Megacollocamento in Borsa per 100 mila miliardi
IL GOVERNO D'ALEMA
SVENDE L'ENEL AI PRIVATI
Dopo 37 anni i rinnegati del comunismo pongono fine al monopolio pubblico
dell'elettricità. Previsti tagli occupazionali per 25mila unità entro il 2004
"E' la più grande
privatizzazione mai promossa dal Tesoro e l'Enel sarà la maggiore società quotata al
mondo in termini di capitalizzazione": così un raggiante ministro del Tesoro Amato
ha presentato alla stampa i risultati della collocazione in Borsa dell'ex monopolio
elettrico pubblico, realizzata attraverso una colossale Opv (offerta pubblica di vendita)
di oltre un terzo del capitale azionario della società, svoltasi in tutte le banche e gli
uffici postali d'Italia dal 25 al 29 ottobre.
Preceduta da una martellante campagna pubblicitaria televisiva, costata ben 38 miliardi,
la vendita della prima tranche dell'Enel ha infatti polverizzato ogni record, non solo in
Italia ma addirittura nel mondo, per numero di compratori (quasi 4 milioni), per numero di
quote prenotate (quasi 4 miliardi di azioni) e per ricavato (quasi 35 mila miliardi),
mentre per capitalizzazione è solo di poco inferiore alla Telecom, con 101 mila miliardi.
Il governo del rinnegato D'Alema ha dunque mantenuto in pieno quanto promesso al grande
capitale un anno fa, quando annunciò il piano di liberalizzazione del mercato
dell'energia che avrebbe dovuto preparare in tempi brevi la riprivatizzazione dell'ex ente
pubblico creato 37 anni fa dai primi governi di "centro sinistra". In base a
tale piano dal febbraio '99 il 30% del mercato dell'elettricità è stato aperto alla
concorrenza privata, quota destinata a salire al 33% nel 2000 e al 40% entro il 2002.
Inoltre, a partire dal 2003, l'Enel dovrà ridurre la propria produzione di energia
elettrica al 50% del totale nazionale, vendendo ai privati le sue centrali per non meno di
15 mila megawatt. Già sono in atto manovre delle due più importanti società elettriche
private, l'Edison e la Sondel (gruppo Falck), per mettere le mani su importanti impianti
Enel: rispettivamente sul Genco 2 o Elettrogen, da 5.500 megawatt, e sul Genco 3 o
Interpower, da 2.600 megawatt; mentre la centrale più grande, il Genco 1 o Eurogen, da
7.000 megawatt, dovrebbe andare in Borsa.
Nel piano approvato dal Consiglio dei ministri a novembre dell'anno scorso era ribadita
anche la decisione di procedere entro il '99 alla vendita della prima tranche dell'Enel,
cosa che è puntualmente avvenuta col megacollocamento in Borsa di fine ottobre.
Inizialmente il Tesoro aveva deciso la cessione di una quota compresa tra il 15 e il 18%
del capitale azionario. Dopo aver ottenuto il via libera dei valletti cossuttiani, offerto
ufficialmente dall'ex banchiere Nerio Nesi, il governo aveva aumentato tale quota al 20%,
in previsione della forte domanda che già si profilava, sia da parte degli investitori
istituzionali (fondi di investimento e investitori esteri), sia da parte dei piccoli e
medi risparmiatori.
Il prezzo di vendita per azione, per un lotto minimo di 1.000 azioni, era compreso tra un
minimo di 3,4 euro, pari a 6.583 lire, e 4,3 euro, pari a 8.326 lire, da stabilire a
chiusura dell'offerta. L'introito per le casse dello Stato sarebbe stato compreso tra i 16
e i 23 mila miliardi. Il 60% delle azioni erano destinate agli investitori istituzionali,
il 25% riservate ai dipendenti dell'ente, e la restante parte a disposizione del pubblico.
Sta di fatto che fin dalla vigilia del lancio dell'Opv le prenotazioni hanno avuto un vero
boom, superando di tre volte l'offerta. Evidentemente al mercato ha fatto subito gola
poter mettere le mani sul colosso italiano dell'energia, uno dei maggiori gruppi
industriali al mondo, forte di qualcosa come 38 mila miliardi di fatturato e 4.286
miliardi di utile. E questo nonostante che nel 2000 sia prevista una riduzione delle
tariffe del 10%, in quanto, come spiegato dal suo amministratore delegato, Franco Tatò,
ciò avverrà senza calo degli utili, perché sarà compensato da un "recupero di
efficienza", tra cui una riduzione del 30% dei dipendenti, pari a 25.000 unità entro
il 2004.
Ecco scoperti gli altarini delle tanto osannate privatizzazioni! Al di là di come le
presentano demagogicamente i rinnegati al governo, quasi fossero un modello di efficienza
e di progresso contro gli "sprechi" e l'"ineffi-cienza" dello
"statalismo", le privatizzazioni non possono sfuggire alla loro logica
intrinseca, che è quella di realizzare il massimo profitto possibile per gli azionisti.
Il che nel caso dell'Enel, come per tutte le aziende di servizi privatizzate, si tradurrà
fatalmente col tempo nella tendenza ad aumentare le tariffe, a tagliare le spese per la
sicurezza e l'adeguamento ecologico degli impianti, e a tagliare le spese per il personale
sopprimendo posti di lavoro e aumentando la produttività.
Lo hanno compreso bene i lavoratori dell'ente, che alla notizia del preannuncio di 25.000
"esuberi", scavalcando l'immobilismo delle stesse direzioni sindacali, si sono
messi in agitazione e hanno cominciato i primi scioperi di protesta. Uno sciopero è stato
attuato il 28 ottobre in Lombardia, la prima di una serie di iniziative di lotta a livello
regionale contro la vendita ai privati delle centrali di Tavazzano, Sermide, Turbigo e
Ostiglia.
Ma questo rovescio della medaglia è stato accuratamente nascosto dal governo e dai
vertici sindacali collaborazionisti all'opinione pubblica, che anzi è stata irretita da
una sapiente campagna propagandistica a finanziare l'operazione comprando in massa, e a
carissimo prezzo, le azioni della società in vendita. Tant'è vero che vista l'enorme
richiesta il governo (sempre con l'assenso servile del PdCI, fino a ieri
"contrario" alla privatizzazione), ha deciso di elevare la quota di
privatizzazione dal 20 a circa il 35%, e di abbassare il lotto minimo acquistabile a 500
azioni, il cui prezzo definitivo è stato comunque fissato al livello massimo, 4,3 euro:
"è il più grande collocamento iniziale mai effettuato nel mondo", ha
sottolineato il ministro Amato, aggiungendo che ora "grazie alla signora Enel (alla
quale, ha ricordato, fu proprio lui nel '92 a cambiare di sesso trasformandola da ente
pubblico in società per azioni) l'obiettivo del taglio del debito è raggiunto".
La riprivatizzazione dell'Enel ha polverizzato ogni record anche dal punto di vista delle
privatizzazioni già realizzate, che pure secondo il direttore generale del Tesoro,
Draghi, hanno fruttato ben 21 mila miliardi nel '98, pari all'1% del Pil, superiori agli
stessi obiettivi fissati nel Dpef 1999-2001, che ne stimava 15.000. La svendita dell'Enel
non solo fa fare una brusca impennata alle privatizzazioni dal punto di vista della
quantità, ma rappresenta emblematicamente l'apice della politica ultraliberista seguita
dai governi da quello Amato in poi, che hanno smantellato sistematicamente l'industria di
Stato e favorito il predominio del mercato capitalistico in tutti i campi. è paradossale,
ma significativo dei tempi che corrono nel regime della seconda repubblica neofascista,
che mentre 37 anni fa la nazionalizzazione dell'industria elettrica fu una condizione
posta dai social traditori del PSI in cambio della loro collaborazione governativa con la
DC, oggi la riprivatizzazione dell'ente è un regalo che i rinnegati del comunismo offrono
su un piatto d'argento al grande capitale in pegno delle agognate poltrone di governo che
si sono meritati.
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