Un documento smaccatamente antipopolare
Lombardia, via libera al Dpefr dei padroni
La Casa del fascio, per arginarne le continue svolte a destra, boccia tutti gli emendamenti dell'Unione, che invece elemosina ancora la possibilità di "lavorare insieme". Gli "obiettivi strategici" sono: autonomia, federalismo fiscale e nuovo Statuto. Per le masse popolari solo vuota demagogia
Dal corrispondente della Cellula "Lenin" della provincia di Bergamo
Con i 40 voti favorevoli della Casa del fascio, i 21 contrari dell'Unione e l'astensione dei Cristiano Federalisti, il Consiglio regionale della Lombardia il 26 luglio scorso ha approvato la Risoluzione che accompagna il Documento di Programmazione Economico Finanziaria Regionale (Dpefr) 2008-2010. I "tre pilastri su cui poggeranno le fondamenta della Lombardia del futuro" sono autonomia, federalismo fiscale e nuovo Statuto, "obiettivi strategici" inseriti in un momento istituzionale definito "storico", caratterizzato da "una forte tensione tra Stato centrale e comunità locali in termini di autonomia finanziaria".

Regione ricca, lavoratori poveri
Il Dpefr descrive un quadro tanto idilliaco quanto irreale della Regione: parla di un Pil regionale attestato su un +1,3% rispetto allo 0,9% nazionale, di una crescita dei livelli produttivi nei primi tre mesi di quest'anno del 3,7% più alta rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, di un export che viaggia sul 28% del totale nazionale e di una disoccupazione scesa al 3,7%. In questo quadro, risulta che l'agenzia Moody's ha confermato il rating di Regione Lombardia ad Aa1, un livello stabile ma superiore a quello del Paese fissato in Aa2. Nemmeno una parola, invece, sul fenomeno della povertà delle masse in costante aumento, la tragedia dei sempre più numerosi omicidi bianchi, la piaga inarrestabile del lavoro nero, la sottoccupazione femminile, la crescente precarietà giovanile e non, il preoccupante inquinamento dell'acqua, dell'aria e del territorio, devastato da nuove autostrade e mega-centri commerciali. Insomma, un Dpfer che non guarda affatto alle esigenze e alla realtà delle masse lombarde, ma solo alle necessità dei poteri forti.

Il dibattito in aula
Il voto contrario dell'Unione non deve ingannare, in quanto motivato dal suo capogruppo Riccardo Sarfatti a causa della "bocciatura degli emendamenti da noi presentati" e per il fatto che "agli obiettivi enunciati non corrisponde una traduzione concreta nei fatti e nelle scelte pratiche". Con l'approvazione a colpi di maggioranza del Dpefr 2008-2010 fortemente autonomista, la Casa del fascio non ha voluto condividere i meriti con l'Ulivo del Nord nell'eventuale "conquista" del federalismo fiscale e al contempo ha voluto ostacolare il tentativo del nascituro PD di accreditarsi come forza politica affidabile agli occhi della borghesia lombarda. Perciò, come ha candidamente ammesso Sarfatti, le differenze tra le due coalizioni non riguardano affatto gli obiettivi (federalismo fiscale, competitività, flessibilità, privatizzazione dei servizi, Stato sociale minimo, familismo), quanto il come raggiungerli. Come ha infatti sottolineato Rosi Mauro, relatrice del provvedimento e presidente della Commissione Bilancio, "questo Dpefr si colloca in un contesto economico ed istituzionale caratterizzato da positivi segnali di ripresa economica e dalla riscoperta da parte di tutte le forze politiche dell'esistenza di una questione settentrionale, che non riesce a trovare una soluzione in tavoli romani, i quali spesso mancano di un preciso e chiaro indirizzo politico. Per non rimanere esclusi ed agganciare questo nuovo trend di sviluppo c'è bisogno di realizzare due condizioni: la possibilità di disporre di risorse economiche adeguate e di poterle utilizzare in maniera autonoma".

L'Ulivo rincorre la Casa del fascio
Un'esigenza, questa, immediatamente raccolta dal capogruppo dei DS Giuseppe Benigni, che aprendo la discussione in Consiglio ha evidenziato: "oggi su obiettivi condivisi è necessario che maggioranza e opposizione sappiano lavorare insieme. Partendo da questo presupposto dobbiamo impegnarci a trovare un accordo che coinvolga più regioni, anche guidate da maggioranze diverse, che facciano presente al governo nazionale la necessità di un reale federalismo fiscale, requisito indispensabile per poter essere efficienti". A Benigni ha fatto eco il capogruppo della Margherita Guido Galperti, che ha invece incentrato il suo intervento su tre punti: far funzionare meglio la Commissione "Affari istituzionali" riunitasi troppe poche volte da quando è stata istituita, cominciare a lavorare seriamente sul nuovo Statuto regionale e approfondire la riforma del titolo V della Costituzione per capire meglio quale tipo di autonomia possa essere richiesta e applicata dalla Lombardia. Neppure i consiglieri di PRC e PdCI si sono espressi durante il dibattito contro i "tre pilastri su cui poggeranno le fondamenta della Lombardia del futuro" (autonomia, federalismo fiscale e nuovo Statuto), facendo così apparire strumentali le loro denunce anti-formigoniane e preparandosi piuttosto a coprire a "sinistra" il nascente PD federalista, a sua volta sensibile alla cosiddetta questione settentrionale, ossia agli interessi di classe dei capitalisti del Nord.

Il Dpefr visto da vicino
Il carattere filopadronale e demagogico del Dpefr 2008-2010 approvato è confermato dall'incapacità di stanare le aree di evasione fiscale in cui si rifugiano imprenditori, commercianti, artigiani e professionisti vari. Viceversa, non vengono né combattute né arginate le ingiustizie, più volte denunciate dai sindacati, del sistema fiscale federalista che con le addizionali comunali concede a diversi Enti la possibilità di tassare, aprendo a una sommatoria di fiscalità che crea un sistema incomprensibile per le masse sul piano degli oneri. Se il buongiorno si vede dal mattino, è chiaro fin dal principio la natura antipopolare del federalismo fiscale.
Per quanto riguarda il welfare il Dpefr, fedele a principi liberisti e cattolici, prosegue nella sciagurata politica di scaricare sulla famiglia il peso dei servizi sociali e assistenziali. Inoltre, parla populisticamente di "nuove politiche per la casa", senza indicare l'esigenza di trovare risorse aggiuntive per passare dalle parole ai fatti.
Per quanto riguarda la "promozione e tutela del lavoro" viene indicato sia l'antipopolare "sostegno allo sviluppo della flessibilità lavorativa" sia l'esigenza di "interventi mirati al miglioramento della sicurezza ed alla stabilizzazione dei lavoratori parasubordinati". Peccato che anche in questo caso non si faccia alcun riferimento preciso a tempi, norme, politiche di sostegno e risorse per raggiungere l'obiettivo.
Insomma, la precarietà continuerà a flagellare le vite di giovani e meno giovani, col beneplacito delle istituzioni borghesi. La stessa politica degli annunci è presente nelle questioni legate alla tutela dell'ambiente; anche in questo caso è assente un quadro di riferimento di investimenti significativi.

Va rigettato completamente
Per concludere, lavoro, casa, salute, scuola, ambiente: tutto è abbandonato agli appetiti del mercato, alle esigenze dei padroni, alla compassione remunerata del volontariato cattolico e del "no profit".
Alle masse resta come unico punto di riferimento sociale la famiglia, la cui gestione è scaricata sulle spalle della donna, sempre più costretta tra le mura di casa. A sua volta il federalismo fiscale serve solo per fare cassa e rendere competitivo il sistema delle imprese lombarde. Ecco il "miracolo" lombardo, un incubo per le masse, un paradiso per i padroni da rifiutare in tutto e per tutto.
Solo il PMLI ne svela il profondo progetto antipopolare, coglie le colpevoli ambiguità dell'Unione e va al di là delle denunce a effetto dei vertici di PRC e PdCI, che personalizzano lo scontro con il ciellino ex DC Formigoni per non mettere in imbarazzo l'accondiscendente "centro-sinistra" lombardo, a tutti gli effetti complice delle politiche liberiste della Casa del fascio.

29 agosto 2007