Negli ultimi undici anni
700 mila persone emigrate dal Sud al Nord d'Italia
Il triste primato appartiene a Puglia, Sicilia e Campania. Cercano di sfuggire alla disoccupazione soprattutto i giovani e i laureati
Il Mezzogiorno è agli ultimi posti in Europa

Nell'Italia capitalista del 2000, uno tra gli 8 paesi più ricchi e sviluppati del mondo, la triste condizione dell'emigrante non riguarda soltanto i disperati provenienti dai paesi poveri, ma tocca - caso unico in Europa - anche a centinaia di migliaia di italiani del nostro Meridione, costretti ancora ad emigrare al Nord per procurarsi di che vivere. Anzi, ultimamente, l'Italia sembra essere tornata indietro agli anni '50 e '60 del secolo scorso, con una forte ripresa dell'emigrazione dalle regioni del Sud a quelle del Nord, anche se oggi a partire non sono più contadini e braccianti semi analfabeti ma giovani scolarizzati, perlopiù diplomati e laureati.
Negli ultimi 11 anni, dal 1997 al 2008, sono stati infatti ben 700 mila i meridionali emigrati al Nord in cerca di un lavoro, di cui 122 mila solo l'anno scorso; con una netta tendenza in ascesa, quindi. È come se ogni anno un'intera città di medie dimensioni si trasferisse dal Sud al Nord d'Italia. E quel che è peggio è che ad andarsene è soprattutto la parte più giovane e qualificata della popolazione, contribuendo così ad approfondire il fossato che divide il Mezzogiorno dal resto del Paese.

L'emigrazione dei giovani
È questa la triste fotografia fornita dall'ultimo rapporto dello Svimez, l'istituto per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno, che ritrae un'Italia desolatamente uguale al passato, un'Italia eternamente divisa in due, con un Sud che non dà da vivere e prospettive ai giovani e li costringe ad andarsene in cerca di un incerto avvenire al Nord, la parte in cui sono tuttora concentrate la maggior parte della ricchezza e delle attività economiche del Paese. Questa nuova ondata migratoria è formata per ben l'80% da persone sotto i 45 anni e per circa la metà da persone con istruzione superiore. Una su quattro è laureata. In particolare se ne vanno sempre di più i laureati con il massimo dei voti: nel 2004 erano il 25%, tre anni dopo sono diventati il 38%.
Aumentano anche gli studenti del Sud che se ne vanno a studiare al Nord. Su 96 mila iscritti all'università, ben un terzo, 24 mila, si iscrivono ad atenei del Nord, con conseguente pendolarismo e aggravio di spesa per le famiglie; e dopo la laurea solo uno su tre ritorna a casa. Ciò si traduce in un progressivo declassamento del sistema formativo del Mezzogiorno, che si va inesorabilmente restringendo di anno in anno. Anche perché chi sceglie o è costretto a restare a studiare al Sud, dopo la laurea ben difficilmente troverà un lavoro adeguato al tipo e al livello degli studi compiuti: su 72 mila universitari rimasti al Sud, infatti, solo 31 mila troveranno un qualche lavoro in loco, mentre altri 15 mila dovranno cercarselo al Nord. In totale, su 96 mila universitari del Meridione, 37 mila lavorano al Sud, 26 mila al Nord e il resto, ben 33 mila, resta disoccupato.
Il grosso di questo moderno "esercito di riserva" del capitalismo italiano che è l'emigrazione interna dal Sud al Nord, cioè l'87%, è fornito da tre sole regioni: Campania, Puglia e Sicilia, dove l'anno scorso le partenze sono state rispettivamente 25, 12 e 11 mila. Uno sconfortante primato che conferma lo sfruttamento e l'abbandono a cui da sempre sono particolarmente soggette queste regioni, tanto potenzialmente ricche di risorse naturali, economiche, culturali ed umane, quanto depauperate e devastate dalla speculazione capitalistica e dal malgoverno intrecciato con le mafie e la delinquenza organizzata.

Aumenta il pendolarismo verso il Centro-Nord
È aumentato anche il fenomeno del pendolarismo di "lungo raggio", forse ancor peggiore dell'emigrazione vera e propria, vale a dire di meridionali che lavorano al Centro-Nord ma sono costretti a tornare a casa nei fine settimana o a intervalli più lunghi perché il costo della vita troppo alto e/o la precarietà del lavoro non giustificano il cambio di residenza. Si parla di 173 mila persone che nel 2008 vivevano in questa infernale condizione; e il fenomeno è in aumento, tanto che è cresciuto di 23 mila unità rispetto al 2007, con un balzo cioè del 14%.
Ma non sono soltanto i dati sulla ripresa massiccia dell'emigrazione interna, e in particolare di giovani con istruzione superiore e laureati, a fare del nostro Paese un caso unico in Europa e a sospingere il nostro Mezzogiorno verso gli ultimi posti tra le regioni del vecchio continente. Altri dati forniti dallo Svimez, come il numero delle famiglie povere, i consumi, gli investimenti, la distribuzione dell'acqua, i servizi pubblici come Asl e poste, la gestione dei rifiuti, l'amministrazione della giustizia, la rete di protezione sociale per bambini, anziani e senza lavoro, ecc., confermano tutti quanti e invariabilmente che il divario tra il Sud d'Italia nei confronti del resto del Paese, nonché dell'Europa, si va approfondendo sempre di più anziché colmarsi.
Una situazione che si fa ogni giorno più intollerabile ed esplosiva, anche in conseguenza del dilagare al Nord delle spinte secessioniste mascherate da federalismo della Lega neofascista e razzista, incoraggiate dal governo del neoduce Berlusconi e tollerate anche, al limite della complicità attiva, dalla "sinistra" borghese. Una politica miope, egoistica e punitiva, questa della borghesia del Nord, che ha già portato a prosciugare quasi del tutto anche quel poco di risorse che nel passato erano destinate allo sviluppo del Mezzogiorno, e che sta provocando fra l'altro la nascita di movimenti "autonomisti", equivoci, secessionisti e a rischio infiltrazioni mafiose, come l'MPA di Lombardo e il "partito del Sud" minacciato da Micciché.
Posizioni che vanno entrambe combattute e sconfitte dal proletariato e dalle masse popolari unite del Sud come del Centro e del Nord, avendo come obiettivo fermo e irrinunciabile la Questione meridionale come primo problema del Paese: nel quadro però della lotta più generale per l'Italia unita, rossa e socialista, la sola che potrà mettere fine per sempre al secolare squilibrio tra il Mezzogiorno e il resto del Paese.

29 luglio 2009