All'assemblea nazionale di programma di Chianciano
Epifani disegna per la Cgil una linea riformista interclassista
Il segretario ha chiesto un congresso "dall'impianto politico unitario": "Rete 28 Aprile" non ci sta: presenterà un suo documento "alternativo". Rinaldini rivendica un "congresso vero che si misuri su quale sindacato del futuro vogliamo"
Ambiguo l'invito all'unità a Cisl e Uil sui temi della crisi
Si è svolta a Chianciano, dal 15 al 17 luglio, la conferenza nazionale di programma della Cgil cui hanno preso parte 1.500 delegati. Iniziata con la relazione del segretario generale Guglielmo Epifani e titolata: "L'Italia e la crisi. Occupazione, diritti e welfare: le nuove sfide dell'eguaglianza", ha visto il contributo tra gli altri del segretario generale della Ces, John Monks, e di vari esponenti di primo piano della "sinistra" borghese, i due principiali candidati alla segreteria del PD, Bersani e Franceschini in testa, ma anche del segretario del PRC Ferrero e del redivivo Bertinotti, per parte sindacale, sono intervenuti i segretari di Cisl e Uil Bonanni e Angeletti. Per la parte governativa è venuto addirittura il ministro per l'Economia, Giulio Tremonti, con il quale Epifani ha avuto uno stucchevole "faccia a faccia" davanti ai delegati sulla politica economica del governo con riferimento al Dpef 2009-2013 varato dal consiglio dei ministri praticamente in contemporanea. Poco il tempo rimasto per gli interventi dei delegati.
A questo appuntamento la Cgil ci è arrivata per così dire, in salute. Questi i dati del tesseramento relativi al 2008, resi pubblici nella circostanza. Complessivamente le tessere sono risultate 5.734.855 con un aumento di 37.081 rispetto al 2007. I lavoratori attivi sono cresciuti di 33.783 unità, pari all'1,25% (malgrado la crisi economica in atto). Sono i giovani e gli immigrati ad aver fatto principalmente la differenza: più 11% i primi, più 30% i secondi. Mentre le donne hanno segnato un incremento del 6%. Segno evidente che i furiosi attacchi del governo, con i ministri Sacconi e Brunetta tra i più attivi, i tentativi messi in essere con la complicità della Confindustria e di Cisl e Uil di emarginare e ridimensionare la Cgil non hanno avuto gli effetti sperati.

XVI congresso della Cgil
Obiettivo principale di questa conferenza di programma, preparare l'imminente XVI congresso nazionale della Confederazione, ossia fornire ad esso la linea politica di fondo. A questo proposito, il direttivo nazionale della Cgil, già fissato per il 21 luglio, dovrà decidere l'intero iter congressuale, la costituzione delle commissioni, la scrittura (tra settembre e ottobre) del documento sulla base del quale far svolgere il dibattito congressuale, le assemblee di base da terminarsi entro gennaio, poi i congressi di categoria e quelli territoriali, di Camera del Lavoro e regionali intercategoriali, infine l'assise nazionale che si dovrebbe tenere tra marzo e aprile del prossimo anno. Un congresso che, per Epifani, può considerarsi delineato nei suoi tratti essenziali sia nella determinazione della linea sia riguardo alla elezione del nuovo segretario nella persona di Susanna Camusso, visto che a metà del 2010 scade il suo secondo e ultimo mandato di segretario generale. Un congresso, dunque, che secondo le sue intenzioni dovrebbe svolgersi in modo unitario, senza particolari dissensi interni. Lo ha detto nelle sue conclusioni con queste parole: "Se dall'impianto generale discusso (in assemblea di programma, ndr) non ci sono impostazioni alternative, questo ci può aiutare a provare a lavorare a un congresso che abbia fondamento forte e chiaro di unità della nostra organizzazione".

La "Rete 28 Aprile" e la Fiom
"Rete 28 Aprile" non ci sta a partecipare a un congresso precostituito. Non ci sta ad abbassare l'attenzione sull'accordo separato quadro che "non introduce solo nuove regole contrattuali ma prefigura un nuovo modello di sindacato". E ha deciso di presentare un proprio documento congressuale "in quanto riteniamo questo congresso... uno dei più importanti, se non il più importante degli ultimi 20 anni". Che documento sarà quello della "Rete"? "Sarà un documento di contenuti sindacali, dalla contrattazione, all'aumento del reddito, alle condizioni generali di vita e di lavoro delle persone che vogliamo rappresentare, ma il punto politico resta: quale modello di sindacato? Consideriamo finita la stagione della concertazione. Quindi siamo ad un bivio: o si sceglie la strada del sindacato partecipativo e complice dell'impresa (modello Cisl-Sacconi) o la strada del sindacato contrattuale e conflittuale".
Anche il segretario della Fiom ha detto la sua in proposito. Per lui "c'è bisogno di un congresso vero, che si misuri su quale sindacato del futuro vogliamo costruire", e la presenza di più documenti non mette in "discussione il congresso unitario". Non si può non fare i conti con l'accordo separato sul modello contrattuale e le sue conseguenze (ad esempio per il contratto dei metalmeccanici sono state presentate due piattaforme rivendicative, una della Fiom e l'altra di Fim e Uilm) che hanno aperto "uno scenario completamente nuovo di fronte al quale dovremo decidere se rientrare o se portare avanti un nostro programma, che apra in termini unitari ma in un'altra direzione rispetto a quella intrapresa da Cisl e Uil".

I contenuti della relazione di Epifani
Ma che tipo di linea Epifani ha proposto nella sua ampia relazione (due ore di lettura piene)? Quale la filosofia a cui si è rifatto? Quali sono i temi che ha posto al centro del dibattito? Quali i punti di riferimento citati? Quali le proposte concrete? Difficile dare una risposta in poche righe. L'ispirazione di fondo è senza dubbio di tipo riformista di origine socialdemocratica o laburista. Che lui ripropone analizzando la "crisi globale" in atto come crisi del neoliberismo che nell'ultimo ventennio ha fatto da padrone in tutto il mondo industrializzato, con in testa i paesi anglosassoni, Europa compresa, come crisi del "modello di sviluppo" che ne era derivato provocando guasti e squilibri enormi e ineguaglianze spropositate. Il taglio riformista lo si nota quindi sin dall'analisi della situazione presente: la causa non è il sistema economico capitalista e imperialista con le sue contraddizioni insanabili (ancor più evidente con l'avvento della "globalizzazione") ma una certa politica economica, una certa gestione del potere, il "mercato" senza controlli, l'individualismo e l'egoismo portati all'eccesso.
Il taglio riformista socialdemocratico lo si nota ancor più nelle ricette per affrontare la crisi. Per Epifani è sufficiente invertire la rotta nella gestione dell'economia sia globale sia nazionale con un "ritorno della politica" e un intervento più forte dello Stato in termini di regolazione, indirizzo e programmazione in questo sembra riecheggiare la parola d'ordine della "programmazione democratica" sostenuta qualche decennio fa dai socialisti e dall'ex PCI revisionista. Una politica che produca un "nuovo" modello di sviluppo (produzione, distribuzione del reddito, consumi) sviluppando in particolare l'economia verde e il lavoro verde. Una politica che, nel contempo riduca gli squilibri e le ingiustizie. E qui Epifani lancia due "idee forza", o per meglio dire rilancia visto che a suo dire fa parte del patrimonio della Cgil da Giuseppe Di Vittorio a Bruno Trentin, idee che devono stare al centro della strategia del sindacato: "la persona come titolare di diritti e di doveri" e la cittadinanza come "terreno di una nuova strategia sindacale: uguaglianza dei diritti, autonomia della persona, costruzione di una rete concreta di solidarietà, pieno riconoscimento del pluralismo e delle diversità". A sostegno di queste idee Epifani cita addirittura Obama il quale nell'affrontare la crisi agisce per "rafforzare il ruolo dello Stato nella regolazione dell'economia, ma anche a inaugurare una stagione di programmazione, costruzione ed indirizzo dello sviluppo economico". Sempre di tipo capitalistico, va aggiunto però. L'altro sponsor è nientemeno che papa Ratzinger di cui piace la ricetta scritta sulla sua recente enciclica per addolcire il sistema capitalistico.
Esaminando le misure di politica economica del governo Berlusconi, ivi compreso il Dpef appena varato dal consiglio dei ministri, Epifani le critica per "inadeguatezza", per "inefficacia", ma alla fine il rimprovero più forte che gli rivolge è, in sostanza, di non fare come Obama.
Il riformismo di Epifani emerge con chiarezza anche quando parla della necessità di sviluppare la democrazia non solo politica ma anche sociale ed economica. Parla di questo tema saltando a pie' pari la denuncia, questa sì essenziale e vitale del processo di "riforme" istituzionali finalizzate a completare i caratteri neofascisti, presidenzialisti, federalisti e interventisti della terza repubblica. Un processo che è davanti agli occhi di tutti e che con l'attuale governo Berlusconi sta conoscendo un'accelerazione grave. Anzi, il leader della Cgil cita il federalismo fiscale e la sussidiarietà come provvedimenti positivi purché siano accompagnati da un principio di solidarietà e di "partecipazione democratica". C'è la denuncia forte della legge xenofoba e razzista sulla "sicurezza" ma, fuori da quest'analisi perde di peso. Quando parla di "democrazia sociale" pensa a forme di concertazione del sindacato (e altre associazioni) sul territorio con gli enti locali. Quando parla di "democrazia economica" anche qui pensa a forme di concertazione nelle aziende per trovare le possibili convergenze tra padroni e lavoratori che coniughino esigenze produttive e di competitività delle aziende e diritti dei lavoratori.
Questa proposta di "democrazia economica", allo stato piuttosto nebulosa, si differenzia da quella della Cisl che vorrebbe i lavoratori partecipare all'azionariato aziendale e avere una rappresentanza nei consigli di amministrazione, ma ha in sé comunque caratteri cogestionari e neocorporativi.

Mano tesa a Cisl e Uil
Epifani non convince nemmeno quando tratta la vicenda dell'accordo separato sul modello contrattuale e la rottura con Cisl e Uil che ne ha fatto seguito. Invece di farne un tema centrale del dibattito e della costruzione della linea, visto che da quell'accordo emerge non solo una concezione contrattuale ma anche una concezione del sindacato padronale e corporativa. La liquida con un "confermiamo il nostro dissenso". Ciò non in modo casuale. La verità è che Epifani vuole ricucire lo strappo al più presto con Bonanni e Angeletti a partire dai temi attinenti la crisi economica e alle sue ricadute sui lavoratori. Anche perché, va ricordato, la piattaforma unitaria sindacale per affrontare il negoziato con governo e Confindustria sulla "riforma" della contrattazione non era molto distante dall'accordo che poi è stato imposto, senza il consenso della Cgil.
Epifani comunque propone di risolvere i conflitti tra le confederazioni concordando un sistema di rappresentanza dei lavoratori certa, anche se non specifica come debba avvenire questa certificazione, per legge?
Epifani richiama in questo il Protocollo Prodi sul welfare sottoscritto da tutte e tre le confederazioni sindacali e dalle associazioni padronali e votato, si vanta, dalla maggioranza dei lavoratori che parteciparono al referendum. Se il riferimento a tale protocollo avversato, va detto anche questo, da tantissimi lavoratori, certe annotazioni sul fisco, sulla questione salariale, sul precariato, sui diritti per i migranti, sulle disparità esistenti a danno delle donne anche condivisibili, prendono un'altra luce.
In questo senso una indicazione la dà subito in apertura quando richiama la precedente conferenza di programma della Cgil, tenutasi vent'anni fa, sempre a Chianciano, dall'allora segretario Bruno Trentin che, rifacendosi alle idee di Di Vittorio, assume "una nuova tensione progettuale del sindacato" che metta "al centro la persona come titolare di diritti e di doveri" e una "nuova idea di cittadinanza intesa come processo aperto e universalistico di inclusione sociale e di piena valorizzazione dell'autonomia di scelta, nel lavoro e nella società, del proprio progetto di vita". "La cittadinanza - prosegue - diventa il terreno di una nuova strategia sindacale: uguaglianza dei diritti, autonomia della persona, costruzione di una rete concreta di solidarietà, pieno riconoscimento del pluralismo e delle diversità".
Questa strategia sindacale, basata sulla persona non sulla classe operaia e sui lavoratori, lanciata negli anni '90 e che, alla prova dei fatti, non ha prodotto un fico secco, se è vero come è vero che da allora ad oggi le condizioni di vita e di lavoro delle masse lavoratrici sono costantemente peggiorate, anche grazie all'accordo del luglio '93, i diritti sindacali e contrattuali deregolamentati, smantellati, il lavoro totalmente precarizzato, la distribuzione del reddito si è modificata a favore dei profitti e a sfavore dei salari che hanno perso rispetto alla dinamica del Pil e come potere d'acquisto, e anche nel campo dei diritti sociali ci sono stati arretramenti sensibili. Lo stesso discorso vale a livello internazionale nel rapporto tra Paesi ricchi e poveri e in relazione al sottosviluppo del Terzo mondo che tale è rimasto in buona sostanza. Questa strategia sindacale per Epifani va rilanciata oggi che segna la crisi verticale del neoliberismo. Per lui infatti, la "crisi globale" che stiamo vivendo, la più grave degli ultimi 80 anni, è causata (solo) dal fallimento del neoliberismo e del "modello di sviluppo" ad esso informato.
In questa convinzione (lo sviluppo deve avere al centro la persona e i suoi diritti) Epifani si sente appoggiato dall'ultima enciclica di papa Benedetto XVI. Non solo, Epifani vede un modello in Obama su come affrontare la crisi, un'azione tesa a "rafforzare il ruolo dello Stato nella regolazione dell'economia, ma anche a inaugurare una stazione di programmazione, costruzione ed indirizzo dello sviluppo economico". È la classica posizione del riformismo socialdemocratico.

22 luglio 2009