999 all'interno della holding Enel, dal novembre 2000 trasferita al ministero dell'Economia e finanziata con 862 milioni di euro. Il progetto di punta della Sogin, prof. Carlo Jean (presidente) e prof. Paolo Togni (vicepresidente), si chiama "Global Partnership": prevede lo smantellamento di una serie di sottomarini a propulsione atomica ormai obsoleti, parcheggiati nei porti dove attracca la flotta russa. Nasce nel giugno del 2002, quando i Paesi del G8 - al summit di Kananaskis - decidono di investire 20 miliardi di dollari Usa nel giro di dieci anni. Con la Sogin - risulta dai resoconti della Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti, 9 luglio 2003 - sono coinvolte le imprese Fincantieri, Ansaldo, Duferco e Camozzi. Sogin gestisce le quattro centrali nucleari italiane (Trino Vercellese, Caorso, Latina e Garigliano) per cui è previsto lo smantellamento entro il 2015 e i cinque impianti del ciclo del combustibile nucleare presenti in Italia - i due della Casaccia, nei pressi di Roma, e quello di Rotondella (Matera), Saluggia (Vercelli) e Bosco Marengo (Alessandria). L' Enea il 26 novembre 2002 ha individuato 214 siti idonei per i rifiuti nucleari: Basilicata 36; Calabria 3; Emilia-Romagna 1; Lazio 38; Liguria 1; Lombardia 3; Marche 2; Molise 3; Piemonte 3; Puglia 65; Toscana 55; Umbria 4, per un totale di 214.

Legame, sempre più stretto, tra ecomafia e istituzioni borghesi
Con il suo "corollario" di evasione fiscale e contributiva, lavoro nero e stragi, l'ecomafia è dunque diventata una vera e propria holding imprenditoriale che divora nella sua ragnatela i settori nevralgici delle istituzioni borghesi, a partire dagli assessorati, dai servizi e dagli uffici tecnici dei "piccoli" comuni, oltre 70 sono risultati infiltrati dalla camorra, fino alle stanze del governatore al centro direzionale, a S. Lucia, a palazzo S. Giacomo, a piazza Matteotti.
A rimanere imbrigliate nella "tela del ragno" sono le stesse organizzazioni sindacali e ambientaliste. Nel 2006 un componente del Consiglio nazionale di Legambiente, Maurizio Trupiano, viene arrestato con l'accusa di aver ricevuto 10.000 euro dal titolare di un'impresa bergamasca, la Gtm, coinvolta nell'inchiesta "Bonny e Clide" sul traffico illecito di rifiuti.
Il legame tra la camorra imprenditoriale e le istituzioni borghesi si fa sempre più stretto, perché l'una non può fare a meno dell'altra. Il ciclo di profitto del cemento e dei rifiuti si chiude infatti immancabilmente con il voto, il vero fulcro del sistema mafioso campano. Il "sistema" del lavoro nero, legato ai subappalti concessi alla camorra dalle pubbliche amministrazioni (come gli assessorati ai lavori pubblici, i consorzi, le ex municipalizzate, le Asl, le aziende ospedaliere), il "sistema" dell'assegnazione delle abitazioni di edilizia popolare, abusiva o semi-abusiva, producono valanga di voti. Voti che non sono voti convinti, ma spudorati ricatti, che fanno leva sull'altissima densità di miseria e disoccupazione, su territori dove il problema della mancanza di casa e di lavoro strangolano letteralmente le masse popolari. Lo sanno bene tutti i partiti parlamentari che in occasione delle elezioni politiche dedicano grande attenzione alla Campania, una Regione determinante per la nascita e la caduta dei governi.
E non occorre ricordare ciò che accade tra una votazione e l'altra: l'operato dei partiti parlamentari e delle istituzioni, dalle circoscrizioni fino al parlamento europeo, si riduce a garantire alle cosche imprenditoriali campane finanziamenti, appalti, evasione fiscale, protezione politica e giuridica, per alimentare questo marcio ciclo di profitto all'infinito. E sprofondare sempre più Napoli, la Campania, il Sud, nelle condizioni del Terzo Mondo!
Se analizziamo l'attività legislativa dal parlamento nero fino alle giunte comunali noteremo che la mafia, la 'ndrangheta, la camorra e la sacra corona unita nascono e crescono proprio in questi luoghi. Basti dire che il reato di "organizzazione e traffico illecito di rifiuti", art. 53 bis del decreto Ronchi, è in vigore soltanto dal 2002. Basti pensare alla legge Galli che ha avviato la privatizzazione delle fonti, dei servizi idrici, degli acquedotti, delle fognature e dei depuratori, o allo stesso decreto Ronchi che punta sull'incenerimento e la privatizzazione dei servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti, per non parlare della raffica di condoni tombali sui reati edilizi ed ambientali dei governi del neoduce Berlusconi. Nell'ambito dell'inchiesta che riguarda il boss Roberto Conte, ex dirigente dei Verdi e ora del Pd, è stato scoperto un piano della camorra per controllare il vertice di tutte le aziende sopra i 300 dipendenti e relativi appalti, partendo dal già acquisito monopolio nel settore della sicurezza, delle pulizie e del cemento, e utilizzando una legge, quella sul "mobility manager", varata nel 1998.
Per questo si può ben dire che la testa della criminalità organizzata sta nelle istituzioni borghesi, nell'alta finanza, nei circoli dell'industria, dell'agricoltura, cioè dentro la classe dominante borghese, lo Stato borghese e l'economia capitalistica.

La spaventosa discarica di Pianura
Pianura, quartiere periferico di Napoli, è uno dei casi emblematici delle conseguenze devastanti dell'operato criminale dei governi in camicia nera e delle istituzioni locali. Un intero quartiere costruito abusivamente dalla camorra, senza fogne ed illuminazione elettrica, che conta oggi 100 mila abitanti, nati e cresciuti a pane, acqua e rifiuti.
Dalla valanga di denunce dei casi di malattia tumorale, malformazioni e decessi causati dall´inquinamento di tutta l'area, finalmente il 10 gennaio scorso è partita un'inchiesta della magistratura che ipotizza i reati di "disastro ambientale ed epidemia colposa". Il pm Stefania Buda ha ottenuto dal procuratore aggiunto Rosario Cantelmo il sequestro della discarica di contrada Pisani e dei dati relativi allo sversamento nel periodo che va dal 1987 al 1994. A scorrere le carte risulta che centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti ospedalieri, fanghi speciali, polveri di amianto, residui di verniciatura, rifiuti dell'attività edilizia, rifiuti solidi urbani sono finiti a Contrada Pisani, nella megadiscarica comunale gestita dal cutoliano La Marca, sindaco di Ottaviano, ai piedi della collina dei Camaldoli. Mischiati al terriccio e in un corso d'acqua superficiale adiacente alla discarica comunale scorrono i veleni dell'Acna di Cengio, l'amianto dell'Eternit di Bagnoli, di Acerra e di mezza Italia, i rifiuti della Fiat di Agnelli e Romiti, le ceneri delle centrali dell'Enel e tanto altro ancora.
A Pianura sono sepolti anche rifiuti radioattivi, visto che i medici di base della zona hanno registrato una impennata di patologie molto simili a quelle che hanno colpito i militari italiani in Kosovo. Nell´elenco, nascosto per anni ai magistrati ed all'opinione pubblica dai neopodestà Bassolino, Marone, Iervolino e dai presidenti della provincia, i Verdi Amato Lamberti e Dino Di Palma, sono indicate le aziende e le località di provenienza dello smaltimento dei rifiuti industriali: Brindisi, vari comuni del Torinese (Chivasso, Robassomero, Orbassano), San Giuliano Milanese e Opera (Milano), Cuzzago di Premosello (Milano), Riva di Parabiago (Milano), Pianoro (Bologna), Parona (Pavia), Mendicino (Cosenza), San Gregorio (Reggio Calabria) e Roma, etc.
L'attività di smaltimento selvaggio è durata decenni e sarebbe stata regolarmente autorizzata dalle autorità comunali e provinciali di Napoli in flagrante violazione delle, sia pur risibili, norme a tutela dell´ambiente in vigore dal 1982. Quelle stesse istituzioni che hanno permesso con indici di edificabilità da brividi e senza uno straccio di piano regolatore la mega-speculazione edilizia, totalmente abusiva, che continua indisturbata sotto i nostri occhi. Quando nel 1995 la discarica dei Pisani ufficialmente chiuse, la popolazione di Pianura pensava che la lapidazione da inquinamento fosse finita. Non era così. Il quartiere restava al centro delle attenzioni dell'amministrazione comunale. La sindaca di Napoli Iervolino proverà a smaltirci i rifiuti pericolosi che provengono da Bagnoli, il governatore della Campania Bassolino sponsorizza sui mass-media il progetto del grande campo da golf, ideato evidentemente da qualche "scienziato" al suo servizio per seppellire lo scempio ambientale sotto un prato sintetico. Piani osceni, che sarebbero probabilmente andati in porto, se lo stesso Bassolino e il superprefetto De Gennaro non avessero optato per il più scandaloso dei diktat del regime neofascista: coprire lo strato di decine di metri di rifiuti tossici con un altro largo strato di rifiuti indifferenziati provenienti da tutta la Campania, scatenando la sacrosanta rivolta popolare, seguita dall'inchieste della magistratura.
I criminali al comando del Commissariato e della Regione non si sono arresi né rassegnati e hanno pensato bene di emettere un'altra ordinanza per riempire di eco balle una cava adiacente alle tre mega-discariche. Quanto bisognerà aspettare perché Pianura sia finalmente bonificata e interdetta a qualsiasi attività di smaltimento ed edilizia?

Le censure dei mass-media del regime neofascista
Tufino, Difesa Grande, Parapoti, Terzigno, Montecorvino Rovella, Montesarchio, Cava Riconta, Sette Cainati, Lo Uttaro, S. Maria la Fossa, Taverna del re sono nelle stesse condizioni di Pianura. Lo scempio di questi territori, sommersi di veleni e di immondizia, dura da decenni e non è mai balzato agli onori della cronaca solo perché le istituzioni e i mass-media sono stati conquistati alla teoria delle "due Napoli". Una è il "salotto buono" della borghesia di Piazza Dei Martiri, del Vomero e di Posillipo, neanche sfiorati dall'emergenza rifiuti, l'altra è quella dei quartieri popolari e dell'hinterland, da Monteruscello a Torre Annunziata, passando per Giugliano e Melito, che, essendo disgraziatamente fuori dalle rotte del turismo, devono fungere da immensa cloaca di Napoli e del capitalismo italiano.
In base alle sole inchieste della magistratura ha osservato di recente lo scrittore Roberto Saviano, "se i rifiuti illegali gestiti dai clan fossero accorpati diverrebbero una montagna di 14.600 metri con una base di tre ettari, sarebbe la più grande montagna esistente sulla terra".
Una delle cose più sconcertanti è che anche trasmissioni specializzate sui disastri ecologici, come "Ambiente Italia" hanno dato uno spazio risibile sia alle importanti denunce di giornalisti e ambientalisti indipendenti che alle scottanti inchieste giudiziarie. Per non parlare della redazione del Tg3 Campania che soltanto adesso si è accorta, sorvolando le zone inquinate in elicottero, che nel "triangolo della morte" fra Napoli, Villa Literno, Castel Volturno, Giugliano, Acerra, Marigliano e Nola si trovano discariche di rifiuti pericolosi dappertutto, dai cavalcavia, a vecchie cave riempite, dai Regi Lagni fino agli scogli frangiflutti utilizzati come barriera in mare. Anche i giornalisti de Il Mattino al servizio del costruttore Gaetano Caltagirone (l'amico di Cuffaro, il suocero di Casini) non hanno mai avuto il sentore che le discariche legalizzate, come quella di Pianura, erano autentiche bombe ecologiche dove le sostanze tossiche interrate superano, anche mille volte, i limiti consentiti dalla legge. Questi pennivendoli non si sono mai chiesti dove sono finiti i rifiuti delle "grandi opere" dell'emergenza bradisismo, del terremoto, quelli dei lavori della tangenziale, della metropolitana, della linea 6, del centro direzionale, dell'eterna incompiuta autostrada Napoli-Salerno-Reggio Calabria o di quegli scempi urbanistici chiamati Villaggio Coppola e Monteruscello?
E il guaio è che anche la stampa e le tv nazionali e internazionali hanno gli occhi foderati di prosciutto, perché è del tutto ovvio che le immagini dei rifiuti per le strade che stanno facendo il giro del mondo sono solo la punta dell'iceberg. In quanto il grosso dei veleni si trova sul fondo del mare, nel sottosuolo, scorre nelle falde acquifere, sotto le colline e i campi agricoli, è impastato nell'asfalto delle strade, nei muri e nelle fondamenta dei palazzi, risale la penisola lungo il tragitto della tratta della Tav Napoli-Roma-Firenze-Bologna-Milano e la discende lungo la Napoli-Salerno-Reggio Calabria.
Da qualche tempo poi lo sport principale dei salotti mediatici è quello di magnificare l'incenerimento dei rifiuti. Speriamo vivamente di sentire qualche voce che abbia il coraggio di uscire dal coro assordante che ripete sempre la stessa litania: "l'unica soluzione all'emergenza campana è accelerare la conclusione del cosiddetto 'ciclo industriale dei rifiuti', con l'incenerimento". Un giornalista degno di tal nome non può non sapere che anche quelli più piccoli e tecnologicamente avanzati emettono grandi quantità di diossina, furani, Pcb, nanoparticelle e Co2; non può non sapere che quello di Acerra sarà l'inceneritore più grande e inquinante d'Europa, una enorme brace alla diossina, non può non sapere che dietro le montagne di sacchetti ed eco balle della Campania ci sono colossi a caccia di profitti stratosferici come la francese Veolia Water Vivendi, la spagnola Abertis, l'"uscente" Impregilo, l'Asia spa. La ex municipalizzata di Napoli che l'assessore comunale Enrico Cardillo, ex segretario regionale della Uil, ha in fretta e furia avviato alla privatizzazione, e che ha stretto un'alleanza con l'Asm di Brescia, l'Amsa di Milano, l'Ama e l'Acea di Roma. Nella puntata del 18 febbraio 2008 dagli studi della trasmissione "Geo e geo" un tecnico dell'Enea per sponsorizzare inceneritori, centrali termoelettriche e rigassificatori si è dilungato sull'apologia del "termovalorizzatore" di Brescia, citando a riprova della sicurezza dell'impianto il premio internazionale per l'ambiente vinto dall'Asm. Peccato che abbia dimenticato di dire che alla presidenza della fondazione premiante c'era il padrone in persona dell'inceneritore, Capra, che peraltro dirige anche gli studi sui tumori nella zona.

La privatizzazione del "ciclo industriale dei rifiuti"
Per comprendere l'ultimo decennio straziato dai Cdr, dalle eco balle, dai "termovalorizzatori" in costruzione e dalle montagne di rifiuti per le strade, dobbiamo necessariamente ripercorrere cronologicamente alcuni eventi che sono avvenuti in Campania. Quello fin qui decritto è, grosso modo, il sistema di smaltimento dei rifiuti fino alla metà degli anni '90, quando entrano in scena ad un livello più alto di quanto era mai accaduto in precedenza gli Rsu. La città di Napoli e la sua sterminata e spettrale provincia producono il 60% dei rifiuti solidi urbani regionali. La raccolta in strada è un settore selvaggiamente privatizzato e come le pompe funebri da sempre affidato alle ditte subappaltatrici controllate dai clan della camorra, che spesso coincidono con quelli che controllano le discariche e il "movimento terra". Le emergenze igienico-sanitarie si susseguono fin dal dopoguerra. Nonostante l'epidemia di colera del 1973 la situazione rimane immutata fin verso la metà degli anni '90, quando sull'onda delle inchieste di tangentopoli, molte megadiscariche "legali", improvvisate, non a norma, vicine ai centri abitati ed alle aree agricole, stracolme di percolato e rifiuti tossici, vengono chiuse.
Nel 1993 si apre l'era del "commissariato straordinario di governo all'emergenza rifiuti", quale camera, non elettiva, di compensazione tra le vecchie e le nuovi lobby affaristico-mafiose dei rifiuti. A Napoli siamo all'inizio dell'"era d'oro" del rampante ex-operaista Antonio Bassolino che si presenta come "il sindaco di tutti i napoletani onesti".
Mentre "l'eroe del rinascimento partenopeo" teorizza la smobilitazione dell'industria statale e il potenziamento del terziario e del turismo, il governatore regionale fascista di AN Antonio Rastrelli diviene Commissario straordinario per l'emergenza rifiuti. Nel 1997 il gerarca, allievo di Almirante, sulla base di un progetto dell'Enea e per conto del ministro dell'Ambiente del 1° governo Prodi Edo Ronchi, ministro dell'Interno il napoletano dei DS Giorgio Napolitano, redige il nuovo "piano regionale per i rifiuti solidi urbani", che prevede la privatizzazione in blocco del ciclo di smaltimento degli Rsu. Un piano che porterà, grazie ai suoi successori, al dominio monopolistico dell'Impregilo della famiglia Romiti sul trasporto, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti di tutta la Campania. L'idea ufficiale della nuova "cupola" che si avvicenda nei palazzi di governo e nelle stanze del Commissariato, è quella di spremere energia, sporca, in tutti i sensi, dall'incenerimento delle eco balle, il cosiddetto Cdr, Combustibile derivato dai rifiuti. Alle imprese che si aggiudicano gli appalti infatti il governo garantisce il pagamento a peso d'oro di ogni tonnellata di immondizia bruciata e la possibilità di vendere l'energia ad un prezzo triplo di quello di mercato. Si tratta dei cosiddetti Cip 6, introdotti nel 1992 dal comitato interministeriale prezzi, quali incentivi, pagati dalla collettività con la bolletta dell'Enel (7%), alla produzione di energia proveniente da fonti pulite e rinnovabili. Tutti i governi che si succedono alla guida del Paese, dirottano questo denaro pubblico verso gli impianti che utilizzano le cosiddette fonti "assimiliate", ossia per l'appunto rifiuti, ma anche petrolio, carbone, etc.
Una grande truffa che dura da 15 anni ed è causa di un numero ancora non quantificato di disastri ambientali in tutta la penisola. Basta pensare all'inceneritore di Terni sequestrato di recente per "disastro ambientale".

Il ruolo di Bassolino: il contratto con la multinazionale Impregilo e la cronologia di un disastro annunciato
Il governatore democristiano Andrea Losco dell'Udeur, transitato nel frattempo nel "centro-sinistra", definisce i dettagli del piano criminale predisposto da Rastrelli e Ronchi, firma le disposizioni attuative, e predispone i criteri delle gare di appalto che i gip Paolo Sirleo e Giuseppe Noviello hanno definito nell'agosto 2007 "una truffa aggravata, continuata ed ancora in corso di esecuzione". Il committente istituzionale infatti non propone le zone dove costruire gli impianti che devono produrre il Cdr né le zone dove aprire i cantieri degli inceneritori, ma lascia la scelta alle aziende, col solo obbligo di costruirli in zona ASI (area sviluppo industriale, cioè la zona a cavallo fra le province di Napoli e Caserta in questo caso). Alle aziende private è anche delegato il compito di assicurare che, nell'attesa della realizzazione dei "termovalorizzatori", le eco balle prodotte vengano conferite in non meglio precisati "impianti esistenti", e il compito di "assicurare il servizio di ricezione dei rifiuti solidi urbani anche in caso di fermi degli impianti e per qualsiasi altra causa garantendone comunque lo smaltimento". Di fronte a questa vera e proprio delega in bianco delle istituzioni nei confronti dei privati persino la Commissione Europea, di solito molto accondiscendente nei confronti delle multinazionali, sarà costretta a denunciare l'Italia per la "incredibile" previsione di "non osservanza delle più elementari norme riguardanti la valutazione dell'impatto ambientale". Commissariato di governo e regione Campania se ne infischiano e procedono senza colpo ferire. Ci sono in ballo profitti stratosferici. Alla fine del 1998 i due appalti da 700 milioni di euro vengono aggiudicati con gara ad una associazione temporanea di imprese costituita dalla mandataria Fisia e dalla mandante Impregilo Spa, alle quali poi subentrano nel rapporto contrattuale, quelle affidatarie, la Fibe spa e la Fibe campania Spa. La vittoria è ottenuta grazie ad indici di affidabilità ritoccati ad arte, prezzi più bassi, tempi più brevi per concludere il ciclo (83 lire al kg in 300 giorni), macchinari più vecchi e scadenti rispetto ai concorrenti. Ma soprattutto, come ha ammesso il sub commissario Giulio Facchi, grazie all'assenza di un credibile piano di smaltimento. Bassolino nel frattempo vince le elezioni regionali con un programma nel quale dichiara di voler revocare il commissariamento straordinario e di essere contrario a qualsiasi inceneritore. Come i peggiori rinnegati e traditori, una volta raggiunta l'ambita poltrona prevale in lui la scelta della "continuità amministrativa", con il piano dei fascisti e dei democristiani. All'alba del 2000 il megalomane diessino è promosso nuovo commissario governativo per l'emergenza rifiuti, e vi rimarrà per ben 4 anni. Egli firma i provvedimenti decisivi che affidano al consorzio imprenditoriale capeggiato dall'Impregilo, controllato da Gemina e finanziato da una galassia di banche tedesche e svizzere, l'intero ciclo dei rifiuti. La Campania da quel momento in poi è legata mani e piedi all'andamento borsistico della multinazionale milanese, che punta anche all'appalto del Ponte sullo Stretto, e alle strategie del capitale finanziario, in particolare delle banche: tra cui Babbock Kommunal Gmbh, Deutsche babcock anlagen Gmbh, Evo Oberahusen Ag.
Una smania privatizzatrice, la sua, che aveva già messo in mostra da sindaco di Napoli con la vendita agli inglesi della Baa dell'aeroporto di Capodichino, il primo privatizzato in Italia, poi da governatore con la privatizzazione dei servizi idrici dei 4 Ato della Campania. Una volontà, quella di dare tutto in pasto ai privati che è paragonabile soltanto a quella del suo compare di partito Massimo D'Alema, che nei pochi mesi in cui è al governo riesce a privatizzare finanche l'Enel.
In sostanza il crimine politico principale di Bassolino è quello di avere firmato un provvedimento che non ha precedenza in Italia e nel mondo, un provvedimento che ha dato in pasto un servizio pubblico essenziale come la raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani per 6 milioni di campani ad una azienda ben nota per i disastri spaventosi, a volte indescrivibili, che ha combinato in Italia e nel mondo. Per questo non vi è ombra di dubbio sul fatto che Bassolino è pienamente responsabile dell'ecatombe ambientale e sanitaria in cui è precipitata la Campania. Per questo chiediamo che sia condannato in maniera esemplare, anche sul piano giudiziario. Se avesse un minimo di dignità politica dovrebbe dimettersi subito, comunque prima del processo.
Com'era prevedibile infatti le aziende dell'Impregilo, appena ricevono nelle mani il giocattolo cominciano a lucrare. Subito individuano come siti in cui costruire i Cdr le aree più inquinate dall'ecomafia, mentre per i termovalorizzatori scelgono i siti di Acerra, località Pantano, e Santa Maria la Fossa, due martoriati e super inquinati centri agricoli nelle province di Caserta e Napoli. Bassolino, originario di Afragola, tace ed acconsente. Com'era prevedibile, in assenza di provvedimenti per ridurre, differenziare e riciclare i rifiuti, con la chiusura dell'ultima discarica "legale" del capoluogo, quella di Tufino nel 2001, scoppia la prima grande emergenza con i rifiuti che si accumulano a tonnellate per le strade.
Per le masse popolari è l'inizio di un disastro senza fine. Per tutti gli attori che gravitano intorno a Bassolino e al commissariato di governo, è una manna dal cielo. L'"effetto collaterale" è infatti utilizzato per ungere all'infinito le ruote del mostruoso apparato di stampo golpista e filo-mafioso. Il cuore del nuovo "sistema" criminale di smaltimento, alternativo alle vecchie discariche sono i cosiddetti Cdr, stabilimenti-capannone tirati su alla meno peggio dove l'Impregilo trita rifiuti solidi urbani indifferenziati, rifiuti tossici, rifiuti speciali, rifiuti ospedalieri, e probabilmente anche scorie radioattive, che poi vengono impacchettati in eco balle e depositati in gigantesche discariche a cielo aperto, in attesa che tutto vada in fiamme nei costruendi inceneritori. Le discariche di eco balle adiacenti agli impianti diventano megadiscariche, non c'è bisogno neanche di scavare. La più grande è nel giuglianese, 4km quadrati. I Cdr che le producono, ovviamente illegali e non a norma, sfornano milioni di eco balle nel più tombale silenzio del commissariato di governo, dell'Arpac e dell'esercito di "esperti" chiamati alla corte di Bassolino, tra cui numerosissimi e strapagati baroni e presidi delle facoltà di Ingegneria e Architettura della Federico II. Si bloccano di continuo, perché non c'è più spazio o perché si scorge all'orizzonte la grande slot machine della Protezione civile, e scoppia l'emergenza che "ad arte" diviene perenne.
Quando i Cdr riprendono a impacchettare e i Consorzi di bacino a subappaltare il servizio di raccolta differenziata ad aziende private e ditte di pulizia controllate dalla camorra, la Campania soffoca sotto una cappa di immondizia e di veleni. Nessuno può più controllare come, dove e da chi vengono prelevati i rifiuti e dove vengono portati. I danni alla salute aumentano in maniera esponenziale perché ci sono territori come il giuglianese e il nolano già stracolmi di veleni dove i rifiuti "in eccesso" vengono dati quotidianamente alle fiamme per fare spazio a nuove discariche. L'agricoltura e l'allevamento, stritolati tra il vecchio e il nuovo sistema, sono in ginocchio, anche il turismo, il fiore all'occhiello del "rinascimento bassoliniano", è travolto. Bassolino intanto ama pavoneggiarsi tagliando nastri e imperversando sul Tg regionale. Quando ad Acerra esplodono le proteste e si costituisce un Comitato permanente contro l'inceneritore il rinnegato del comunismo commissiona lo studio del territorio per la valutazione di impatto ambientale alla Sogin guidata dal generale piduista Carlo Jean. Ebbene sì, alla stessa azienda a cui era stata affidata la gestione della magadiscarica di scorie nucleari a Scanzano Ionico che ha dato il via alla storica rivolta del popolo lucano! Ovviamente i campioni prelevati ad Acerra vengono inviati e analizzati a Genova, nei laboratori di proprietà della famiglia Romiti. Quando nell'agosto 2004 viene aperto il cantiere dell'inceneritore, l'emulo di Mussolini, Berlusconi, ordina di caricare selvaggiamente gli inermi manifestanti, tra cui donne, bambini e anziani, che con grande coraggio e lungimiranza si oppongono al mostro. Chiedono con forza alle forze politiche, ai sindacati e al sindaco della città, Espedito Marletta del PRC, di battersi per una valutazione di impatto ambientale e la bonifica del territorio martoriato. Vengono bollati da Bassolino come disoccupati dediti al teppismo e camorristi. I dirigenti della Cgil disertano la piazza, hanno troppi parenti che lavorano al servizio del boss. Il capogruppo regionale del partito di Marletta, Vito Nocera e i vertici nazionali da Giordano a Bertinotti, neanche ci pensano a mobilitare la base, hanno le poltrone al caldo in Regione, vanno a braccetto col governatore e assecondano ogni sua decisione, esattamente come fanno i Verdi e Legambiente.

Il Commissariato di governo: una cupola dedita al saccheggio di denaro pubblico
Visto quanto detto oggi, più che mai, c'è da chiedersi a cosa sono serviti 15 anni di commissariamento? Come testimonia il caso del più longevo dei subcommisari di governo, De Blasio, organico alla cosca dei Casalesi, sono serviti a creare una cupola, con stretti legami politici a livello locale e nazionale per controllare, insieme ai destini di un servizio essenziale, il grosso dei fondi pubblici che passano per la regione Campania.
In poco più di un decennio infatti oltre 13 miliardi di euro di denaro pubblico sono stati saccheggiati. I fondi nazionali, europei, regionali, comunali sono stati girati agli sciacalli delle imprese controllate dall'Impregilo, alla holding dei Casalesi e per creare un mastodontico apparato burocratico al servizio del più sfacciato clientelismo elettorale. Attualmente la dimensione complessiva del denaro pubblico sperperato è seconda soltanto a quella dilapidata nel dopo-terremoto e dalla Cassa del Mezzogiorno. Soltanto dal 2000 al 2007 oltre 2 miliardi di euro sono stati sottratti alla sanità, ai servizi sociali, alle politiche occupazionali, non per avviare un serio piano di raccolta differenziata e di bonifiche, ma per riempire le tasche dei grandi e piccoli pescecani capitalisti che orbitano intorno al grande affare dei rifiuti, compresa la lobby affaristica degli inceneritori, dei "consulenti" prezzolati del Commissariato. 921 mila euro sono stati spesi solo per gli incarichi di consulenza, più del doppio per una selva di progetti che non vedranno mai la finalizzazione, i burocrati della struttura nel 2003 hanno toccato quota 164. I servizi sono peggiorati ancora, come del resto le condizioni di lavoro e i diritti dei lavoratori del settore. Il servizio di raccolta dei rifiuti, grazie ai subappalti della Fibe, dell'Asia, dei Consorzi, sono restati saldamente sotto il controllo ricattatorio dei clan che controllano il territorio. L'organizzazione è diventata trasversale ai due poli, come dimostra il coinvolgimento con l'accusa di "concorso esterno in associazione mafiosa" per l'ex ministro di AN Mario Landolfi, che avrebbe fatto parte della cosca camorristica legata ai Casalesi che gestiva le aziende di trasporto dei rifiuti, il comune di Mondragone, gli appalti del consorzio di bacino di Caserta.
Come avvenne per il dopo-terremoto, e poi per la ricostruzione dei paesi alluvionati, nelle stanze del Commissariato si sono concentrati gli interessi della borghesia mafiosa, che ha un solo interesse, saccheggiare il denaro pubblico. Più c'è emergenza e più c'è denaro da intascare, un concetto che la triade commissariato-camorra-Impregilo conosceva molto bene e da anni. Grazie al Commissariato all'emergenza ed ai larghi poteri di deroga di cui dispone, possono essere aggirate, o meglio azzerate, tutte le norme a tutela dell'ambiente, del suolo e della salute, senza passare per le aule consiliari. Grazie al Commissariato non c'è obbligo di tenere un rendiconto preciso delle entrate e delle uscite ed è facilissimo far scomparire grandi somme denaro in mille rivoli. Grazie al Commissariato la multinazionale milanese e i clan dell'ecomafia hanno potuto fare il bello e il cattivo tempo, riprendere a sversare ovunque, scavando sottoterra, utilizzando come discariche i campi coltivati, i fiumi, i laghi, il mare e conquistare nuovi spazi quando il territorio disponibile è stato saturato. Grazie ai diktat e ai manganelli del Commissariato sono stati aperti siti di stoccaggio molto poco provvisori, come quelli giganteschi per le eco balle, come quello allestito di recente nell'ex-manifattura tabacchi di Gianturco o quello delle cave di Chiaiano a ridosso della zona ospedaliera, nuove mega-discariche non a norma, come quella di Macchia Soprana, nel comune di Serre a ridosso del parco nazionale del Cilento e del fiume Sele, come quella di Terzigno nel Parco nazionale del Vesuvio, come quella di Savignano Irpino al confine con la Basilicata, come quella di Villaricca, Sette Cainati e Lo Uttaro nella "terra dei fuochi", come quella di Acerra e Marigliano, nell'epicentro del "triangolo della morte".

Il sabotaggio della raccolta differenziata
Insieme alla privatizzazione dei servizi e agli incentivi per l'incenerimento, tra le cause dell'immane tragedia della Campania va menzionata la strategia per sabotare la raccolta differenziata. I dipendenti pubblici addetti al riciclaggio, in larga parte Lsu ed ex Lsu, vengono intimiditi: notte tempo vengono bucate le ruote e azzerata la manutenzione degli automezzi o addirittura a centinaia vengono fatti sparire e rivenduti. Nessuno sporge denuncia. La raccolta differenziata a Napoli non deve sfangare dal 6%, la percentuale più bassa di tutta la Campania (in media di poco superiore al 10%). L'Impregilo sabota attivamente la raccolta differenziata per lucrare sugli ingenti finanziamenti pubblici, nazionali e europei, gestiti dal Commissariato, per mantenere la gestione delle discariche, dei Cdr e gli appalti per i mostri-inceneritori. Il sabotaggio ha un duplice significato. I camion di rifiuti e di veleni devono rimanere in mano alla camorra, le eco balle di rifiuto indifferenziato devono moltiplicarsi. Ogni multinazionale dei rifiuti sa bene che una raccolta differenziata ben fatta può bloccare gli ingranaggi del sistema, esattamente come la diffusione di massa dell'energia elettrica prodotta dal sole e dal vento. Per salvare la faccia anche il superprefetto dai pieni poteri Gianni De Gennaro parla del potenziamento della raccolta differenziata. Ma tutti coloro che intendono continuare a lucrare sull'emergenza rifiuti hanno capito che incenerimento e raccolta differenziata fanno a cazzotti. Dal momento che: più l'immondizia è differenziata e minore è la quantità di rifiuti da bruciare, minore è il profitto derivante dai cosiddetti Cip6, minore è il potere calorifico per tonnellata, minore i Kw/h prodotti e rivenduti a prezzo maggiorato. Per questo il ministro Ronchi, nel decreto quadro che porta il suo nome, ne fissò il limite a quota 35%. In Campania si è ben lontani anche da quella risibile percentuale. Più l'immondizia è indifferenziata più c'è bisogno di riaprire grandi e piccole discariche, legali e illegali, per smaltire quelle micidiali bombe ecologiche che saranno i fanghi di scarto dell'incenerimento, utili soltanto a far rientrare dalle finestre le grandi e piccole cosche locali che tengono in piedi l'intero sistema. Non deve stupire allora se il Commissariato di governo abbia pianificato scientificamente il sabotaggio della raccolta differenziata, più che in ogni altra Regione d'Italia, finendo per favorire sia l'ecomafia che la multinazionale dei rifiuti.
A scompaginare le carte ci hanno pensato i gabbiani che a centinaia si affollano sulle piramidi di eco balle, destando il sospetto della popolazione. Le eco balle dell'Impregilo, come hanno poi certificato decine di inchieste della magistratura, sono altamente tossiche perché contengono rifiuti messi tutti insieme senza criterio e avvolti in un involucro di plastica; in pratica sono mondezza tal quale, con alti tassi di umidità, che, a norma di legge, non può essere bruciata nel mega-inceneritore di Acerra. A quel punto, siamo alla fine del 2005, le banche che finanziano l'Impregilo, fiutando il rischio di una raffica di procedimenti civili e penali, sospendono i finanziamenti e a ruota anche il contratto tra Commissariato di governo, regione Campania e Impregilo viene rescisso. L'Impregilo però continua a gestire il cantiere di Acerra. Senza aver bruciato ancora un solo kg di rifiuto, ha già raggranellato un bel gruzzoletto: 83 lire al kg di rifiuto trattato per circa 7mila tonnellate al giorno, per quasi dieci anni, fa quasi un miliardo di euro. Di recente è riuscita anche a ristrutturare l'assetto societario con l'uscita di gemina, la nomina di un Commissario, l'ex prefetto ed ex candidato sindaco per il "centro-sinistra" a Milano, Bruno Ferrante, e l'entrata nel Cda di nuovi soci industriali e finanziari del calibro di Ligresti, Gavio e Benetton, raggruppati in Icla Spa.
Per quanto riguarda l'ecomafia, seguendo la definizione più stretta del termine, come evidenziava la relazione del procuratore generale presso la Corte di appello Vincenzo Gargano all'inaugurazione dell'anno giudiziario 2003: "Le indagini hanno evidenziato come l'emergenza rifiuti avrebbe spinto talune amministrazioni ad affidare i servizi di smaltimento dei rifiuti senza regolari gare. Da tale situazione hanno tratto beneficio personaggi vicini ad organizzazioni criminali di tipo camorristico".

L'inchiesta sui misfatti di Bassolino e dell'Impregilo
Solo di recente la magistratura è riuscita a mettere il naso negli impianti di Cdr, dichiarandoli totalmente fuorilegge, nel cantiere dell'inceneritore di Acerra, rilevando ben "77 prescrizioni di inadeguatezza", nelle stanze del commissariato straordinario, aprendo numerose inchieste sull'operato criminale dei commissari e sub commissari che si sono avvicendati al comando, a cominciare da coloro che portano sulle spalle la responsabilità più grande, Antonio Bassolino e i vertici dell'Impregilo.
Secondo i pm Sirleo e Noviello, Bassolino deve essere processato per truffa ai danni dello Stato, frode in forniture pubbliche, abuso d'ufficio, violazione delle normative ambientali, interruzione di pubblico servizio e altri gravi reati. Sono in tutto 7 i capi d'accusa per i quali il 1° agosto scorso la procura di Napoli ha chiesto il rinvio a giudizio, approvato poi il 29 febbraio, per lui ed altri 28 imputati, tra cui Pier Giorgio Romiti, figlio di Cesare, amministratore delegato della Impregilo Spa e membro del comitato esecutivo della società, il fratello Paolo, direttore commerciale della controllata Fisia Italimpianti spa e dirigente Impregilo, Angelo Pelliccia, direttore generale delle controllate Fibe spa e Fibe Campania, Vincenzo Urcioli e Antonio Pompili, rispettivamente presidente del cda e responsabile gestione impianti di tali aziende, i capo impianti dei Cdr di Caivano, Giugliano, Tufino, Santa Maria Capua Vetere, Pianodardine, Casalduni, Battipaglia, Umberto Pisapia, ingegnere capo dei lavori per gli impianti di Cdr in province diverse da Napoli. L'Impregilo è stata interdetta, purtroppo per un solo anno, dall'intrattenere rapporti con la pubblica amministrazione e le sono stati sequestrati 750 milioni di euro.
Per le responsabilità istituzionali il rinvio a giudizio è stato disposto oltre che per il governatore Antonio Bassolino, commissario di governo per l'emergenza rifiuti della Campania fino al febbraio 2004, per Raffaele Vanoli, vicecommissario nominato nel 1999, Giulio Facchi, subcommissario, Salvatore Acampora, coordinatore della segreteria del vicecommissario, Giuseppe Sorace e Claudio De Basio, funzionari del commissariato, per i tecnici Bruno Magavero, Sergio Asprone, Roberto Gambato, Maurizio Avallone, dell'area emergenze ambientali dell'Arpac (Agenzia regionale per la protezione ambientale). I pm parlano di un "progetto criminoso architettato per costituire una apparente tranquillità, anche mediante silenzio, non manifestando l'inidoneità tecnica degli impianti e la disorganizzazione gestionale di un corretto e regolare adempimento del servizio". In veste di Commissario straordinario di governo, Bassolino "non impediva, realizzava e consentiva la perpetua violazione degli obblighi contrattuali assunti dalla Ati affidataria in relazione alla gestione del ciclo dei rifiuti solidi urbani in Campania a valle della raccolta degli stessi". Commissariato, Arpac ed assessorato regionale all'ambiente diretto da Luigi Nocera insomma chiudevano tutte e due gli occhi sulle lampanti violazioni delle più elementari norme di sicurezza e di tutela della salute e dell'ambiente nei 7 impianti di Cdr campani. Non solo, tramite una lunga serie di "artifizi e raggiri", come ad esempio "un'attività di prelievo e campionamento" assolutamente "non rappresentativa del reale processo di lavorazione", "rappresentavano falsamente la produzione di compost e Cdr (combustibile derivato dai rifiuti) conforme ai contratti stipulati con le aziende vincitrici della gara".
Non è quindi la storia di un Bassolino "inerte" di fronte alle cronache della tragedia ma ignaro di tutto, come vuol fare credere: "Ribadisco di non aver mai letto il contratto da me firmato. Firmavo le ordinanze, ma non leggevo le carte", ma quella di un premeditato progetto criminoso ideato e praticato a favore della giungla di consulenti da lui nominati e della famiglia Romiti.
Le eclatanti "omissioni di controllo e di iniziative dei commissari e dei sub commissari", avrebbero così prodotto: 1) "ingiusti profitti alle società coinvolte" (oltre 1 miliardo di euro a fondo perduto), che sarebbero state persino dispensate economicamente, con il trucco dello stoccaggio in loco, da un corretto conferimento in siti idonei delle eco balle"; 2) infiniti "rallentamenti e interruzioni del servizio di ricezione dei rifiuti da parte degli impianti di Cdr con il conseguente accumulo degli stessi in strada, o presso i siti di stoccaggio"; 3) quell'emergenza infinita che, come un pozzo senza fondo "costringeva" il governo a stanziare nuovi fondi da girare nelle fauci delle voraci cosche dell'ecomafia, ovviamente alleate della multinazionale milanese.
Tutta da verificare è invece l'ipotesi prospettata dai magistrati che siano stati "raggirati il ministro dell'Interno, la Presidenza del Consiglio, e il Dipartimento della Protezione civile". Se è vero infatti che l'omertoso Bassolino inviava relazioni contraffatte della situazione e ancora nell'aprile 2004, dinanzi alla commissione ambiente del Senato magnificava la gestione rifiuti in Campania come "un modello di sviluppo tecnologico", è vero anche che è quantomeno improbabile che i ministri e i rappresentanti dei governi che si sono succeduti dal 1994 fossero ignari di ciò che accadeva in Campania. Tanto più che le più alte cariche dello Stato, compreso l'attuale presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, erano membri del 1° governo Prodi quando veniva redatto il piano criminale del fascista Rastrelli.
Quando Bassolino lascia la carica a Corrado Catenacci, nominato dal ministro dell'ambiente Matteoli e dal neoduce Berlusconi, la musica non cambia. Resta in carica fino al 2006 quando viene indagato dal pm Antonio Clemente della procura di Benevento per "disastro ambientale, inquinamento atmosferico e del suolo, sversamento reiterato di rifiuti pericolosi". Insieme a Michele Greco, Claudio De Biaso, Ciro Turiello, attuale manager dell'Asia Spa, e Rocco Votta "quali pubblici ufficiali del Commissariato di Governo, indebitamente rifiutava ed ometteva atti del suo ufficio che per ragioni di igiene e sanità dovevano essere compiuti senza ritardo... cagionando un disastro ambientale e determinando un inquinamento atmosferico con la presenza di cloruro di vinile di monomero, sostanza cancerogena cui erano esposti anche i lavoratori nella discarica, inquinamento del suolo e del sottosuolo con lo sversamento reiterato di rifiuti pericolosi (tra cui rifiuti contenenti oli minerali superiori ai parametri) e non pericolosi, determinando, altresì, la creazione di ingenti quantità di percolato che fuoriuscivano dai settori impermeabilizzati per infiltrarsi nei terreni e nelle acque circostanti".

Processare Bassolino, sequestrare beni e capitali dell'Impregilo
Basta e avanza per configurare il reato di disastro sanitario e ambientale doloso e colposo per la Campania, diventata un'immensa Seveso. Noi auspichiamo che le inchieste della magistratura vadano fino in fondo e accertino tutti i livelli di responsabilità, giungendo a condanne esemplari, anche in termini di risarcimento danni da destinare alla rimozione delle 7 milioni di tonnellate di eco balle, alle bonifiche e alle assunzioni stabili nella differenziata. Intanto invitiamo il capo della procura, Giandomenico Lepore, ad aprire subito un fascicolo sul potenziale inquinamento dell'impianto di Acerra, ormai quasi completato e che potrebbe entrare in funzione già alla fine dell'anno, nonché su tutte le discariche riaperte con la raffica di ordinanze del governo Prodi.
Il guaio però è che nonostante i gravi crimini commessi e che sia stato rinviato a giudizio, Antonio Bassolino continua a comportarsi come fosse il padrone assoluto della Campania, non si dimette e calpesta impunemente la volontà popolare fino al punto di insistere nell'accusare i manifestanti e i comitati di lotta della tragedia campana. Fino al punto da affermare presso i giornalisti compiacenti che "non c'è nemmeno un serio indizio contro di me". Fino alla protervia e alla tracotanza, proprie soltanto dei fascisti e dei boss democristiani alla Gava e Pomicino, con cui, insieme ai suoi fidi assessori Andrea Cozzolino e Luigi Nocera, è corso ad incontrare il direttore generale di Confindustria campana per concordare con lui "la costruzione di un nuovo ciclo industriale dei rifiuti in cui componenti pubbliche e private operano nel modo più efficiente": una versione riverniciata di quel "piano industriale" di incenerimento da lui promosso, sul modello bresciano, che per le popolazioni della Campania, vuol dire solo passare dalla padella nella brace!
Egli pensa di avere ancora qualche briciola di credibilità tra le masse popolari? Alle quali però non è certo sfuggito il modo in cui ha avallato tutte le illegali e antipopolari ordinanze dei commissari che hanno preso il suo posto, prima il prefetto Catenacci, poi il capo della Protezione civile Guido Bertolaso, poi ancora il prefetto Alessandro Pansa infine il superpoliziotto Gianni De Gennaro.
La magistratura deve procedere spedita nel processo perché il feudo clientelare di Bassolino, sapientemente costruito negli anni, regge ancora: tramite le coperture a destra e a "sinistra", la cooptazione di stampo corporativista dei sindacalisti, soprattutto della Cgil, la moltiplicazione delle commissioni consiliari per ingraziarsi l'"opposizione", le nomine da manuale Cencelli al vertice delle aziende sanitarie, ospedaliere e miste, come la Soresa, i progetti e le consulenze milionarie ad hoc per il baronato accademico. Perché le dimissioni non sono arrivate, nemmeno il rinvio a giudizio con ben 7 capi di imputazione.
Egli è rimasto abbarbicato letteralmente alla poltrona di governatore anche quando, nel dicembre 2007, sono stati indagati due fidi assessori della sua giunta, all'Ambiente e al Personale, rispettivamente Luigi Nocera e Andrea Abbamonte, entrambi della cosca dell'Udeur di Mastella e consorte. Perché pensa di rimanere al potere fino alla fine del mandato con la mossa, del febbraio 2008, di nominare assessore all'ambiente Walter Ganapini, presidente nazionale di Greenpeace, proprio l'associazione ambientalista che ha realizzato uno degli studi più dettagliati su "incenerimento e salute umana". Chi si assomiglia si piglia dice un vecchio proverbio, perché la prima dichiarazione del voltagabbana dell'ambientalismo è stata in linea con quelle dell'imbroglione Bassolino e dei suoi degni compari Ermete Realacci (PD, presidente di Legambiente), Pecoraro Scanio (leader dei Verdi e ministro dell'Ambiente), Tommaso Sodano (PRC, presidente della commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti): "Basta proteste. Si aprano gli inceneritori".
Sappiamo bene che Bassolino potrà anche scampare all'arresto, visto che il processo nei suoi confronti deve fare i conti con le spaventose carenze di organico e mezzi della procura di Napoli e incombe già la prescrizione, egli però non può scampare al giudizio delle masse popolari campane che lo hanno già condannato insieme a tutti i suoi lacché: scendendo in piazza, stracciando le sue foto o appiccicandole sui sacchetti dell'immondizia, innalzando le barricate, consegnando e bruciando in massa le tessere elettorali.

Una lapidazione della popolazione da agenti cancerogeni e mutageni
L'oncologo Marfella che collabora con i comitati in difesa della salute e dell'ambiente ha decritto efficacemente la situazione come una "lapidazione della popolazione", talmente tanti sarebbero gli agenti cancerogeni e le sostanze inquinanti che "è diventato impossibile rintracciare un singolo nesso di causalità". Del resto, ridotto all'osso il personale dei servizi di prevenzione e protezione collettiva e quello dell'ispettorato del lavoro, comprati con stipendi da nababbo, privilegi, benefit e consulenze dorate, tecnici e burocrati delle strutture predisposte alle valutazioni di impatto ambientale e sanitario, in Campania le patologie acute e croniche non vengono registrate, i dati dei registri tumori non esistono o rimangono nascosti, così come mancano studi sistematici sull'aumento dell'incidenza di malattie respiratorie croniche, autoimmuni, allergiche, raccolti e segnalati solo dai medici di base e da qualche coraggioso tecnico delle Asl tra i lavoratori del settore rifiuti, come tra la popolazione che abita in prossimità di discariche o dei Cdr.
Solo nel 2005 uno studio epidemiologico pubblicato su Lancet ha lanciato l'allarme che un'epidemia di tumori e malformazioni è in atto nell'area giuglianese e nolana, nell'hinterland tra Napoli e Caserta. E' quello che gridano da decenni gli abitanti di Acerra: "qui ogni famiglia ha avuto almeno un morto di tumore". Finalmente nel 2007 è arrivata anche la certificazione dell'Oms secondo la quale la cittadina operaia dove le istituzioni vogliono costruire l'inceneritore ha avuto il più alto tasso d'incremento di tumori d'Europa. Lo studio approfondito ha permesso anche di accertare che la popolazione che risiede nel raggio di 1 km dalle discariche ha una probabilità altissima di ammalarsi di cancro e di generare figli malformati. Terribile ma vero.
Ancora più terribili, anzi orribili, sono le parole del ministro della Salute Livia Turco e del suo scagnozzo a capo dell'Istituto superiore di sanità, Donato Greco, che in qualità di subcommissario per l'area di tutela della salute pubblica del Commissariato per l'emergenza rifiuti, continua a prendere in giro la popolazione.
Affiancato dai rappresentanti della regione, dell'Istituto zooprofilattico di Teramo e di Napoli, dei Servizi igiene-alimenti-nutrizione delle Asl campane, dell'Agenzia regionale sanitaria e di quella per la protezione dell'ambiente, tutti quegli organismi insomma che non hanno mosso un dito in questi 15 anni di emergenza, Greco afferma senza pudore che "si può stare tranquilli. Non c'è nessun rischio".
"Nessun rischio nei cibi di origine animale nei prodotti ortofrutticoli campani, nemmeno quello di diossina. Perché è certa la sicurezza delle carni, delle uova e degli altri alimenti di origine animale" perché "le positivita' alla diossina riscontrate in latte e derivati e carni sono state limitate ad aree geografiche puntiformi a Nord di Napoli, già individuate e sottoposte a provvedimenti di natura sanitaria". I risultati positivi sarebbero legati secondo il sedicente epidemiologo "all'abitudine di bruciare rifiuti agricoli o comunque speciali" all'interno delle aziende o nelle aree di pascolo, "mentre i roghi di rifiuti domestici non riescono a produrre quantità di diossina sufficiente a una contaminazione ambientale rilevabile, come confermato da specifiche analisi". La diossina nelle piante, aggiunge, "non può essere concentrata" e questo deve tranquillizzare i consumatori rispetto ai prodotti ortofrutticoli. "Quanto agli animali malformati, dai dati dei servizi veterinari delle Asl emerge un solo caso e i prodotti di quell'allevamento non sono mai entrati nel ciclo commerciale". La conclusione - scrive in una nota - è che "al consumatore non è arrivato prodotto contaminato da diossina". Non occorre dimostrare che a tutte queste certezze noi ne aggiungiamo soltanto un'altra, quella di trovarci non di fronte ad uno scienziato ma ad un volgare bandito. Lo dimostra anche il suo ruolo di sponsor per campagne vaccinali inutili e dannose come quella per il cancro della cervice uterina.

Gli sciacalli dell'incenerimento
Gli interessi sui rifiuti indifferenziati campani si sono ingigantiti a tal punto che una mega-cupola si è affacciata sulla scena per prendere le redini della situazione. Si tratta proprio delle grandi società miste multi-utilities che vogliono mettere le mani su tutti servizi essenziali, come l'acqua, l'energia, lo smaltimento dei rifiuti, privatizzati o in via di privatizzazione grazie a norme europee, come la direttiva Bolkestein e quella che apre al selvaggio mercato delle quote di CO2 per aggirare il protocollo di Kyoto, a norme nazionali, come la legge Galli, il decreto Ronchi e la legge Lanzillotta, fino ai piani regionali che aumentano le imposte per procedere alla privatizzazione dei servizi pubblici essenziali. La megalopoli napoletana, con la sua densità abitativa e le 7 milioni di eco balle parcheggiate a cielo aperto, è diventata un boccone molto appetitoso, tale da scatenare una guerra all'arma bianca tra le grandi multinazionali dell'incenerimento italiane ed europee. Nessuno ha ancora calcolato quanta parte del bilancio regionale è stato fagogitato dai padroni degli inceneritori tedeschi durante le emergenze ripetute senza soluzione di continuità dal 2001 al 2007. Ecco perché i padroni degli inceneritori da Ginevra a Berlino fino a Brescia sono disponibili a ricevere le eco balle campane. Nel "termovalorizzatore" di Bremerhaven, vicino Berna, di proprietà della multinazionale Remondis e un fatturato annuo di 2,3 miliardi di euro, finiscono ogni giorno, grazie ad un accordo con la società Ecolog delle Ferrovie dello Stato, circa 1.000 tonnellate di rifiuti campani. II portavoce Michael Schneider spiega: "non possiamo rivelare i dettagli ma posso confermare che ci occupiamo di incenerire i rifiuti campani dal 2001". Secondo il settimanale tedesco "Der Spiegel", il trasporto della spazzatura campana in Germania costa ogni giorno allo Stato italiano circa 200mila euro. Un manager di Ecolog ha rivelato al sito del giornale, sotto anonimato, che ogni giorno sono coinvolti due treni nel trasporto dell'immondizia verso la Germania. Ciò corrisponde a circa mille tonnellate di rifiuti, circa un settimo delle 7.200 tonnellate che la Campania produce quotidianamente. Lo smaltimento, spiega la fonte, "costa tra 170 e 200 euro a tonnellata, trasporto incluso. In tutto, 200mila euro circa al giorno". All'inizio i treni provenienti dal Golfo di Napoli viaggiavano verso Dusseldorf e Hameln (in Bassa Sassonia), oggi proseguono oltre e si dirigono o verso la costa del Mare del Nord, o verso la Sassonia (est), scrive lo Spiegel. I rifiuti (non differenziati) vengono eliminati in parte nell'inceneritore di Bremerhaven (nord). Un'altra parte finisce alle porte di Lipsia (Sassonia), dove sorge il più grande impianto di trattamento meccanico-biologico dei rifiuti in Germania. In media, scrive lo Spiegel, "qui arriva un treno al giorno. I carichi provenienti da Napoli aiutano a sfruttare al massimo l'enorme impianto, ricorda il giornale e l'affare va avanti da sette anni".
Anche in Italia i pescecani capitalisti amano gli inceneritori e guardano con l'acquolina in bocca la situazione campana. E le ragioni sono più numerose che altrove. Innanzitutto ci sono i contributi in bolletta per la costruzione dell'impianto, fino al 30% in base alla legge 308/82, poi c'è un mare di soldi pubblici che passano per le casse regionali e i "commissariati straordinari all'emergenza rifiuti", come i fondi per la produzione di Cdr, circa 50 euro a tonnellata. E tanti altri rivoli di denaro pubblico visto che non solo in Campania, ma in tutte le altre Regioni del Meridione il settore è privatizzato e il potere politico commissariato. Ci sono poi soldi della tassa regionale sullo smaltimento dei rifiuti (Tarsu), a Napoli ad esempio, raccolta differenziata 0, è la più alta d'Italia. Ci sono poi i famigerati Cip6, gli incentivi statali da 55 euro per ogni tonnellata di rifiuto che va in fumo. In Campania il calcolo è presto fatto: 55 x 7 milioni = 385 milioni di euro. A cui vanno aggiunte, a regime, almeno 5 mila tonnellate di Rsu al giorno: 55 x 5 mila = 275 mila euro/die, oltre 36 miliardi di euro all'anno. Più ancora il prezzo medio dell'energia venduta alla rete elettrica moltiplicato per tre. In un'intercettazione telefonica Corrado Catenacci e Guido Bertolaso quantificavano l'affare Campania precisando "il loro progetto finanziario è di oltre 2000 miliardi di vecchie lire ed ogni anno questa cifra aumenta di 800 mila balle quindi di 400 miliardi di vecchie lire". Non c'è da stupirsi se dura da 15 anni l'emergenza in Campania!
E si tratta solo del profitto a norma di legge, perché il conto corrente bancario del padrone di un inceneritore può facilmente diventare il terminale dei profitti del traffico di rifiuti tossici industriali, di quelli ospedalieri, di quelli radioattivi e persino delle scorie nucleari, può entrare a far parte del ciclo dell'asfalto, del cemento, del ciclo della depurazione delle acque, etc. Come stupirsi allora dell'interesse per la gara d'appalto del maga-mostro-inceneritore di Acerra di una multinazionale multi-utilities come Veolia che in molte parti del mondo ha già il monopolio regionale di beni e servizi essenziali come l'acqua, il gas, l'energia elettrica e lo smaltimento rifiuti?

Gli ultimi diktat del governo e le manganellate del golpista De Gennaro
Come al solito sono le leggi del governo e le ordinanze del Commissariato ad alimentare la devastazione ambientale e sanitaria dettata dalla sfrenata sete di profitto dei grandi pescecani capitalisti e dei connessi clan camorristici. Il governo Prodi infatti esattamente come il governo Berlusconi ha continuato imperterrito a considerare l'incenerimento dei rifiuti la soluzione finale alla crisi dei rifiuti ed un investimento energetico, una linea truffaldina e criminale che non tiene conto degli studi sull'argomento né del fatto che così facendo, l'industria, anche quella non alleata con la mafia comunque denominata, non comincerà neanche a pensare alla progettazione e alla produzione di beni di consumo che non siano usa e getta e che non contengano sostanze chimiche tossiche e cancerogene.
Dal giugno 2007 al febbraio 2008 il presidente del consiglio dei ministri, Romano Prodi, ha emesso una raffica di ordinanze di stampo fascista e golpista (3653, 3644, 3641, 3639, 3637). Sulla base delle quali dopo 2 settimane dall'insediamento il supercommissario Gianni De Gennaro, già responsabile nel 2001 delle mattanze di Napoli e di Genova per conto rispettivamente dei governi Amato e Berlusconi, ha steso il seguente piano, che sta attuando a colpi di manganello, in deroga ad ogni norma di difesa ambientale e sanitaria e di tutela del suolo. Riaprire 5 vecchie discariche: Cava Riconta a Villaricca (Napoli), Difesa Grande (Avellino), Parapoti (Salerno), Tre Ponti di Montesarchio (Benevento) e solo in parte Pianura (dove sembra ormai deciso il sequestro probatorio dell'invaso della vecchia discarica, ma l'invio di migliaia di balle di rifiuti nel cratere "nuovo", mai utilizzato). Allestire ed aprire 4 nuove discariche: Terzigno (Napoli; nel parco del Vesuvio, area per la quale la presidenza del Consiglio ha dovuto firmare pochi giorni fa una deroga speciale in base alla quale poter scaricare non solo frazione organica, ma anche rifiuti dalla strada), Savignano Irpino (Avellino), Sant'Arcangelo Trimonte (Benevento) e Macchia Soprana presso Serre (Salerno); Macchia Soprana è già attiva ma si prevede un ampliamento della sua capacità di accoglienza. Attivare 11 siti di stoccaggio provvisori: i capannoni della Manifattura Tabacchi a Gianturco (un sito su cui si consuma ancora il braccio di ferro con la popolazione della zona e dei comuni limitrofi); la Icm, rione Ponticelli; la Italimpianti di Acerra; l'area di Pomigliano Ambiente, comune di Pomigliano; lo stabilimento Saint Gobain, Caserta; la Geo-Eco di San Tammaro, casertano; l'impianto di compostaggio di Aversa; l'area Asi di Giugliano e il sito Campo Genova a Giugliano; il sito di Ercolano nell'ambito del Parco del Vesuvio e un nuovo sito nell'avellinese e le cave di Chiaiano, nell'area nord, l'ultimo polmone verde della città di Napoli. Fino ad ora De Gennaro ha rinunciato solo alla discarica di Villaricca per timore, in seguito alle denunce della popolazione, di finire indagato come i suoi predecessori. Le sue scelte sono inaccettabili, sembrano quasi punitive nei confronti dei comuni che hanno raggiunto alti livelli di raccolta differenziata o hanno optato per centrali fotovoltaiche pulite che sfruttano l'energia del vento e del sole, come ad esempio il comune di Serre ed altri comuni del Cilento.
Forte dei pieni poteri attribuitigli dal governo Prodi e del pieno consenso del neoduce Berlusconi, di Veltroni, di Napolitano e persino del leader della Sinistra arcobaleno Fausto Bertinotti, oltre che dell'aiuto dei generali dell'esercito, il superprefetto De Gennaro è sceso a Napoli non solo per "trovare un buco dove mettere un milione di tonnellate di rifiuti" come ha dichiarato - ma anche per disincagliare il progetto "strategico" a beneficio della multinazionale che uscirà vincente dalla guerra che si sta combattendo all'ombra del "bando di gara" (o dell'"affidamento diretto") dei Cdr e del mega-inceneritore di Acerra. A quel punto essa avrà in mano per altri 20 anni un favoloso strumento di profitto, una formidabile arma di ricatto sulle istituzioni e sull'intera popolazione campana: il potere nevralgico di controllo dello sterminato mercato dei rifiuti che avviene tra le regioni italiane e tra queste e le altre nazioni europee e del Mediterraneo. In un'Italia peraltro sempre più frammentata in 20 staterelli dalla devoluzione federalista. Un potere ben più grande di quello che è stato concesso fin qui alla criminale famiglia Romiti.

Accerchiamo il mostro e colpiamolo nei punti nevralgici
Non sappiamo se il diabolico progetto "industriale" della destra e della "sinistra" del regime neofascista sarà realizzato nel giro di pochi mesi o di qualche anno, dipenderà anche dalle rivolte contro la riapertura delle megadiscariche e degli inceneritori che infiammano la Campania e dall'esito della guerra tra le bande partitiche parlamentari che si sta per scatenare intorno alla gestione dei nuovi fondi per l'emergenza rifiuti stanziati dal governo e del grande boccone dei finanziamenti europei per le infrastrutture idriche e le bonifiche. Certo è che questo modello di smaltimento, se non interverranno le masse popolari con una mobilitazione generale guidata da una piattaforma unica, coordinata, condivisa e che faccia propria l'arma politica e tattica dell'astensionismo elettorale, non potrà che precipitare il nostro martoriato popolo dalla padella nella brace, una enorme brace alla diossina!
I Comitati per la difesa della salute e dell'ambiente che sono nati in tutta la Regione stanno lottando eroicamente non solo per liberare subito le strade e prevenire il disastro igienico-sanitario con il caldo alle porte, ma anche per affossare il nuovo ciclo di profitto derivante dai rifiuti che è in contraddizione, almeno quanto il vecchio, con la riduzione, la raccolta differenziata, il riciclaggio. Nessun territorio, sia pur asfissiato dai rifiuti e dai veleni, si è lasciato ingannare e ricattare dalla propaganda per aprire subito gli inceneritori. La popolazione di Acerra, di Santa Maria la Fossa, di Salerno, non vuole gli inceneritori, nonostante sia accerchiata dalla crociata mediatica imbastita dalle istituzioni borghesi per aizzarle contro le altre popolazioni sommerse dai rifiuti. In una delle ultime grandi manifestazioni a Napoli hanno sfilato gli uni accanto agli altri gli abitanti di Pianura, di Giugliano e di Acerra. Con lo stesso spirito che animò il sacrificio dell'eroico giovane di Basso Dell'Olmo, Carmine Iuorio, i manifestanti stanno mettendo a fuoco alcune battaglie strategiche per la difesa della salute e dell'ambiente, che noi auspichiamo si colleghino a quelle altrettanto strategiche contro le mafie e per il lavoro, lo sviluppo e l'industrializzazione pubblica del Mezzogiorno.
La prima grande battaglia consiste nell'ottenere l'abrogazione del piano regionale e dei decreti del governo Prodi, perché non entrino in funzione le magadiscariche illegali e le mostruose ciminiere degli inceneritori di Acerra, S. M. la Fossa e Salerno. In questo senso bisogna bloccare ed annullare i bandi di gara e spazzare via per sempre, a tutti i livelli, i privati e la camorra dal sistema di smaltimento dei rifiuti, vietando ogni sorta di subappalto. Inoltre bisogna rivendicare che vengano assunti nel settore pubblico della riduzione, la raccolta differenziata porta a porta, le isole ecologiche e il riciclaggio dei rifiuti solidi urbani almeno 50mila lavoratori con procedure limpide, non clientelari ed elettorali e di almeno altrettanti nel settore della bonifica di tutti i territori inquinati, compresi i siti di eco balle. Questi lavoratori devono inderogabilmente essere assunti con contratto di lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato. Questo piano, di cui deve far parte integrante la lotta per le dimissioni di Bassolino e per l'abrogazione del Commissariato all'emergenza rifiuti, va coadiuvato da una capillare campagna di informazione nelle scuole, sui mass-media e nei quartieri.
La seconda grande battaglia consiste nel dare sostegno alla magistratura affinché vengano comminate le pene di disastro ambientale ed epidemia dolosa e colposa e associazione mafiosa non solo a tutti coloro che sono stati al vertice del Commissariato, in primis Bassolino, Massimo Paolucci, Raffaele Vanoli, Giulio Facchi e Vincenzo Soprano, ma anche a tutte le aziende capitalistiche, camorristiche e non, che hanno aggirato le norme di tutela ambientale e sanitaria stimolando ed organizzando il traffico di rifiuti pericolosi. Occorre inoltre punire tutti i dirigenti degli enti, a partire dalle grandi catene commerciali, che non si impegnano seriamente a ridurre drasticamente la produzione di prodotti di plastica, che andrebbero viceversa aboliti a cominciare dalle bottigliette d'acqua e dalle buste di plastica, dagli imballaggi e dai prodotti usa e getta. Ripristinare il vuoto a rendere e fornire gratuitamente borse in tessuto della spesa. Costringere le aziende ad effettuare la riduzione, il riciclaggio e la raccolta differenziata, a cominciare subito dalla vergognosa Arpac (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente). Senza dimenticare il risarcimento danni a partire da quello di 750 milioni di euro disposto dalla procura di Napoli nei confronti della Impregilo da destinare alla bonifica dei siti inquinati, fermo restando che a nostro parere l'Impregilo non andava interdetta per un solo anno, ma per sempre, dall'intrattenere rapporti con la pubblica amministrazione. Occorre ancora obbligare i direttori delle Asl a potenziare subito con personale e mezzi i settori della prevenzione e della tutele della salute, dell'ambiente e del lavoro. Organizzare un controllo a tappeto sul percorso dei rifiuti delle grandi industrie, dell'edilizia, dei rifiuti radioattivi e nucleari e su quelli speciali degli ospedali, delle cliniche e dei laboratori. Utile sarebbe anche organizzare un efficiente servizio di riciclaggio del silicio dei chip dei computer per la costruzione di pannelli solari da impiantare sulle facciate degli enti pubblici e delle abitazioni.
La terza battaglia di grande importanza è rivendicare che sulla gestione e destinazione dei fondi l'ultima parola spetti alle masse popolari e ai comitati di difesa della salute e dell'ambiente per avere la garanzia che vengano utilizzati per i fini a cui sono destinati. Si potrebbe cominciare fin da subito col pretendere che l'ultima trance da milioni di euro stanziati dal governo a favore del Commissariato vengano utilizzati per avviare le assunzioni per una seria raccolta differenziata, controllata e migliorata in base alle indicazioni fornite dai Comitati di lotta e dalle masse popolari.
Accanto a queste tre battaglie, ce n'è un'altra essenziale per ottenere dei risultati duraturi: strappare ai mass-media di regime il monopolio dell'informazione che serve a censurare, calunniare e mettere l'una contro l'altra le mobilitazioni popolari. In questo senso i giornalisti, gli intellettuali, i tecnici che hanno a cuore la difesa della salute e dell'ambiente non possono che schierarsi al fianco delle popolazioni.
Il PMLI continuerà a combattere queste battaglie fino in fondo insieme ai Comitati e alle masse popolari affinché le teste e gli artigli del mostro vengano troncate. I marxisti-leninisti ritengono che queste battaglie possono essere vinte solo creando un largo fronte unito che coordini stabilmente le rivolte dei diversi territori sulla base di una piattaforma unica e condivisa che diventi patrimonio di un unico e grande movimento di massa a livello nazionale indipendente e autonomo dalle istituzioni e dai governi. I marxisti-leninisti sono pienamente disponibili a collaborare affinché questa piattaforma si realizzi e si concretizzi nelle assemblee generali dei vari comitati di lotta, indipendentemente dalle differenze ideologiche, politiche e di partito. I marxisti-leninisti che si pongono l'obbiettivo di lottare contro lo scempio ambientale e sanitario devono lavorare in questo senso e prendere a modello le coraggiose rivolte di massa portate avanti in questi anni dalle popolazioni di Scanzano Ionico, Serre, Acerra, Pianura, Savignano Irpino, Marigliano, Gianturco, Giugliano e di tanti altri luoghi in Campania ma non solo. Rivolte che hanno messo in seria discussione la gestione capitalistica dei rifiuti.
Il PMLI invita i comitati, i movimenti in lotta e le masse campane a usare risolutamente l'astensionismo (disertare le urne, annullare la scheda o lasciarla in bianco) alle prossime elezioni politiche per punire e delegittimare i partiti e i governi della destra e della "sinistra" del regime neofascista, capitalista, federalista, presidenzialista e interventista, responsabili della devastazione ambientale.
Uniamoci per salvare Napoli, la Campania e l'Italia dalla devastazione ambientale e sanitaria!

L'Ufficio politico del PMLI

Firenze, 8 Marzo 2008

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