1895 - 5 agosto - 2011 - 116° Anniversario della morte del grande Maestro del proletariato internazionale e cofondatore del socialismo scientifico
Ispiriamoci a Engels sul partito del proletariato

In occasione del 116° Anniversario della morte di Engels, grande Maestro del proletariato internazionale e cofondatore del socialismo scientifico, che cade il 5 agosto vogliamo rendergli omaggio pubblicando la lettera di Engels a Bebel e la circolare-lettera di Marx ed Engels a Bebel, Liebknecht, Bracke e altri che rappresentano una lezione marxista sul ruolo del partito del proletariato nella direzione della lotta di classe "grande leva del rivolgimento sociale dei tempi moderni". Il partito operaio socialdemocratico citato dai due Maestri oggi deve essere interpretato come Partito marxista-leninista.

Engels a Bebel
Londra, 20 giugno 1873

... Non ci si deve lasciar trarre in errore dagli strilli per l'"unificazione". Coloro che più hanno in bocca questa parola sono i più grandi seminatori di discordia; come i bakunisti svizzeri del Giura, iniziatori di tutte le scissioni, che non fanno altro che gridare all'unità. Questi fanatici dell'unificazione o sono delle intelligenze limitate, i quali vogliono mescolare tutto in un pasticcio indeterminato, che basterebbe mettere assieme perché le differenze portassero a contrasti ancora più vivaci, perché si troverebbero allora assieme in una sola pentola (in Germania ne avete un bell'esempio in coloro che predicano la conciliazione degli operai e dei piccoli borghesi); oppure sono delle persone che incoscientemente (come per esempio Mülberger) o coscientemente vogliono falsificare il movimento. Perciò i peggiori settari e i più grandi attaccabrighe e canaglie sono in certi momenti quelli che reclamano con più alti strilli l'unificazione. Nella nostra vita nessuno ci ha mai dato più fastidi, nessuno ci ha teso più insidie che i rumorosi predicatori di unificazione.
Naturalmente ogni direzione di partito vuol vedere dei successi, e ciò è anche molto bene. Ma vi sono delle circostanze in cui bisogna avere il coraggio di sacrificare il successo momentaneo a cose più importanti. Specialmente per un partito come il nostro, il cui successo finale è così assolutamente sicuro e che nei tempi nostri e sotto i nostri occhi si è sviluppato in modo così colossale, non vi è sempre e assolutamente bisogno del successo immediato. Prendete, ad esempio, l'Internazionale. Dopo la Comune essa ebbe un successo colossale. I borghesi atterriti la ritenevano onnipotente. La grande massa dei membri credeva che sarebbe sempre stato così. Noi sapevamo molto bene che la vescica doveva scoppiare. Ogni sorta di gente si appiccicava all'Internazionale. I settari che vi erano nelle sue file divennero tracotanti e abusarono dell'Internazionale, nella speranza che si sarebbero loro permesse le più grandi sciocchezze e bassezze. Noi non lo tollerammo. Pur sapendo che la vescica alla fine doveva scoppiare, non si trattava per noi di rinviare la catastrofe, ma solo di aver cura che l'Internazionale ne uscisse pura e non falsificata. All'Aja la vescica scoppiò, e voi sapete che la maggioranza dei congressisti ritornò dall'Aja con un senso di amara delusione. Eppure quasi tutti questi delusi, che si immaginavano di trovare nell'Internazionale l'ideale della fratellanza e della conciliazione universali, avevano a casa loro delle risse molto più aspre che quella che scoppiò all'Aja! Ora i settari seminatori di discordia predicano la conciliazione e ci denunciano a gran voce come intolleranti e dittatori! E se all'Aja ci fossimo condotti da conciliatori, se avessimo mascherato lo scoppio della scissione, - quale sarebbe stata la conseguenza? I settari, cioè i bakunisti, avrebbero avuto tempo per un anno di fare in nome dell'Internazionale sciocchezze e infamie ancora più grandi; gli operai dei paesi più avanzati si sarebbero ritratti con disgusto; la vescica non sarebbe scoppiata, ma si sarebbe sgonfiata lentamente, colpita da punture di spillo; e il congresso successivo, che avrebbe dovuto ad ogni modo portare alla crisi, si sarebbe ridotto a una delle più scandalose e basse risse personali, perché il principio sarebbe stato già sacrificato all'Aja! Allora l'Internazionale sarebbe stata veramente rovinata, - rovinata dall'"unità"! Invece noi ci siamo distaccati, con onore per noi, dagli elementi corrotti (i membri della Comune che sono stati presenti all'ultima riunione decisiva affermano che nessuna seduta della Comune ha lasciato in loro una impressione così profonda come questo giudizio dei traditori del proletariato europeo), li abbiamo lasciati mentire, calunniare e intrigare a loro agio per dieci mesi con tutte le loro forze, - e dove sono essi ora? Essi, i pretesi rappresentanti della maggioranza dell'Internazionale, dichiarano che non osano venire al prossimo Congresso (i particolari in un articolo che viene in pari tempo inviato al "Volksstaat"). E se dovessimo tornare addietro, non agiremmo, nelle grandi linee, diversamente. Errori tattici, naturalmente, sono sempre possibili.
Ad ogni modo io credo che i migliori dei lassalliani col tempo verranno a voi da sé, e che perciò non sarebbe saggio strappare il frutto prima che sia maturo, come vogliono i fautori dell'unificazione.
Del resto già il vecchio Hegel aveva detto: un partito si rivela come vittorioso in quanto si scinde e può sopportare la scissione. Il movimento del proletariato attraversa di necessità diverse fasi di sviluppo; ad ogni fase una parte dei membri rimane addietro e non va oltre...

 
Marx ed Engels a Bebel, Liebknecht, Bracke e altri

"Lettera circolare"
Londra, [metà settembre 1879]

... Il rimprovero speciale che si fa qui a Schweitzer consiste nel fatto che Schweitzer avrebbe ridotto il lassallianismo, che qui viene concepito come un movimento filantropico democratico borghese, al livello di una lotta unilaterale degli operai industriali per i loro interessi; mentre Schweitzer in realtà ha approfondito il movimento come lotta di classe degli operai industriali contro i borghesi. In seguito gli si rimprovera di aver "respinto la democrazia borghese". Ma che cosa ha da fare la democrazia borghese nel partito socialdemocratico? Se essa è composta di "uomini onesti", essa non può volervi entrare e se vuole entrarvi ad ogni modo, è solo per tesservi degli intrighi.
Il partito lassalliano "preferì comportarsi nel modo più unilaterale come partito operaio"... I signori che scrivono questo sono essi stessi membri di un partito che si comporta nel modo più unilaterale come partito operaio; essi coprono in esso cariche e uffici. Vi è qui una incompatibilità assoluta. Se essi pensano quello che scrivono, debbono uscire dal partito, o per lo meno abbandonare le cariche e gli uffici. Se non lo fanno, confessano di voler approfittare della loro posizione ufficiale per combattere il carattere proletario del partito. Il partito dunque tradisce sé stesso, se li lascia nelle loro cariche e nei loro uffici.
Il partito socialdemocratico dunque, secondo l'opinione di questi signori, non deve essere un partito unilaterale operaio, ma un partito plurilaterale "di tutti gli uomini pieni di vero amore per l'umanità". Per provarlo esso deve anzitutto respingere le rozze passioni proletarie e sotto la direzione dei borghesi filantropi e colti "formarsi un buon gusto" e "imparare le belle maniere" (pag. 85). Allora i "modi grossolani" di alcuni capi cederanno il posto a un "modo borghese" ben educato. (come se i modi esteriormente grossolani di coloro cui si fa allusione qui non fossero la minima delle cose che si possono loro rimproverare!) Allora si troveranno pure "numerosi aderenti proveniente dalle classi colte e possidenti. Queste infatti devono essere conquistate, affinché... l'agitazione possa avere successi tangibili".
Il socialismo tedesco ha "attribuito troppo valore alla conquista delle masse, e ha invece trascurato di fare un'energica (?) propaganda nei cosiddetti alti strati della società". Poiché "mancano ancora al partito gli uomini che siano in grado di rappresentarlo nel Reichstag". Ma è "desiderabile e necessario affidare i mandati a uomini che abbiano avuto abbastanza tempo e possibilità di studiare a fondo gli argomenti da trattare. Il semplice operaio e il piccolo artigiano... solo in rari casi eccezionali hanno l'agio di farlo". Eleggete dunque dei borghesi!
Per farla breve: la classe operaia da sola è incapace di liberarsi. Per liberarsi essa deve sottomettersi alla direzione di borghesi "colti e possidenti", i quali soltanto "hanno il tempo e la possibilità" di studiare ciò che può recar vantaggio agli operai. E, in secondo luogo, per tutto l'oro del mondo non bisogna combattere la borghesia, - ma conquistarla con una energica propaganda.
Ma se si vogliono conquistare gli strati superiori della società o anche solo i suoi elementi ben disposti, non bisogna in nessun modo spaventarli. Ed ecco che i tre zurighesi credono di aver fatto una scoperta atta a rassicurarli.
"Il partito mostra proprio ora, sotto la pressione della legge contro i socialisti, che esso non ha l'intenzione di seguire la via della rivoluzione violenta e sanguinosa, ma che è deciso... a percorrere la via della legalità, cioè della riforma". Dunque, se i 500-600 mila elettori socialdemocratici, 1/10-1/8 di tutto il corpo elettorale, e per giunta dispersi su tutto il vasto paese, sono così ragionevoli da non rompersi la testa contro il muro e da non tentare, uno contro dieci, una "rivoluzione sanguinosa", ciò prova che essi rinunciano una volta per sempre a sfruttare un grande avvenimento internazionale, un'improvvisa ondata rivoluzionaria da esso suscitata, e persino una vittoria conquistata dal popolo nella collisione sorta in conseguenza! Se Berlino dovesse di nuovo mostrarsi così screanzata da fare un 18 marzo, i socialdemocratici invece di prendere parte alla lotta come "canaglia da barricate" (p. 88), dovranno piuttosto "seguire il cammino della legalità", predicare la calma, demolire le barricate, e in caso di necessità marciare insieme col glorioso esercito contro le masse unilaterali, rozze, incolte. E se i signori affermano che il loro pensiero non è questo, quale è dunque il loro pensiero?
Ma vi è anche di meglio.
"Con quanto maggior calma, oggettività, ponderatezza esso (il partito) si comporterà dunque nella sua critica della situazione attuale e nelle sue proposte di modificazioni ad essa, tanto meno potrà essere ripetuto il colpo che ora (con la introduzione delle leggi contro i socialisti) è riuscito, e col quale la reazione cosciente ha fatto paura alla borghesia col fantasma rosso" (pag. 88).
Per togliere alla borghesia anche l'ultimo resto di paura le si deve dimostrare in modo chiaro ed evidente che il fantasma rosso è in realtà soltanto un fantasma, che esso non esiste. Ma qual è il segreto del fantasma rosso, se non la paura della borghesia davanti all'inevitabile lotta a morte tra essa e il proletariato? La paura davanti all'improrogabile battaglia finale della lotta di classe moderna? Si distrugga la lotta di classe, e la borghesia e "tutti gli uomini liberi" "non si vergogneranno di marciare a fianco dei proletari"! E chi sarebbe ingannato, sarebbero precisamente i proletari.
Dimostri dunque il partito col suo atteggiamento umile e sottomesso di aver messo da parte una volta per sempre le "sconvenienze e gli eccessi" che hanno offerto il pretesto per la legge contro i socialisti. Se egli prometterà di sua propria iniziativa di non uscire dai limiti della legge contro i socialisti, Bismarck e i borghesi ben faranno la grazia di sopprimere questa legge, diventata allora inutile!
"Ci si comprenda bene", noi non vogliamo "rinunciare al nostro partito e al nostro programma, ma pensiamo che per parecchi anni abbiamo abbastanza da fare, se rivolgiamo tutta la nostra forza, tutta la nostra energia, al raggiungimento di determinati fini accessibili, e che debbono ad ogni costo essere raggiunti prima che si possa pensare alla realizzazione dei fini più lontani". Allora verranno a noi in massa anche i borghesi, i piccoli borghesi e gli operai che "ora la paura delle rivendicazioni più ampie... tiene lontani".
Al programma non si deve rinunciare, si deve solo rinviarne l'applicazione - a tempo indeterminato. Lo si accetta, ma non per sé e per il proprio periodo storico, bensì per l'avvenire, come una eredità da lasciare ai figli, e ai figli dei figli. Nel frattempo si dedica "tutta la forza e l'energia" a ogni sorta di cose insignificanti e di lavori di rammendo della società capitalistica, affinché si abbia l'impressione che qualcosa accade, ma in pari tempo la borghesia non sia spaventata. Molto meglio allora il comunista Miquel, che essendo incrollabilmente convinto che la società capitalistica dovrà inevitabilmente crollare tra alcune centinaia di anni, lo dimostra dandosi attivamente alla speculazione, contribuisce nella misura delle sue forze al crollo del 1873 e in questo modo fa realmente qualche cosa per la caduta del presente regime.
Un'altra violazione delle belle maniere sono stati gli "attacchi esagerati ai Gründer" [affaristi], i quali erano poi "soltanto figli dei tempi"; "le insolenze contro Strausber e gli altri suoi pari... sarebbe perciò stato bene evitarle". Purtroppo tutti gli uomini sono "soltanto figli dei tempi", e se questa è una giustificazione sufficiente, allora non si deve più attaccare nessuno, cessa ogni polemica, ogni lotta da parte nostra; ci prendiamo in santa pace tutte le pedate dei nostri avversari, dal momento che noi, i saggi, ben sappiamo che costoro sono "soltanto figli dei tempi" e non possono fare diversamente da ciò che fanno. Invece di rendere loro le pedate con usura, dobbiamo piuttosto compatire i poveretti.
Allo stesso modo la nostra posizione a favore della Comune ha avuto lo svantaggio "che sono stati respinti da noi elementi che propendevano verso di noi, e che in generale l'odio della borghesia contro di noi è aumentato". E inoltre, il partito "non è del tutto innocente per l'introduzione della legge di ottobre, perché esso ha in modo inutile attizzato l'odio della borghesia".
Eccovi il programma dei tre censori di Zurigo. Esso non lascia niente a desiderare quanto alla chiarezza. Tanto meno per noi, che conosciamo molto bene questi discorsi sin dal 1848. Sono i rappresentanti della piccola borghesia che si fanno avanti, pieni di paura che il proletariato, spinto dalla sua situazione rivoluzionaria, non "vada troppo in là". Invece di opposizione politica decisa, mediazione generale; invece della lotta contro il governo e i borghesi, il tentativo di conquistarli e di convincerli; invece della resistenza tenace alle persecuzioni dall'alto, sottomissione servile e la confessione di aver meritato la pena. Tutti i conflitti storicamente necessari vengono interpretati come malintesi e ogni discussione finisce con la dichiarazione che in fondo siamo tutti di un solo parere. Coloro che nel 1848 si presentavano come democratici borghesi, possono altrettanto bene chiamarsi oggi socialdemocratici. Come per quelli la repubblica democratica, così per questi l'abbattimento del regime capitalistico è cosa irraggiungibilmente lontana, e non ha dunque assolutamente nessuna importanza per la pratica politica attuale: si può dunque fare i conciliatori, gli accomodatori, i filantropi quanto si vuole. Lo stesso per quanto riguarda la lotta di classe tra il proletariato e la borghesia. Sulla carta la si riconosce, perché non la si può più negare nella pratica però essa viene mascherata, diluita, attenuata. Il partito socialdemocratico non deve essere un partito operaio, non deve attirare su di sé l'odio della borghesia né di nessun altro, in generale; deve soprattutto fare un'energica propaganda tra la borghesia; invece di prestare attenzione a fini lontani, che spaventano i borghesi e sono ad ogni modo irraggiungibili nella nostra generazione, deve piuttosto consacrare tutta la sua forza ed energia a quelle piccole meschine riforme piccolo-borghesi che offrono alla vecchia società nuovi sostegni, e perciò potrebbero forse trasformare la catastrofe finale in un processo di dissoluzione graduale e possibilmente pacifico. Costoro sono gli stessi che sotto la parvenza di un'attività febbrile non solo non fanno niente essi stessi, ma cercano anche di impedire che accada in generale qualcosa di diverso dal... chiacchierare; sono gli stessi la cui paura di ogni azione nel 1848 e nel 1849 frenò ad ogni passo il movimento e infine lo portò alla sconfitta; sono gli stessi che vedono una reazione e poi sono tutti stupiti di trovarsi alla fine in un cul di sacco dove non è più possibile né la fuga né la resistenza; gli stessi che vogliono confinare la storia nel loro angusto orizzonte piccolo-borghese, e di cui la storia non tiene mai conto, ma passa all'ordine del giorno.
Per quanto riguarda il loro socialismo, esso è già stato sufficientemente criticato nel "Manifesto" nel capitolo sul "Socialismo tedesco o vero". Dove la lotta di classe viene messa in disparte come cosa sgradevole e "rozza", non rimane altro come base del socialismo che il "vero amore degli uomini" e frasi vuote sulla "giustizia".
Il fatto che persone provenienti dalle classi finora dominanti aderiscano al proletariato militante, e gli portino elementi di istruzione, è inevitabile e giustificato da tutto il corso degli avvenimenti. Lo abbiamo già detto chiaramente nel "Manifesto". Si deve però qui far attenzione a due cose.
In primo luogo queste persone, per essere (veramente) utili al movimento proletario, devono portare con sé dei veri elementi di istruzione. Ma questo non si può dire della grande maggioranza dei borghesi tedeschi convertiti. Né la "Zukunft" né la "Neue Gesellschft" hanno portato con sé qualcosa che abbia fatto fare al movimento un solo passo avanti. Manca ivi assolutamente il vero materiale istruttivo di fatti o teorico. Vi si trovano invece dei tentativi di mettere in accordo le idee socialiste superficialmente assimilate con le più svariate posizioni teoriche, che i signori hanno portato con sé dall'Università o da qualche altra parte e di cui l'una è più confusa dell'altra, grazie al processo di decomposizione in cui si trovano oggi i resti della filosofia tedesca. Invece di incominciare a studiare a fondo per conto proprio la nuova scienza, ognuno si è sforzato piuttosto di adattarla alle sue opinioni precedenti, si è creata in un batter d'occhio una propria scienza privata e si è fatto avanti con la pretesa di volerla insegnare. Perciò esistono tra costoro tante opinioni quante sono le teste; invece di metter in chiaro qualche problema hanno creato una confusione indicibile, - per fortuna solo tra di loro. Il partito può molto bene fare a meno di istruttori il cui primo principio è di insegnare agli altri ciò che essi stessi non hanno imparato.
In secondo luogo. Quando siffatte persone provenienti da altre classi aderiscono al movimento proletario, la prima esigenza è che non portino con sé nessun residuo di pregiudizi borghesi, piccolo-borghesi, ecc., ma che facciano propria senza riserve la concezione del proletariato. Quei signori invece, come è dimostrato, sono saturi di idee borghesi e piccolo-borghesi. In un paese così piccolo-borghese come la Germania queste idee hanno certamente una loro giustificazione. Ma solo fuori del partito operaio socialdemocratico. Se i signori si costituiscono in partito socialdemocratico piccolo-borghese, essi sono nel loro pieno diritto; in tal caso si potrebbe entrare in trattative con loro, a seconda dei casi concludere un blocco, ecc. Ma in un partito operaio essi sono un elemento estraneo. Se vi sono delle ragioni per tollerarli nel partito, vi è il dovere di tollerarli soltanto, di non consentire loro nessuna influenza sulla direzione del partito, di rendersi sempre conto che la rottura con essi è solo una questione di tempo. Questo tempo, del resto, sembra essere arrivato. Non riusciamo a capire come il partito possa continuare a tollerare nelle sue file gli autori di questo articolo. Se la direzione del partito cadrà nelle mani di gente simile, il partito sarà semplicemente castrato e la sua tempra proletaria sarà finita.
Per ciò che ci riguarda, dopo tutto il nostro passato una via sola ci resta aperta. Per quasi quarant'anni abbiamo messo in luce che la lotta di classe è la forza motrice fondamentale della storia, e che in particolar modo la lotta di classe tra la borghesia e il proletariato è la grande leva del rivolgimento sociale dei tempi moderni; ci è quindi impossibile marciare assieme con persone che vogliono cancellare dal movimento questa lotta di classe. Quando venne fondata l'Internazionale formulammo espressamente il grido di battaglia: la liberazione della classe operaia deve essere l'opera della classe operaia stessa. Ci è quindi impossibile marciare assieme con persone che dichiarano apertamente che gli operai sono troppi incolti per liberarsi da sé, e che debbono essere liberati dall'alto, da grandi e piccoli borghesi filantropi. Se il nuovo organo del partito assumerà una posizione che corrisponda alle opinioni di quei signori, se sarà borghese e non proletario, anoi, per quanto ci possa rincrescere, non rimarrà altro da fare che prendere apertamente una posizione contraria e rompere la solidarietà grazie alla quale sinora abbiamo rappresentato il partito tedesco di fronte all'estero. Ma speriamo che non si giunga sino a questo...

(in Karl Marx scritti scelti, Edizioni in lingue estere, Mosca 1944, vol. II, pag. 538-40 e 544-550).

27 luglio 2011