Dando via libera a Francia e Germania di rinviare il risanamento dei conti
L'Europa si spacca sul "Patto di stabilità"
L'Ecofin scavalca a "sinistra" la commissione di Prodi

La riunione dell'Ecofin, dei ministri delle Finanze dei 15 paesi dell'Unione europea (Ue) del 25 novembre a Bruxelles doveva deliberare sulle sanzioni da applicare contro Francia e Germania perché i loro conti di bilancio non rispettano i parametri del patto di stabilità definito per sostenere il nascente Euro nel 1997; i due paesi alle prese con la crisi economica che ha fatto saltare i conti del bilancio e spinto il deficit oltre la soglia stabilita del 3% del prodotto interno lordo (Pil) hanno chiesto più tempo per avviare il risanamento dei conti e lo hanno ottenuto grazie al blocco di voti realizzato con Gran Bretagna, Italia e Lussemburgo. Il fronte del no alla richiesta di dilazione avanzata da Parigi e Berlino, guidato da Spagna, Olanda, Austria e Finlandia, non è riuscito a ottenere la maggioranza qualificata dei 2/3 dei voti ponderati, il sistema che assegna 10 voti ai paesi più grandi e per gli altri a scalare fino ai 2 del Lussemburgo, e è stato battuto.
La decisione dell'Ecofin ha mostrato un'Europa spaccata sull'applicazione del Patto di stabilità e ha scavalcato a "sinistra" la Commissione di Prodi che ha reclamato il rispetto degli accordi sottoscritti e voleva la punizione degli inadempienti come già era avvenuto negli anni scorsi per il Portogallo. Tra l'altro Prodi a capo del governo dell'Ulivo era stato uno dei protagonisti nell'applicazione dei rigidi parametri del Patto di stabilità all'Italia con una politica di lacrime e sangue pagata dai lavoratori e dalle masse popolari per portare l'Italia tra i paesi fondatori della moneta unica europea. La stessa politica adottata in Spagna da Aznar. Quei parametri erano stati definiti sotto la spinta della Germania per mantenere una artificiosa stabilità di bilancio a garanzia della stabilità dell'Euro, minata secondo Berlino dalle voragini dei deficit di bilancio in particolare di Italia e Spagna.
Il Patto di stabilità definisce che i bilanci raggiungano la parità tra entrate e uscite nel 2006; nel periodo transitorio dal 1997 al 2005 definiva che il deficit potesse essere al massimo l'equivalente del 3% del Pil. Il controllo del Patto era affidato alla Banca centrale europea mentre i conti dei bilanci erano verificati ogni anno dall'Ecofin. In caso di non rispetto della soglia del 3% del Pil il Patto prevede un tempo di dodici mesi per riaggiustare i conti e una ammenda se lo sforamento del parametro prosegue dopo tale termine.
La procedura era stata applicata nei confronti del piccolo Portogallo ma quando è venuto il momento dei due grandi Francia e Germania la soluzione è stata diversa. Le trattative dovevano concludere una discussione iniziata un anno e mezzo fa con il primo avviso alla Francia, la prima a sforare il 3%, in sede di Eurogruppo, i 12 paesi che aderiscono all'Euro. Il 24 novembre l'Eurogruppo apre le ostilità bocciando la proposta della Commissione che indicava per Parigi e Berlino l'obbligo di ridurre il deficit strutturale dell'1% e dello 0,8% rispettivamente nel 2004, di istituire il sistema di vigilanza sulle loro economie e in caso di macato raggiungimento degli obiettivi l'adozione di multe fino al valore dello 0,5% del Pil. Francia e Germania proponevano impegni più bassi per il 2004 e ottenevano il via libera dell'Eurogruppo col voto contrario di Spagna, Olanda, Austria e Finlandia. Nel documento approvato a maggioranza si affermava inoltre che la riduzione del deficit non è obbligatoria ma vincolata all'andamento economico.
La decisione dell'Eurogruppo era portata il 25 novembre alla riunione dell'Ecofin, ovvero degli stessi paesi più Gran Bretagna, Svezia e Danimarca, per la decisione formale. Che con il sostegno dell'altro grande paese, la Gran Bretagna, è una semplice ratifica della precedente. E la Ue si è spaccata.