Il Patto Vidoni del 1925 e l'accordo separato di Fiat Mirafiori
Fascismo, allora come oggi

Da Marchionne a Marcegaglia, da Berlusconi a Sacconi hanno fatto a gara nel giudicare "storico" l'accordo separato di Mirafiori del 23 dicembre scorso, siglato dal vertice aziendale e dai sindacati complici. E per le cose che stanno dentro a questo accordo, per i cambiamenti radicali in senso negativo che determina, non gli si può dar torto. Non si tratta di "modernità" ma di regressione, non un andare avanti ma un tornare indietro.
A molti è venuto a mente infatti un precedente storico che calza bene con l'accordo imposto da Marchionne, il seguente: il 2 ottobre del 1925 Mussolini come presidente del Consiglio, la Confindustria e i sindacati corporativi, nazionalisti e fascisti firmarono a Palazzo Vidoni un patto sociale che eliminava le commissioni interne e il diritto dei lavoratori a scegliersi liberamente le proprie rappresentanze sindacali. "Tutti i rapporti contrattuali tra industriali e maestranze - è scritto in questo patto - dovranno intercorrere tra le Organizzazioni dipendenti dalla Confederazione dell'industria e quelle dipendenti dalla Confederazione delle Corporazioni. In conseguenza - continua - le commissioni interne di fabbrica sono abolite e le loro funzioni sono demandate al sindacato locale, che le eserciterà solo nei confronti della corrispondente Organizzazione industriale".
Il diktat di Marchionne, in sostanza, raggiunge gli stessi obiettivi liberticidi e fascisti. Elimina, per la prima volta dal dopoguerra, nella più grande fabbrica industriale italiana il diritto alla contrattazione nazionale e le libertà sindacali. Non sarà più possibile per i lavoratori scegliere liberamente a quale sindacato aderire e non potranno più votare le proprie rappresentanze sindacali aziendali. I sindacalisti di fabbrica, come in epoca fascista, saranno esclusivamente nominati dalle organizzazioni sindacali complici dell'azienda e come allora potranno essere chiamati "fiduciari". Nell'accordo di Mirafiori sono previsti infatti la cancellazione della Rsu e il ritorno alle Rsa non elette dai lavoratori ma nominate dall'alto dai sindacati territoriali. È previsto, inoltre, che solo i sindacati firmatari dell'accordo possono avere rappresentanze aziendali che equivale a mettere la FIOM fuori dalla fabbrica ed impedire ad essa ogni agibilità sindacale.
La cancellazione delle libertà sindacali, la limitazione del diritto di sciopero, l'asservimento dei sindacati complici, in un'ottica neocorporativa e aziendalistica, serve a Marchionne per imporre condizioni di lavoro improntate alla massima flessibilità degli orari e al più alto livello di sfruttamento dei lavoratori, per instaurare una disciplina da caserma. Nel sistema Marchionne, non c'è la carota, c'è solo il bastone: ossia autoritarismo, repressione, neofascismo.
La FIOM sin dall'inizio ha denunciato con forza questo pericolo. Che non è stato colto in generale dalla "sinistra" borghese, PD in testa. È stato sottovalutato, per non dire ignorato, anche dalla CGIL di Susanna Camusso e prima di lei di Guglielmo Epifani. Costoro, sin dall'accordo separato di Pomigliano, avrebbero potuto mettere in campo tutta la forza della CGIL e dei lavoratori, invece di tentennare tra firmare non firmare. E così costruire da subito un ampio fronte di opposizione alla linea di Marchionne; il che avrebbe permesso, di conseguenza, anche di aprire delle contraddizioni nel fronte padronale. Susanna Camusso, diventata segretaria generale della CGIL, invece di imboccare la strada di un "patto sociale" con la Confindustria della Marcegaglia e per questa via, illusoria, mettere un freno al nuovo Valletta, in vista del nuovo accordo fotocopia per Mirafiori del 23 dicembre, avrebbe potuto proclamare lo sciopero generale e non lo ha fatto, giacché solo con la mobilitazione, solo con la lotta di piazza è possibile fermare e sconfiggere il neofascismo e il neocorporativismo di Marchionne.
A proposito della storia. Occorre evitare in ogni modo l'errore di sottovalutazione e di immobilismo compiuto negli anni venti dalle forze politiche e sociali che spianarono la strada a Mussolini. Il neoduce Berlusconi e il nuovo Valletta Marchionne vanno fermati e sconfitti in tempo, prima che sia troppo tardi.

19 gennaio 2011