Promuovendo una legge per la "giornata della memoria"
I DS scavalcano a destra i fascisti per i fuoriusciti dall'Istria

Il 12 febbraio scorso erano stati i fascisti di AN, primi firmatari Roberto Menia e Ignazio La Russa, a presentare la proposta di legge, per l'istituzione del "Giorno della memoria" da celebrare il 10 febbraio di ogni anno, "per far conoscere e rinnovare il ricordo della tragedia delle foibe e dell'esodo di 350 mila italiani" dai territori istriani e dalmati. Due giorni prima tale proposta aveva già avuto la benedizione del governo del neoduce Berlusconi che prendendo a pretesto la celebrazione ufficiale del 56° anniversario del trattato di pace Italia-Jugoslavia, mise fine alla contesa territoriale scoppiata tra i due paesi alla fine della seconda guerra mondiale e che portò da una parte alla riunificazione di Trieste e alla sua assegnazione all'Italia e dall'altra all'assegnazione di Pola (Pula), Fiume (Rijeka) e Zara (Zadar) e di parte del territorio giuliano alla Jugoslavia. In quell'occasione il leader di AN e vicepremier Gianfranco Fini, a nome del governo, aveva chiesto "ufficialmente scusa" agli "esuli" "per l'insensibilità che per tanto tempo, troppo tempo, le istituzioni hanno avuto verso una umana tragedia che in realtà è la tragedia di tutto il nostro popolo" e aveva assicurato ai presenti che "il governo prende l'impegno, che auspico non sarà di una sola coalizione, ma di tutto il parlamento, che il 10 febbraio diventi la data ufficiale della rimembranza e un ponte verso l'Europa".
Mentre pronunciava tali parole a Fini dovevano fischiar le orecchie, visto che a tenergli bordone in questa campagna di stampo nazionalista e revanscista, c'era il diessino Luciano Violante, che nel messaggio a tale manifestazione, preannunciava il tentativo di scippare ai fascisti uno dei loro cavalli storici (in particolar modo quello dei fuoriusciti istriani) sostenendo che tale "giornata della memoria", "deve essere di tutta l'Italia, perché tutta l'Italia ha un debito ancora insoluto nei confronti di quegli italiani".
Il tentativo di scavalcare a destra i fascisti è addirittura sfociato in una proposta di legge, i cui primi firmatari sono nientemeno che il segretario della Quercia Piero Fassino, il presidente del gruppo DS alla Camera Luciano Violante e il deputato Alessandro Maran eletto nel Friuli-Venezia Giulia. Ai primi di maggio infatti i DS hanno presentato la loro proposta di istituzione della "giornata della memoria dell'esodo dall'Istria, da Fiume e dalle coste dalmate". Data simbolica sarebbe il 20 marzo, per ricordare il 20 marzo 1947 quando il piroscafo "Toscana" salpò da Pola col suo ultimo di carico di "profughi" istriani.
C'è anche da dire che Fassino, ha pure tentato di rivendicare la primogenitura, rispetto ai fascisti, della proposta dell'istituzione della "giornata della memoria", spiegando che "non è una scelta isolata o episodica ma il coerente sviluppo di un impegno" cominciato quando il "centro-sinistra" era al governo, e ricordando che lui stesso, all'epoca sottosegretario agli Esteri, lavorò per istituire un tavolo con le associazioni degli esuli di cui fu presidente.
"La nostra è una proposta di alto valore storico, politico e morale e per noi - sottolinea Fassino - di straordinaria importanza: un dovere innanzitutto morale di risarcire con il ricordo ogni anno, una tragedia drammatica che ha causato sofferenze e che per troppo tempo è stata dimenticata o comunque tralasciata. è necessario superare le ferite e le lacerazioni del passato - prosegue - e ricollocare questa pagina di storia nella coscienza di tutti gli italiani è il modo migliore per superare definitivamente letture demagogiche e propagandistiche da parte della destra italiana, fatte anche per coprire gravi responsabilità del fascismo in questa vicenda". Addirittura da parte della Quercia vi è il tentativo di decontestualizzare storicamente l'episodio dell'esodo degli italiani dalle terre restituite alla Jugoslavia, sostenendo, come fa Stelio Spadaro, esponente della segreteria regionale dei DS del Friuli-Venezia Giulia, "che la vicenda non riguarda i rapporti tra fascisti e antifascisti perché gli esuli italiani erano di tutti gli orientamenti politici che il regime jugoslavo ha cercato di allontanare attraverso una politica di repressione" che "in questa vicenda non c'entra la pacificazione fra destra e sinistra, c'entra soltando un capitolo di storia d'Italia considerato, anche per colpa della sinistra, per troppo tempo separato e che noi oggi ci sforziamo di restituire alla storia della Repubblica".
Tesi che somigliano e finiscono col sovrapporsi a quelle sostenute dal fascista La Russa quando dice che ciò che chiede "la gente dell'esilio, il popolo giuliano dalmata" è "che sia riconosciuto il valore di quell'esodo, che fu un grande plebiscito di italianità e di libertà, che questa pagina di storia diventi veramente patrimonio della coscienza di tutti gli italiani, squarciando il velo, la congiura del silenzio di oltre cinquant'anni".
Il fatto è che Fassino e i DS, si fanno promotori dell'ennesima operazione di revisione storica facendo passare gli "esuli" istriani e dalmati, come "vittime" addirittura da "risarcire con ricordo", sposando di fatto quella campagna cara ai fascisti e ai revisionisti storici degli "italiani brava gente". Ma quale torto ci sarebbe da risarcire ai profughi istriani, se non quello di essere considerati, in larga maggioranza, e a ragione, compromessi col regime fascista al quale si sono prestati a far da "coloni", da occupanti, da aguzzini, in una terra che non era la loro, né più né meno di quanto sta facendo oggi Sharon coi coloni israeliani nei territori palestinesi? Questo senza nulla togliere, naturalmente alla grandezza di quei tanti soldati italiani che seppero riscattare l'onore del nostro Paese (a loro sì che va reso omaggio) passando dalla parte dei partigiani jugoslavi e combattendo insieme a loro contro i nazisti e le brigate nere mussoliniane.
La storia non si cancella con i disegni di legge. E quella degli italiani "scacciati" dalla Jugoslavia è legata a doppio filo col fascismo e gli efferati crimini di guerra commessi dall'esercito di Mussolini in quelle terre.
Come abbiamo anche già avuto modo di scrivere in altri articoli (vedi il n. 17/2003 de Il Bolscevico), dopo l'annessione all'Italia dei territori della Slovenia e della Croazia stabilita col trattato di Rapallo del 1920, il fascismo mussoliniano attuò, con la complicità della Chiesa, un'italianizzazione forzata della popolazione, basata su una politica razzista di snazionalizzazione delle popolazioni autoctone, di epurazione dei posti di lavoro sostituendo la mano d'opera con italiani immigrati, e con scorribande delle squadracce nere che seminavano il terrore nelle città e nei villaggi per scoraggiare qualsiasi ribellione. La situazione si aggravò ulteriormente a partire dal 1941 con l'aggressione nazifascista al giovane Stato jugoslavo e con la costituzione dello Stato fantoccio di Croazia, guidato dai sanguinari ustascia di Pavelic che insieme ai nazisti misero a ferro e fuoco quelle terre. Nelle zone occupate dall'esercito italiano le repressioni, le stragi, gli incendi di villaggi e le deportazioni nei campi di concentramento, dove si moriva a migliaia di fame, malattie e torture non furono inferiori. è documentato che l'occupazione, la repressione e l'oppressione italiana non fu di livello minore rispetto a quella nazista.
Questa è la storia che ora i DS vogliono riscrivere, così come avevano tentato di fare riabilitando i fascisti che militarono nella sanguinaria "repubblica di Salò". Da qui si capisce a che livelli è arrivata la disgustosa convergenza tra la destra e la "sinistra" del regime neofascista nel processo di riabilitazione completa della dittatura fascista di Mussolini.