Secondo la ricerca Istat "Noi Italia"
Una donna su due rinuncia al lavoro
21,2% dei giovani senza lavoro e 25,4% disoccupati. Aumenta il precariato soprattutto al Sud

Negli ultimi anni la crisi economica, alimentata dalla rapacità del governo nazionale del neoduce e delle amministrazioni regionali e locali di destra e di "sinistra" borghese che hanno tolto alle masse popolari per dare agli avvoltoi del capitalismo e alle lobby criminali, ha inasprito le condizioni di vita dei lavoratori, delle donne, dei giovani, dei disoccupati in Italia. I dati che emergono dalla ricerca "Noi Italia", condotta dell'Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), presentano infatti un quadro davvero preoccupante della situazione sociale e lavorativa delle masse popolari.
La ricerca iniziata due anni fa ha preso in considerazione diverse tematiche sociali, economiche, ambientali, culturali, dall'ambiente al territorio, alla popolazione, ai servizi, all'economia. Ne risulta una situazione aggravata e preoccupante: il tasso di inattività femminile, cioè delle donne che hanno rinunciato a cercare lavoro, è del 48,9%, il secondo più alto della UE; il 21,2% dei giovani non studia né lavora a cui si aggiungono il 25,4% di giovani che sono disoccupati.
Tra i dati più preoccupanti quelli riguardanti la disoccupazione. Essa si attesta nel 2009, al 7,8% su scala nazionale, mentre nel Mezzogiorno è pari al 12,5%. La regione col maggiore tasso di disoccupazione è la Sicilia con il 13,9%. Sono i giovani la categoria più colpita dalla crisi e dai provvedimenti "anticrisi" che scaricano tutto il costo sulle masse popolari. Nel 2009 il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è pari al 25,4%, in aumento di oltre quattro punti percentuali rispetto all'anno precedente. Nota l'Istat che "Rispetto al 2000 il valore si è comunque ridotto di 1,6 punti percentuali. Ma la diminuzione è in gran parte da attribuirsi alla tendenza a posticipare l'ingresso nel mercato del lavoro, determinata dalla maggiore permanenza media dei giovani nel sistema formativo". Si espande, dunque, il fenomeno dello studio di livello più avanzato, scuole superiori e università, inteso come una sorta di posteggio in assenza di una possibilità di sbocco lavorativo.
Le differenze di sesso restano rilevanti: anche se in calo di quattro decimi di punto rispetto all'anno precedente, il tasso di disoccupazione giovanile delle donne italiane è del 28,7%. Il calo di disoccupazione di alcune fasce sociali non è un segno positivo, tutt'altro. Infatti tale calo percentuale non è spiegabile con un aumento dell'occupazione, ma piuttosto come il preoccupante segnale della presenza di un elevato numero di scoraggiati, che non si registrano più agli uffici per l'impiego, ben sapendo che ciò non li aiuterà a trovare una sistemazione lavorativa. Se questi disoccupati si registrassero le percentuali, in alcune zone del paese salirebbero di diversi punti percentuali.
La cifra dei giovani disoccupati diventa davvero insostenibile nel Mezzogiorno, dove è pari al 36%, con il picco femminile del 40,1%. Tra tutte le regioni meridionali è la Sardegna ad avere il maggior tasso di disoccupazione giovanile, con il 44,7% totale e il 46,6% delle giovani disoccupate.
Dal 2004 al 2009, un altro dato dimostra il peggioramento della condizione delle masse lavoratrici: l'aumento del lavoro a tempo determinato. Nel 2004 i dipendenti a tempo determinato erano l'11,8%, nel 2009 sono già il 12,5%. Vi è una diminuzione rispetto al 2008 quando erano il 13,3%, ma essa è spiegabile essenzialmente con i licenziamenti dovuti alla crisi e non certo con la stabilizzazione.
È il Mezzogiorno, con il 16,8% la zona d'Italia ad avere un maggior numero percentuale di contratti a tempo determinato, contro il 9,7% del nord-ovest (2009). La Calabria è la regione in cui si fanno più contratti a tempo determinato: ben il 21,1% dei lavoratori.
La condizione giovanile in Italia ha anche un altro aspetto estremamente grave, il problema della formazione culturale e professionale. In Italia l'abbandono scolastico è divenuto un'emergenza sociale. I giovanissimi che lasciano gli studi prima d'aver compiuto l'obbligo scolastico sono il 19,2% dei giovani sotto i 15 anni. Il picco, in questo caso, è rappresentato da ragazzi, con il 22%, mentre tra le ragazze l'abbandono scolastico è del 16,4%.
È ancora nel Mezzogiorno il record di abbandoni scolastici con il 23%. La differenza di sesso pesa anche in questo caso: tra i ragazzi gli abbandoni sono del 25,8%, tra le ragazze del 20%. Si conferma il fatto che la rinuncia a compiere almeno l'obbligo scolastico nel Mezzogiorno è una scelta forzata, legata alla necessità delle famiglie di utilizzare i giovanissimi e i bambini in lavori manuali, spesso sottopagati e in nero nelle botteghe artigiane, per arrotondare gli stipendi dei genitori.
È la Sicilia che, in termini percentuali, ha il maggior numero di abbandoni, con il 26,5%. Tra i ragazzi il valore è del 29%, tra le ragazze il 24,1%. Segue la Puglia, con il 24,8% e la Campania con il 23, 5% degli abbandoni.
Dati che fanno conquistare all'Italia il quarto posto in Europa, dopo Malta, Spagna e Portogallo per abbandoni prima del compimento dell'obbligo. Questi dati sono ancora più impressionanti se si confrontano al livello di istruzione della popolazione. La ricerca ha evidenziato che le persone tra i 25 e i 64 anni che hanno raggiunto al più la licenza media, il che significa che tra esse vi sono persone che hanno raggiunto solo la licenza elementare, o neanche quella e addirittura analfabeti, sono nel 2009, il 46,1% della popolazione! Anche in questo caso l'Italia è tra le capolista della classifica europea. Da notare che in coda a questa classifica in Europa vi sono i paesi dell'est che avendo emulato, benché guidati da partiti falsamente comunisti, il sistema scolastico dell'Urss di Lenin e Stalin, hanno avuto delle notevoli conquiste sul piano della formazione culturale. Chiude la classifica la Repubblica Ceca con solo l'8,6% di persone tra i 25 e i 64 anni che hanno raggiunto al più la licenza media, preceduta da Lituania, Slovacchia, Estonia.
La percentuale più alta è concentrata nel Mezzogiorno con il 53,7% della popolazione che ha raggiunto al più la licenza media. In questo caso è la Puglia ad avere la maggiore percentuale, ben il 57,2%, seguita dalla Sardegna, con il 56,5%, la Campania con il 54,9% e la Sicilia con il 54,4%.
In Italia i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano sono ben il 21,2% nel 2009, nel 2006 erano 19,9%. Ricordiamo che leggi nazionali approvate da questo governo antipopolare hanno abbassato l'obbligo scolastico dai 16 ai 15 anni, consentendo, grazie al cosiddetto "collegato al lavoro" che l'obbligo formativo, terminata la terza media, possa essere assolto attraverso il contratto di apprendistato, equiparato a un percorso di formazione.
Non esistono dati successivi all'entrata in vigore di tale norma, fortemente voluta da Berlusconi, dai gerarchi Sacconi (PDL) e Gelmini (PDL) e presentata come un percorso valido per contrastare la dispersione scolastica e consentire l'accesso al mondo del lavoro ai quindicenni. Ma appare difficile che essa possa garantire effettivamente ai giovanissimi una formazione e un lavoro e a conti fatti, rischia di rivelarsi uno scivolo diretto dalla scuola media inferiore alla disoccupazione, grazie al quale il governo s'è sbarazzato di migliaia di giovanissimi potenziali studenti.
La cifra più alta di giovani che non lavorano e non studiano è nel Mezzogiorno dove si raggiunge il 30,3%. La regione con più alta concentrazione di questo problema è la Campania con il 33,5% dei giovani che non fanno nulla, il 36,5% ragazzi e il 30,6% di ragazze.

26 gennaio 2011