Il popolo egiziano diviso sulla deposizione del tiranno Morsi
L'esercito spara sugli islamisti sostenitori dell'ex presidente

La diffusione del bilancio di almeno 50 morti e oltre 400 feriti da parte dei Fratelli musulmani ha chiuso l'8 luglio la giornata delle manifestazioni promosse dagli islamisti contro l'arresto di Morsi, il presidente deposto dai militari il 3 luglio, che per la seconda volta dopo l'analoga iniziativa che aveva posto fine alla dittatura di Mubarak sono tornati in prima fila nel determinare il futuro dell'Egitto. I milioni di manifestanti che avevano riempito le piazze del paese per chiedere le dimissioni di Morsi hanno festeggiato la notizia della deposizione dell'ex tiranno e restano vigili sugli sviluppi del percorso verso la formazione di un nuovo esecutivo. I militanti dei Fratelli musulmani sono scesi in piazza contro il golpe dei militari e hanno più volte cercato di liberarlo dalla prigione della caserma della Guardia repubblicana del Cairo dove è rinchiuso dal 2 luglio affrontando l'esercito che ha sparato sui dimostranti. Il popolo egiziano è diviso sulla deposizione del tiranno Morsi, eletto appena un anno fa, e il vuoto di potere al Cairo è al momento riempito dai militari.
Secondo alcune agenzie di rating e banche di investimenti, all'Egitto in crisi economica restavano sei mesi di tempo prima del tracollo, col governo del presidente Morsi e dei Fratelli musulmani incapace di fermare la corsa verso il baratro e già in estrema difficoltà per la rivolta di piazza che ne pretendeva le dimissioni. La crisi economica era segnata dal calo di oltre due terzi delle entrate finanziarie e delle riserve valutarie nel 2012, dalle scarsissime produzioni di grano che hanno fatto aumentare sensibilmente il prezzo del pane e di vari generi di prima necessità, dall'aumento del costo della benzina e degli affitti che sommati alla cronica disoccupazione hanno fornito benzina alla protesta popolare. La previsione di agenzie e banche forse non era precisa ma può dare una motivazione di tipo economico all'intervento dell'esercito del 3 luglio, preannunciato dall'ultimatum lanciato 48 ore prima dai vertici militari.
Toccava al capo di Stato maggiore e ministro della Difesa, il generale Abdel Al Sisi annunciare la deposizione di Morsi nel pomeriggio del 3 luglio: "Malgrado i tentativi delle forze armate di spingere al dialogo e allentare la tensione - affermava il generale - il presidente Mohamed Morsi non ha risposto alle domande della gente". Al suo posto i militari nominavano capo dello Stato provvisorio Adli Mansour, il presidente della Corte Costituzionale, e sospendevano la Costituzione. Già nella notte del 3 luglio iniziavano le manifestazioni di protesta dei Fratelli musulmani e si contavano i primi 15 morti negli scontri con l'esercito.
Il ministro degli Esteri turco esprimeva la condanna del governo di Ankara denunciando il "colpo di stato militare", cosiccome il partito islamico al potere in Tunisia, Ennhada. Ma erano fra le poche voci contrarie. La linea dei paesi imperialisti in particolare era dettata dal presidente americano Barack Obama che nel pomeriggio del 4 luglio da Washington si diceva "preoccupato gravemente per la decisione delle forze armate egiziane di destituire il presidente Morsi e di sospendere la costituzione" e indicava che "il migliore fondamento per una stabilità durevole in Egitto è un ordine democratico con la partecipazione di tutti, forze secolari e religiose, civili e militari". E chiamava i militari a "restituire l'autorità di governo nella sua pienezza ad un governo civile e democraticamente eletto attraverso un processo trasparente e inclusivo". Come se Morsi non fosse stato eletto alla presidenza in una regolare competizione lo scorso anno.
In ogni caso Obama ha più di una carta per determinare il comportamento dei vertici militari egiziani a partire da quella costituita dall'assegno di 1,5 miliardi di dollari che ogni anno la Casa Bianca stacca a favore delle forze armate egiziane. Ma probabilmente col generale Al Sisi non è neanche necessaria dato che è un uomo di fiducia del Pentagono, preparato dall'accademia militare americana della Pennsylvania, ex capo dei servizi segreti militari e principale interlocutore di Israele. Il suo ultimo viaggio negli Usa risale a pochi mesi fa, all'11 febbraio quando col capo del Comando centrale americano e l'ambasciatrice americana al Cairo aveva discusso della cooperazione militare tra i due paesi nel quadro della "instabilità politica" al Cairo.
Nel giuramento del 4 luglio il nuovo presidente Mansour invitava anche i Fratelli musulmani a "condividere la costruzione della nazione". Il giorno seguente avrebbe annunciato anche lo scioglimento della Camera alta del parlamento, quella bassa era stata sciolta circa un anno fa dalle autorità militari poco prima dell'elezione di Morsi, e l'avvio delle consultazioni per la formazione di un nuovo esecutivo. Carica che in un primo momento sembrava fosse stata affidata a uno dei leader dell'opposizione, El Baradei, che in una intervista aveva appoggiato l'intervento dei militari affermando che "gli ordini di arresto preventivo decisi dalla magistratura nei confronti dell'ex presidente Morsi e di molti membri della Fratellanza sono stati atti necessari per garantire la sicurezza in Egitto ed evitare ulteriori spargimenti di sangue" "Sarò il primo ad alzare la voce se vedrò segnali di regressione della democrazia", aveva sostenuto, che detto dopo il golpe è tutto un programma. La sua nomina sembra saltata per l'opposizione dei Fratelli musulmani che lo definivano "uomo degli Usa".

10 luglio 2013