Le manifestazioni del 14 novembre
Una pagina storica della lotta di classe
Via il governo dei manganellatori fascisti. Alla gogna i suoi sostenitori. Solo il socialismo può liberare l'Italia dal capitalismo e dal fascismo

Il 14 novembre, in Italia come in altri 23 paesi europei, centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori, precari e disoccupati chiamati in sciopero dalla CGIL e dai "sindacati di base", sono scesi in piazza in 87 città italiane dando vita a manifestazioni e cortei di protesta, per rivendicare il lavoro e dire basta alla politica di lacrime e sangue e di macelleria sociale del governo Monti ispirata dalla grande finanza internazionale e dalla Ue imperialista.
Al loro fianco sono scesi in piazza con coraggio e combattività oltre 200 mila studenti medi e universitari, di cui 50 mila solo a Roma, in difesa della scuola pubblica già semidistrutta dalla controriforma Gelmini proseguita oggi dal ministro Profumo e dalla legge Aprea, ma anche contro un governo e una politica liberista e classista che stanno rubando loro il futuro e i diritti condannandoli all'inferno della disoccupazione e del precariato a vita. Le ragazze hanno combattuto a pari dei ragazzi.
È soprattutto contro il movimento studentesco che si è concentrata e scatenata la feroce violenza dei manganellatori agli ordini di Cancellieri, di Manganelli e del suo corrotto braccio destro Izzo, come testimoniano i circa 200 manifestanti fermati o identificati, le decine di arrestati e le centinaia di feriti massacrati dalle "forze dell'ordine". In particolare a Roma, dove il corteo degli studenti che aveva manifestato apertamente l'intenzione di andare a manifestare davanti al parlamento, come accade in tutta Europa, è stato prima imbottigliato sul lungotevere e poi caricato con una violenza inaudita, dando il via a una caccia all'uomo nel centro di Roma che si è protratta per ore in quella che è stata definita "una tonnara", conclusasi col sequestro e l'identificazione di oltre 140 giovani, il fermo di altri 50 e l'arresto di 8 manifestanti, studenti e un operaio. A essi, come a quelli delle altre città, esprimiamo la solidarietà militante dei marxisti-leninisti, e chiediamo la loro libertà e il proscioglimento da ogni accusa.
È falsa la tesi ufficiale, avallata da Monti e dalla Cancellieri che si sono affrettati a condannare le "violenze" dei manifestanti ed esprimere "solidarietà alle forze dell'ordine", che la mattanza di Roma sarebbe solo l'inevitabile risposta alle provocazioni e all'atteggiamento di una "minoranza violenta" alla testa del corteo. Tutti hanno potuto vedere dalle migliaia di foto e di filmati diffusi anche in rete la violenza indiscriminata e sproporzionata di poliziotti e carabinieri contro chiunque capitasse a tiro, i pestaggi di ragazzi inermi bloccati a terra, le camionette lanciate a corsa folle sui manifestanti, la caccia all'uomo nelle strade e nei vicoli intorno alla sinagoga, i rastrellamenti in massa di stile nazista sul lungotevere, e perfino i lacrimogeni lanciati sui manifestanti presumibilmente dalle finestre del ministero della Giustizia. Al punto da costringere sulla difensiva gli imbarazzati Cancellieri e Manganelli, che hanno dovuto annunciare una "severa" quanto improbabile punizione dei poliziotti responsabili di violenze.
La verità è che si è trattato di un massacro preordinato dal governo per dare una lezione al movimento degli studenti e impedire che il suo esempio si trasmetta ad altri strati sociali in agitazione. Per stroncare sul nascere ogni opposizione alla politica antioperaia, antipopolare e affamatrice di Monti, Fornero, Passera, Grilli e Patroni Griffi. Per terrorizzare le migliaia di giovanissimi che erano scesi in piazza, tanti per la prima volta dopo gli anni '80, e soffocare sul nascere la loro maturazione politica e la loro voglia di lottare, ricacciandoli nel conformismo e nel disimpegno consumistico. Quasi come avvenne a Genova nel 2001 durante il G8 presieduto dal neoduce Berlusconi.

Un coro ipocrita e monotono
Eppure, come seguendo un copione ormai collaudato, partiti della destra e della "sinistra" borghese, direzioni sindacali e mass-media di regime, salvo poche eccezioni, si sono immediatamente uniti al governo in un coro assordante e mistificatorio di condanna delle "violenze" dei manifestanti e di giustificazione dell'operato delle "forze dell'ordine". Se non destano certo meraviglia i titoli truculenti dei quotidiani neofascisti come il Giornale della famiglia Berlusconi ("Italia a ferro e fuoco, volevano il morto" e Il Tempo ("Una piena di violenza a Roma"), a dir poco velenoso era anche quello del quotidiano crumiro del PD, l'Unità, che in prima pagina puntava il dito su "I violenti contro lo sciopero".
Della stessa sostanza, anche se in forma meno sbracata, era anche il comunicato della CGIL che ammoniva: "Il profondo disagio sociale che attraversa larga parte della popolazione non può e non deve in nessun modo trovare sbocchi negli atti di violenza che si sono purtroppo registrati oggi". Pure il liberal-trotzkista Vendola si è inserito in questo coro ipocrita e monotono dichiarando che "la violenza rischia di rendere opaco il senso di una giornata straordinaria come quella di oggi".
Occorre ristabilire la verità e ribadire con forza che quella del 14 novembre non è stata una giornata pacifica "rovinata" da delle "minoranze violente", ma al contrario una pagina storica della lotta di classe in Italia. Che i giovani che hanno risposto e resistito alle aggressioni poliziesche per difendersi e rivendicare il diritto di manifestare contro le istituzioni borghesi e i simboli del capitalismo che li sfrutta e nega loro il futuro non sono una minoranza. E che le loro non sono azioni avventuriste di piccolo gruppo, ma lotte sempre più incisive e generalizzate in cui si riconosce la maggioranza dei giovani scesi in piazza. Lo ha rivendicato anche il comunicato stampa degli studenti e studentesse della Sapienza occupata, denunciando la "violenza inaudita" della polizia "contro cui difendersi o provare a resistere è inevitabile e legittimo", e annunciando che non solo la repressione non riuscirà a fermare il movimento degli studenti, ma che essi scenderanno ancora in piazza nei prossimi giorni, "senza paura". Gli agenti impegnati nelle manifestazioni devono rispondere personalmente del loro operato, e perciò è necessario introdurre dei codici identificatori sui caschi e sulle divise delle "forze dell'ordine".
Di fronte all'evidenza dei fatti ha dovuto ammettere la falsità della tesi della "minoranza di violenti" anche un quotidiano sponsor dichiarato del governo Monti come la Repubblica, scrivendo nel suo reportage che "non si tratta di infiltrati, sono studenti delle scuole superiori, tanti, i volti imberbi. Sono universitari, per lo più in corso...intorno hanno un discreto consenso. Sono una minoranza di peso nelle scuole e negli atenei". E il suo vicedirettore Massimo Giannini, in un fondo pur dedicato ad attaccare gli studenti dal titolo "Due violenze sbagliate", ha dovuto richiamare il governo sul problema di "una generazione di 14 milioni di giovani tra i 19 e i 25 anni che non studiano più e che non lavorano ancora e che chiedono una prospettiva", e sul fatto che "questo non è un banale problema di ordine pubblico". Perfino il questore di Torino ha espresso simili dubbi dichiarando che "le forze dell'ordine svolgono un lavoro di pura supplenza in un vuoto lasciato dalla politica". Al contrario del neopodestà, il rinnegato Fassino, che ha bollato le incursioni dei manifestanti contro i simboli del potere finanziario e istituzionale in città come "un attacco squadristico ed eversivo dei gruppi estremistici che hanno sequestrato il movimento No Tav".

Maturità e chiarezza di obiettivi della lotta
Gli innumerevoli episodi e le tante forme di lotta che hanno avuto per protagonisti i giovani un po' in tutta Italia, se non ci si lascia ingannare dalla propaganda di regime, dimostrano la maturità e la chiarezza di obiettivi che sta sempre più assumendo il movimento di opposizione al governo. Come appunto a Torino, dove sono stati presi di mira i simboli del potere finanziario, come il cantiere del grattacielo di Intesa-Sanpaolo, e istituzionale locale, come il palazzo della Provincia, dove è stata ammainata la bandiera della Ue issando al suo posto quella No Tav, il dipartimento provinciale del ministero dell'Economia e delle finanze, quello regionale delle Infrastrutture e l'Agenzia delle entrate, con azioni simboliche di lancio di fumogeni e poltrone gettate in strada. E come a Milano, dove sono state attaccate e coperte di scritte vetrine di banche, tra cui la filiale di Unicredit, della Deutsche Bank e di Cariparma; nonché la sede dell'Abi, la vetrina dell'Enel, alcuni sportelli bancomat, mentre dimostrazioni sono state inscenate davanti ad una sede della Cattolica e all'Assolombarda. Anche ad Ancona sono state gettate uova contro la sede della Banca d'Italia.
Altre volte i cortei hanno occupato e bloccato per qualche tempo le stazioni ferroviarie, come è successo a Brescia per protesta contro l'arresto di tre dimostranti che avevano incendiato dei copertoni, e come a Napoli, a Palermo e a Milano, dove i dimostranti hanno cercato di occupare la stazione di Porta Genova. In diverse occasioni gli studenti hanno manifestato insieme ai lavoratori della CGIL, come è successo alla Fiat di Pomigliano unendosi agli operai della Fiom a manifestare davanti alla fabbrica, insieme ai marxisti-leninisti che sono stati invitati dagli stessi operai a esporre nelle prime file del corteo le insegne del Partito e il cartello che denuncia il nuovo Valletta, Marchionne.
Altre volte ancora, dimostrando grande chiarezza politica, i giovani hanno contestato e messo alla gogna i crumiri sindacali e i partiti fiancheggiatori del governo, come a Bologna dove hanno occupato la sede della CISL e a Napoli, dove sul palco della CGIL studenti e Cobas hanno esposto uno striscione incitante alla lotta di classe, e dove il giorno dopo una cinquantina di studenti hanno interrotto la chiusura della campagna per le primarie di Bersani cercando di salire sul palco al grido di "liberi tutti" ed esponendo le foto degli arrestati.
Il fatto è che i movimenti vedono sempre più chiaro che il PD liberale sta dall'altra parte della barricata insieme agli altri partiti che sostengono il governo, ed è corresponsabile della macelleria sociale e della repressione contro chiunque vi si oppone: come sottolinea il comunicato stampa della Sapienza occupata, "il governo Monti - dei tecnici, ma anche della Santa Alleanza AlfanoBersaniCasini - in questi giorni sta mostrando il suo vero volto, un'espressione fatta di rifiuto del dissenso e brutalità per le strade".
Neanche le nuove sirene ammaliatrici che cercano di infiltrarsi nel movimento per sfruttarlo elettoralmente e riportarlo nell'alveo istituzionale, come Grillo, o del riformismo, come Vendola, riescono a far presa, tanto sono state sopravanzate dalla lotta di classe che incalza: "A Grillo diciamo che la sua è una speculazione fastidiosa, nessuno di noi la condivide, non ci sono spazi per lui", hanno detto gli studenti della Sapienza nella conferenza stampa del 15. Quanto a Vendola, hanno aggiunto con sarcasmo, "continui a concentrarsi sulle inutili primarie del PD. Noi invece pensiamo alla protesta di piazza".

La via giusta del 14 novembre
Questa importante e storica giornata di lotta è la continuazione ideale della grande battaglia di Roma del 14 dicembre 2010 per far cadere il governo Berlusconi. Ma se allora si trattava di un'avanguardia, per quanto sostenuta dal consenso del movimento degli studenti, stavolta è la maggioranza dei movimenti a partecipare direttamente alle lotte di piazza. Inoltre non c'è più solo un Berlusconi da cacciare ma c'è il governo Monti della grande finanza, della Ue e del massacro sociale, e questo fa salire lo scontro di classe a un livello superiore, perché mentre è già bruciato in partenza l'inganno dell'alternativa elettorale a Monti, dato che qualunque governo gli succeda non può che proseguire la sua politica, la lotta per spazzarlo via coincide sempre più con la lotta contro il capitalismo e per il socialismo: perché è il capitalismo che ha prodotto la devastante crisi economica e finanziaria che le masse popolari non vogliono più pagare con la politica lacrime e sangue del governo, della Ue e della grande finanza internazionale. E perché solo il socialismo può mettere fine alle incessanti crisi di sovrapproduzione del capitalismo che generano miseria, devastazione dell'ambiente e guerre imperialiste.
Infine, oggi c'è la classe operaia che scende in piazza e che lotta oggettivamente per gli stessi obiettivi del movimento degli studenti, come dimostra l'esempio di Pomigliano e dell'Alcoa. Anche se essa si deve ancora liberare dall'attuale direzione riformista e dalle illusioni elettorali, parlamentari, costituzionali, legalitarie, governiste e pacifiste, che non le consentono di esprimere il suo ruolo egemone nella lotta di classe e che la tengono imbrigliata nel capitalismo.
Questa del 14 novembre è la strada da seguire e da generalizzare, la strada della lotta di piazza e di massa: intanto per spazzare via il governo dei banchieri e dei manganellatori fascisti, e in prospettiva per abbattere il capitalismo e conquistare il socialismo. È la strada che il PMLI indica alla classe operaia, alle studentesse e agli studenti, ai precari, ai disoccupati, ai pensionati e a tutti i sinceri anticapitalisti con la parola d'ordine "Uniamoci contro il capitalismo, per il socialismo". Perché solo il socialismo può liberare l'Italia dal capitalismo e dal fascismo.

21 novembre 2012