Scheletri nell'armadio delle Forze armate
Fare luce sul ruolo delle SS italiane nelle stragi del '43-'45

Sono passati oltre 10 anni da quando, nell'estate del 1994, il procuratore Antonio Intellisano, alla ricerca di prove a carico del boia delle SS Eric Priebke, incriminato per la strage delle Fosse Ardeatine, scoprì, quasi per caso, in uno sgabuzzino di Palazzo Cesi, sede degli uffici giudiziari militari centrali a Roma, "l'armadio della vergogna": un vecchio mobile marrone protetto da un cancello con tanto di lucchetto, con le ante chiuse a chiave e rivolte verso il muro in cui erano nascosti 695 fascicoli contenenti le denunzie circostanziate con tanto di nomi, testimonianze e fonti di prova dei responsabili degli eccidi compiuti dai nazifascisti durante l'occupazione tra il 1943 e il 1945 e riguardanti il massacro di 15.000 mila civili innocenti in gran parte donne, vecchi e bambini.
Due indagini conoscitive, una da parte del Consiglio della magistratura militare e l'altra della Commissione Giustizia, più una Commissione d'inchiesta parlamentare istituita nell'ottobre del 2003 e presieduta dall'Udc Flavio Tanzilli non sono ancora riuscite a fare luce sulle responsabilità dei governi che si sono succeduti dal dopoguerra fino ad oggi; sul ruolo delle SS italiane nelle stragi, e soprattutto sul perché dentro quell'armadio sono stati insabbiati per quasi 50 anni i 695 fascicoli su cui il 14 gennaio 1960 l'allora procuratore generale militare Enrico Santacroce appose il timbro "provvisoriamente archiviati" permettendo così a centinaia di criminali di guerra di farla franca.
Interrogativi a cui le varie indagini non solo non hanno dato risposte chiare ma al contrario hanno aggiunto altri inquietanti dubbi. Ad esempio non è stato ancora chiarito perché i fascicoli "archiviati", sia pure con una formula a dir poco ambigua, sono rimasti a Palazzo Cesi anziché essere catalogati nell'archivio degli atti dei Tribunali di guerra soppressi e del Tribunale speciale per la difesa dello Stato.
Questa circostanza, che da sola dimostra che in realtà i fascicoli furono occultati e non archiviati a Palazzo Cesi, ha indotto il Consiglio della magistratura militare a deliberare, in data 7 maggio 1996, una indagine conoscitiva per stabilire "le dimensioni, le cause e le modalità della `provvisoria archiviazione"'. L'indagine si è conclusa con l'approvazione di una relazione conclusiva che però non chiarisce nemmeno uno degli aspetti per cui era stata istituita.
Poi ci sono altri particolari molto inquietanti che non quadrano: perché ad esempio solo una parte, ma non tutti i fascicoli, all'indomani della scoperta furono inviati alle procure militari competenti che, sia pure con 50 anni di ritardo riavviano le inchieste, mentre 202 incartamenti rimangono a Roma e non vengono assegnati a nessuna procura?
Le informazioni contenute nei fascicoli inviati alle varie procure competenti hanno già permesso in diversi casi di istruire, sebbene con oltre cinquant'anni di ritardo, alcuni importanti processi come quello per la strage di Sant'Anna di Stazzema, in corso a La Spezia. Quello contro il boia delle Ardeatine Priebke; due contro Theodor Saevecke (responsabile dell'eccidio di piazzale Loreto a Milano) e Friedrich Engel (capo delle SS a Genova e organizzatore delle stragi in Liguria), condannati all'ergastolo dal Tribunale militare di Torino; infine uno a Verona che si è concluso con la condanna all'ergastolo dell'SS ucraino Michael Seifert, rifugiatosi in Canada dopo aver seviziato e ucciso con il suo camerata Otto Sein decine di prigionieri nel campo di prigionia di Bolzano.
Mentre altre stragi sono rimaste ancora senza colpevoli come ad esempio quella nel campo di prigionia di Fossoli, a due chilometri da Carpi, il 12 luglio 1944 dove furono trucidati 67 prigionieri come ritorsione per l'uccisione a Genova di tre o sei soldati tedeschi.
Dunque perché non fare la stessa cosa con gli altri 202 trattenuti a Roma? Perché la procura militare continua ad occultarli? Cosa contengono? Forse i nomi di altri boia nazisti ancora in vita e di ex repubblichini che hanno partecipato agli eccidi e che magari oggi ricoprono importanti cariche istituzionali, politiche e economiche?
"Volevo farne una ricerca storico giuridica" si è giustificato il 25 maggio scorso davanti alla Commissione parlamentare il procuratore generale militare presso la corte di cassazione Giuseppe Scandurra che ha disposto il blocco dei fascicoli a Roma. E in effetti è stato accertato che Scandurra su quei fascicoli ci ha lavorato e anche molto tra il 1997 e il 1999. Li apre, e pur non avendone titolo, comincia a indagare. Incarica perfino il colonnello Bruno Brunetti di svolgere accertamenti per suo conto. In almeno 5 o 6 casi Brunetti scopre "cose interessanti" . ad esempio che l'inchiesta contro il capitano delle SS italiane Paolo Comelli, imputato di "omicidio e aiuto al nemico" può essere riaperta e portata avanti. Nel paesino in provincia di Milano dove Comelli ha compiuto alcuni dei suoi infami crimini c'è ancora un testimone diretto in grado di indicare i responsabili dell'eccidio. Ma Scandurra, informato dei fatti, non muove un dito, non apre nessuna inchiesta. Perché? Perché Scandurra e la procura militare continuano ad accanirsi nell'occultamento di questi 202 fascicoli?
Da un componente della Commissione parlamentare recentemente è venuta fuori una voce secondo cui "la maggior parte dei reati descritti nei 202 fascicoli occultati dalla procura militare sono stati compiuti dalle SS italiane".
Una ragione in più per andare in fondo e rendere giustizia alle 15 mila vittime e ai loro familiari che aspettano invano da oltre 50 anni. Per far si che finalmente siano chiamati a pagare insieme ai carnefici nazifascisti anche i "bravi ragazzi di Salò" e con essi gli insabbiatori dei fascicoli che ancora si annidano ai massimi vertici politici e militari e che li hanno protetti in questi anni.

12 gennaio 2005