Deciso dai ministri degli Esteri europei riuniti il 23 gennaio a Bruxelles
Provocatorio e bellicista embargo della Ue contro l'Iran
Nonostante le rassicurazioni del ministro Terzi, pesantemente danneggiata l'Italia
Gli Usa minacciano raid aerei

L'Unione europea (Ue) ha deciso di seguire gli Stati Uniti nella guerra, per ora economica, al governo di Teheran per bloccare il programma nucleare iraniano e ha varato un provocatorio e bellicista embargo contro l'Iran. I ministri degli Esteri dei 27 paesi Ue, nella riunione del 23 gennaio a Bruxelles, hanno approvato all'unanimità la decisione di porre il divieto di importare, acquistare o trasportare il greggio e i prodotti petroliferi iraniani a partire dal primo luglio prossimo, quando anche tutti i contratti in vigore dovranno essere chiusi. Nel pacchetto di sanzioni la Ue ha deciso di congelare i beni della Banca centrale iraniana e vietato il commercio di oro, metalli preziosi e diamanti con enti pubblici iraniani e la Banca centrale.
Gli imperialisti Usa e Ue accusano pretestuosamente l'Iran, paese firmatario del Trattato di non proliferazione nucleare (Tpn) nonché membro dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) di sviluppare armi nucleari; un'accusa respinta da Teheran che considera un suo diritto utilizzare l'energia nucleare per scopi pacifici.
Secondo il ministro degli Esteri britannico, William Hague, si tratta di sanzioni che non hanno precedenti nella storia recente dell'Ue e "dimostrano tutta la risolutezza europea verso l'Iran", una risolutezza che servirebbe, secondo la responsabile della politica estera dell'Unione Catherine Ashton "a essere sicuri che l'Iran prenda seriamente il nostro invito a tornare al tavolo" delle trattative sul dossier nucleare.
La decisione di Bruxelles è stata immediatamente appoggiata da una dichiarazione congiunta della cancelliera tedesca Angela Merkel, il premier britannico David Cameron e il presidente francese Nicolas Sarkozy che sollecitavano l'Iran a "sospendere immediatamente le attività nucleari sensibili" e di rincalzo accusavano falsamente il governo di Teheran di "non aver rispettato i vostri obblighi internazionali e avete esportato violenza nella regione". Una sentenza di condanna inappellabile solo in parte mitigata dall'affermazione che "la porta è aperta se l'Iran accetterà di impegnarsi seriamente nei negoziati sui suoi piani nucleari".
In sintonia col triunvirato della Ue si dichiarava anche il governo Monti. Sull'embargo petrolifero contro l'Iran "l'Italia è con l'Europa", affermava il ministro degli Esteri Giulio Terzi esprimendo la convinzione che il blocco "non avrà un impatto significativo sull'economia globale e sulle forniture globali". Terzi minimizzava le conseguenze della decisione Ue soprattutto per l'Italia: "l'effetto sarà trascurabile, vorrei dire nullo, per l'Italia". "Abbiamo fonti di approvvigionamento in progressiva differenziazione" spiegava ricordando la recente visita in Libia. Certo l'Italia ha ottenuto che il sistema delle sanzioni non tocchi il diritto dell'Eni di ritirare una quota di petrolio legato ai contratti siglati tra il 2001 e il 2002 per lo sviluppo dei giacimenti South Pars e Darquain. Ma è anche vero che è al quarto posto nella classifica degli importatori di petrolio iraniano dopo Cina, India e Giappone. Chiudere il rubinetto non sarà indolore.
Come non lo sarà per Grecia e Spagna che assieme all'Italia sono tra i principali importatori di petrolio iraniano nella Ue. Ovvero fra i paesi che hanno in questo momento maggiori difficoltà nella crisi economica. Lo ha ricordato il ministero degli Esteri iraniano che in un comunicato nel quale ha definito la decisione Ue "irragionevole" e "ingiustificata" e ha sottolineato che essa "colpisce direttamente i cittadini europei ed aggrava la crisi che stanno già sopportando".
Non è di questo che i governi imperialisti europei si sono preoccupati quando hanno deciso di aggiungere le nuove sanzioni al precedente congelamento degli asset di 433 società iraniane e al blocco dei visti per 133 persone, oltre a restrizioni su prodotti sensibili e alla proibizione degli investimenti nel settore degli idrocarburi.
Le sanzioni europee si sommano a quelle decise il 31 dicembre scorso dalla Casa bianca per mettere sotto pressione il governo della Repubblica islamica e spingerlo a concessioni sul dossier nucleare. Accompagnate da nuove minacce di intervento militare per tenere aperto lo Stretto di Hormuz nel caso la marina iraniana, lo chiudesse. "Se l'Iran deciderà di chiudere lo stretto l'America risponderà", ha ribadito anche recentemente il presidente americano Barack Obama che intanto ha inviato nel Golfo Persico un secondo gruppo navale guidato dalla portaerei Carl-Vinson, con i suoi caccia pronti ai raid.
Un portavoce del ministero degli Esteri iraniano affermava che "il metodo della minaccia, della pressione e delle sanzioni ingiuste contro una nazione che ha ragioni forti per sviluppare il suo programma è destinato a fallire", le misure punitive, aggiungeva, "non ci impediranno di raggiungere l'obiettivo che è un nostro diritto inalienabile".
Il nuovo embargo petrolifero deciso dall'Unione europea sarà inefficace, affermavano fonti iraniane che rendevano noto come Cina, Sudafrica e India abbiano già chiesto di poter aumentare le loro importazioni di greggio iraniano, assorbendo parte di quel 20% oggi destinato ai paesi europei. Il petrolio iraniano copre già il 10% del fabbisogno di Cina e India ed il 25% di quello del Sudafrica. Anche la Russia si schierava contro l'embargo e da Mosca partiva una notizia che riferiva dell'intenzione delle autorità indiane di pagare in oro il petrolio acquistato dall'Iran. Una misura presa in considerazione anche da Cina, Giappone e Corea del sud per abbandonare il dollaro.

25 gennaio 2012