Approvata dalla Camera nera
La falsa legge anticorruzione che porta il marchio di Berlusconi
Il PD ha sostenuto il varo del provvedimento che favorisce i corrotti e i corruttori
Napolitano non la deve firmare

Com'era largamente previsto, il 31 ottobre la Camera nera ha approvato a larghissima maggioranza e senza ulteriori modifiche, e quindi in via definitiva, il disegno di legge Alfano-Severino, la cosiddetta legge anticorruzione. I sì sono stati 499, contro 19 no e 25 astenuti. A votare contro sono stati solo i deputati dell'IDV. Il giorno precedente, per non correre il minimo rischio, il governo aveva messo la fiducia sul provvedimento, la 41ª dal suo insediamento, ottenendola con 460 voti a favore contro 76 no e 13 astenuti. Oltre all'IDV a votare no alla fiducia al governo era stata anche la Lega, che però nel farlo aveva annunciato il suo sì finale al provvedimento perché, come aveva dichiarato senza vergogna a nome del Carroccio Luca Paolini, "come diceva Tremonti, piuttosto che niente è meglio piuttosto".
È così passata, con voto pressoché plebiscitario, una falsa legge anticorruzione, un provvedimento di facciata sostanzialmente immutato rispetto a quello di partenza presentato ben due anni fa dal governo Berlusconi, per buttare fumo negli occhi delle masse sempre più disgustate e indignate dalla corruzione e dagli scandali in cui erano immersi il neoduce e la sua cricca. Nel frattempo non solo questi si sono moltiplicati e allargati all'intero "centro-destra" (vedi i casi Bossi, Formigoni e Polverini), ma se ne sono aggiunti altri anche da parte dei partiti della "sinistra" borghese, come ad esempio gli scandali Tedesco, Penati e Lusi.
E questo spiega perché il PD non abbia ostacolato, e anzi abbia favorito in tutti i modi l'approvazione del provvedimento, come ha rivendicato per bocca del suo responsabile per la Giustizia, Andrea Orlando, che in dichiarazione di voto ha voluto puntualizzare: "Il Presidente Monti, con una discutibile - mi si consenta - dichiarazione, ha sostenuto che i limiti del disegno di legge sono dovuti alle resistenze dei partiti. Dal PD non ne sono venute". Una puntualizzazione tanto più sciocca e ipocrita perché rivolta a una legge di cui il deputato del PDL Maurizio Paniz (quello che sostenne e fece votare alla Camera che Berlusconi credeva davvero che Ruby fosse la nipote di Mubarak), ha rivendicato sfrontatamente il copyright al suo partito, perché porta la firma dell'ex Guardasigilli Alfano e dell'ex ministro della Funzione pubblica Brunetta, e perché "ha per il 70 per cento dei contenuti già predisposti dal precedente Governo".

Omissioni compiacenti, sconti di pena e furbate varie
Si tratta quindi di un provvedimento di facciata, che non solo non contrasta veramente la corruzione, ma per certi aspetti favorisce i corrotti e i corruttori, come abbiamo messo in evidenza nell'analisi del ddl pubblicata sul n. 39 de Il Bolscevico, e che qui riassumiamo brevemente: mancanza del ripristino del reato di falso in bilancio, sostanzialmente abolito da Berlusconi nel 2002, il che consente ai corruttori di continuare a crearsi fondi neri per corrompere i pubblici funzionari. Mancanza del reato di autoriciclaggio, che avrebbe consentito di scovare e colpire i corrotti al momento di reinvestire questi fondi. Mancanza della non punibilità del corrotto o del concusso che accetta di collaborare con la giustizia, che se lo fa va in galera anche lui per cui si crea una sorta di solidarietà criminale tra i coinvolti.
I reati di traffico di influenze e di voto di scambio sono perseguibili esclusivamente se c'è stato passaggio di denaro, e la pena è al massimo di 3 anni, inferiore al millantato credito, il che esclude guarda caso la possibilità per il magistrato inquirente di richiedere l'autorizzazione alle intercettazioni; col paradosso che se uno millanta di aver trafficato con un pubblico ufficiale può prendere 4 anni, se lo fa davvero ne prende solo 3. Il reato di concussione è scisso in due, e quello "per induzione", di gran lunga il più frequente, è stato depenalizzato dalla pena massima di 12 anni a quella di 8 anni, con il conseguente accorciamento della prescrizione da 15 a 10 anni: si calcola che grazie a questo giochetto circa la metà dei processi in corso per concussione andranno in prescrizione, compresi probabilmente, sempre guarda caso, quello del PD Penati e quello di Berlusconi per il caso Ruby.
Non c'è nemmeno l'incandidabilità dei condannati: non diciamo degli inquisiti, come dovrebbe essere per un paese che lo pretende per qualsiasi concorso pubblico, e nemmeno dei già condannati in primo grado e in appello, ma nemmeno dei condannati con sentenza definitiva in Cassazione, che potranno tranquillamente continuare a entrare in parlamento e rivestire cariche pubbliche.
Questa materia è stata rinviata a un decreto legislativo del governo a cui stanno lavorando la Guardasigilli Severino, la ministra dell'Interno Cancellieri e il ministro della Funzione pubblica Patroni Griffi, che però prevede l'incandidabilità dei condannati solo in 3° grado e a una pena superiore a 2 anni per i reati contro la pubblica amministrazione. Peccato che statisticamente l'87% dei corrotti ne patteggia meno di due, e in ogni caso la legge concede i domiciliari per le pene fino a 4 anni, per cui male che vada la stragrande maggioranza dei corrotti non farà nemmeno un giorno di carcere. Naturalmente, se poi scatta la prescrizione, non c'è condanna e quindi neanche l'incandidabilità.

Una legge col marchio di Berlusconi
Si pensi che perfino una fonte insospettabile di "giustizialismo" come l'avvocato Alessandro Sammarco, che in passato ha difeso Berlusconi, Previti e Dell'Utri, ha dichiarato a Il Fatto Quotidiano che "siamo di fronte a una legge anticorruzione che aiuta i corruttori del passato, presente e futuro". Per esempio quelli della "cricca" di Bertolaso e co. potrebbero appellarsi alla nuova legge per vedersi derubricare il reato da corruttori a "induttivamente concussi", usufruendo dei relativi sconti di pena e accorciamento della prescrizione. E perfino i già condannati per tangentopoli, secondo Giammarco, potrebbero farsi riaprire i processi per sfruttare le possibilità offerte dalla nuova normativa.
La cosa ancor più assurda è che non solo questa legge porta inequivocabilmente il marchio di Berlusconi, ma il fatto di averla accettata con le modifiche compiacenti della Severino e l'acquiescenza zelante del PD, fa sentire in diritto il partito del neoduce di pretendere pure una contropartita, al punto che il suo capogruppo alla Camera, il piduista Cicchitto, non si è vergognato di dichiarare: "Per completare l'opera in modo equilibrato è necessario approvare la legge sulle intercettazioni e sulla responsabilità civile dei giudici".
Questa legge è perciò solo una legge di facciata per la corruzione, anzi la favorisce ulteriormente e crea un alibi al neoduce Berlusconi per attribuirsi titoli di merito nella sua guerra ad oltranza per sottomettere la magistratura che ha proclamato recentemente da villa Gernetto. Se ascoltasse davvero l'opinione pubblica, i magistrati dell'Anm, i tanti insigni giuristi e costituzionalisti che l'hanno criticata e denunciata, Napolitano non la dovrebbe firmare e dovrebbe anzi rinviarla alle Camere. Ma sappiamo che il nuovo Vittorio Emanuele III, tutto preso dalla missione di proteggere il governo Monti fino alla scadenza naturale della legislatura, si guarderà bene dal farlo.

7 novembre 2012