Egitto, un governo della destra del movimento popolare anti Morsi
Esclusi dal governo i comunisti revisionisti e i socialisti

Lo scorso 9 luglio il presidente egiziano ad interim Adli Mansour, insediato dai militari dopo la deposizione e l'arresto il 3 luglio dell'ex presidente Morsi, ha sospeso la Costituzione e emesso una "dichiarazione costituzionale" che definisce il percorso politico dei prossimi mesi per l'Egitto. Il decreto nomina un comitato costituente di saggi che dovrà presentare emendamenti alla Costituzione sospesa in vista di un nuovo referendum popolare confermativo della nuova carta fondamentale. Approvata la Costituzione, si terranno le elezioni politiche e di seguito le elezioni presidenziali, con l'obiettivo di chiudere il percorso entro la fine dell'anno.
La "road map" di Mansour era contestata dai Fratelli musulmani che denunciavano l'intervento dei militari, chiedevano la liberazione di Morsi e dichiaravano illegittimo il nuovo vertice egiziano con manifestazioni di piazza culminate in scontri con polizia e esercito e con un bilancio di diverse decine di morti, centinaia di feriti e arrestati.
La nomina da parte di Mansour alla vicepresidenza del liberale Mohammed El Baradei, leader del Fronte di salvezza nazionale (Fsn), e il 13 luglio del liberale Hesham Beblawi, ex ministro delle Finanze, a capo del governo erano il segno di come i militari stiano indirizzando la soluzione del dopo Morsi: al posto di un governo islamico liberale si è insediato un governo laico liberale. Un governo della destra del movimento popolare che ha dato vita alla rivolta contro il regime dei Fratelli musulmani e spinto l'allora ministro della Difesa e capo delle Forze armate, il generale Abdel Fattah al-Sisi, a rimuovere Morsi. Al-Sisi resta alla guida del ministero della Difesa e diventa anche vice-primo ministro assieme al socialdemocratico Ziad Bahaa-Eddin e al leader del partito liberale, Hossam Eissa. La carica di ministro degli Esteri è stata affidata a Nabil Fahmy, ambasciatore egiziano negli Stati Uniti. Quella di ministro delle Finanze a Ahmad Galal, un economista che ha lavorato per molti anni alla Banca mondiale mentre il ministro di Commercio e industria è l'uomo d'affari Abdel Wahab. Ministro del Lavoro è il sindacalista Kamal Abu-Eita, presidente della Federazione egiziana dei sindacati indipendenti, che ha assicurato che si metterà subito al lavoro sulla legge per le libertà sindacali e il salario minimo. Due delle emergenze sociali, assieme al carovita, all'accentramento dei poteri e al rifiuto dell'imposizione di leggi religiose che hanno favorito lo sviluppo del movimento di rivolta contro il tiranno Morsi e il governo dei Fratelli musulmani. Cui hanno partecipato anche sostenitori dell'ex dittatore Mubarak.
Il governo è retto da una coalizione di destra tra il partito liberale del vice-presidente El Baradei (Dostour) e i nazionalisti nasseristi, da forze socialdemocratiche e della minoranza cristiana copta. Una presenza che ha sollevato l'entusiasmo del capitalista cristiano Naguib Sawiris, il padrone di Wind, che ha annunciato di voler investire in Egitto "come mai prima d'ora".
"È un governo liberale che taglierà ulteriormente lo stato sociale", "il nuovo governo sarà dipendente dai militari perché non è frutto di un processo elettorale o rivoluzionario. Baradei e Beblawi si sono più volte espressi a favore della cancellazione dei sussidi e per la privatizzazione dell'alta educazione pubblica" denunciavano tra gli altri le formazioni dei comunisti revisionisti e socialisti esclusi dal governo. Mentre, sottolineavano, sono cooptati all'interno del nuovo governo i partiti socialdemocratici di regime e parte dei nazionalisti che per anni sono andati contro alle richieste dei lavoratori. A partire dal nuovo ministro del Lavoro il sindacalista nasseriano Kamal Abu-Eita.
Il nuovo governo è sostenuto a livello internazionale dai paesi arabi reazionari, dal Qatar che ha annunciato un ingente acquisto dei titoli egiziani garantiti dall'ancora immenso patrimonio pubblico nazionale, che il tiranno Morsi voleva privatizzare per recuperare finanziamenti a sostegno del disastrato bilancio nazionale. Altri 3 miliardi di dollari sono stati garantiti dagli Emirati arabi, aiuti finanziari preziosissimi per il governo di Mansour che non avrebbe quasi più fondi per tenere calmierati i prezzi di molti generi alimentari e della benzina.
Non verranno meno neanche gli aiuti militari americani con la Casa Bianca che ha garantito il versamento annuale di un miliardo e mezzo di dollari. L'esercito del generale filoamericano al-Sisi fa il "suo dovere" anche nel Sinai dove nel mese di luglio è stato impegnato in azioni contro attivisti del movimento palestinese Hamas. Il generale Ahmad Wasfy, comandante del corpo d'armata schierato nel Sinai, sottolineava il 15 luglio che "nelle ultime settimane sono state smantellate numerose cellule criminali di Hamas nella regione".

24 luglio 2013