India
Le donne in piazza contro stupri e violentatori

Il 15 gennaio a Panaji, nello stato di Goa, una bambina di 7 anni è stata violentata nei bagni di una scuola. Due giorni prima nel Punjab una 29enne mentre si recava a casa dei suoceri è stata sequestrata dall'autista dell'autobus su cui viaggiava che l'ha portata alla periferia di Amristar e l'ha violentata. Sono gli ultimi due episodi in ordine di tempo che hanno richiamato l'attenzione su brutali episodi di abusi sessuali la cui denuncia nel mese di dicembre aveva portato in piazza nella capitale Nuova Delhi e in molte altre città decine di migliaia di manifestanti, in particolare donne e studenti. Il primo ministro Manmohan Singh aveva promesso un intervento del governo per placare la protesta popolare, intervento che non c'è stato.
L'episodio che aveva dato il via alle manifestazioni di piazza era avvenuto il 16 dicembre nella capitale quando una giovane che era insieme al suo compagno su un bus privato era stata aggredita da un gruppo di uomini. Mentre alcuni picchiavano e tenevano fermo il suo compagno la ragazza era colpita e violentata dal branco, compreso l'autista del bus. La giovane moriva in ospedale il 28 dicembre per le violenze ricevute. Ma già dopo l'aggressione era scoppiata un'ondata di proteste, in particolare a Nuova Delhi, dove per diversi giorni centinaia di donne e uomini, soprattutto studenti universitari, manifestavano contro la violenza sessuale e per accusare le autorità di non curarsi della sicurezza delle donne.
La più grossa manifestazione si svolgeva il 22 dicembre nella capitale, una manifestazione spontanea che si snodava per oltre due chilometri dal monumento ai Caduti di India Gate fino al palazzo presidenziale, fin sotto il Parlamento e i principali ministeri. Al momento in cui il corteo arrivava sotto i palazzi istituzionali la polizia tentava di bloccarlo caricando con manganelli, lacrimogeni e cannoni ad acqua. I manifestanti rispondevano lanciando pietre e qualsiasi oggetto a portata di mano verso gli agenti e attaccavano camionette e bus della polizia.
Dopo la morte in ospedale della ragazza migliaia di manifestanti scendevano di nuovo in piazza nella capitale, a Mumbai, Calcutta, Bangalore e in altre città. A Nuova Delhi un corteo di studentesse e studenti universitari sfilava fino alla fermata degli autobus dove il 16 dicembre erano saliti la ragazza e il suo compagno.
Solo allora il primo ministro Manmohan Singh, dopo una settimana di vergognoso silenzio e di repressioni della polizia, affermava che "è il momento di un dibattito spassionato e una ricerca dei cambiamenti critici necessari nella nostra società". E prometteva la punizione dei colpevoli e maggiori controlli. Come se in uno "stato di polizia" le donne dovessero sentirsi più sicure. La violenza contro le donne è frutto della cultura capitalista. E stante il capitalismo non può essere debellata. Tantomeno con più agenti per le strade. A Nuova Delhi si registra il più alto numero di crimini sessuali tra le maggiori città indiane, con in media uno stupro ogni 18 ore; dalle statistiche risulta che oltre l'80% delle violenze sessuali denunciate sono attribuite a un uomo noto alla vittima, un parente, un vicino di casa o un amico di famiglia, solo una minoranza dei casi quelli di uno sconosciuto che assale per strada.

30 gennaio 2013