I ritocchi di Monti alla superstangata approvata dalla camera nera
Un fazzolettino per asciugare lacrime e sangue
Napolitano: "anche i meno abbienti devono fare sacrifici
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Con 402 voti a favore e 75 contrari la Camera nera ha approvato il 16 dicembre con la fiducia il decreto cosiddetto "salvaItalia" del governo Monti, ossia la superstangata da 30 miliardi che contiene l'abolizione delle pensioni d'anzianità e altri tagli alla previdenza, il ripristino dell'Ici sulla prima casa, l'aumento dell'Iva e altre misure da massacro sociale. Il provvedimento passa ora al Senato nero, dove si prevede un'approvazione in tempi rapidi senza modifiche al testo e sempre col voto di fiducia, probabilmente entro Natale.
A votare contro sono stati solo l'Italia dei valori e la Lega, ma mentre PD e Terzo polo hanno votato compatti il provvedimento, dopo che Bersani aveva ammonito i "malpancisti" del suo partito che "chi vota no non vota contro il governo ma contro di me", tra i banchi del PDL figuravano vistosi vuoti per l'assenza di molti deputati del partito di Berlusconi; tra questi diversi ex ministri del precedente governo, "autorizzati" dallo stesso neoduce a marcare così il loro "dissenso" di stampo elettoralistico nei confronti di alcune misure del provvedimento. Un chiaro segnale lanciato al governo Monti per ricordargli chi è il suo "azionista di maggioranza" che può staccargli la spina in qualunque momento.
L'approvazione della manovra è avvenuta ponendo la fiducia su un maxiemendamento concordato nei giorni precedenti tra il governo e i partiti parlamentari nelle commissioni parlamentari, dopo una serrata trattativa per definire alcune modifiche "migliorative" al testo. In realtà si tratta solo di qualche pannicello caldo applicato qua e là per cercare di dare una spolverata di "equità" ad una superstangata tanto "rigorosa" e spietata contro i ceti meno abbienti, quanto inoffensiva e compiacente contro i ceti più ricchi, i grandi patrimoni, gli evasori fiscali. Nient'altro che un fazzolettino per asciugare le lacrime e il sangue di cui essa gronda da tutte le parti. Così da giustificare meglio l'aver scaricato la crisi del capitalismo tutta sulle spalle dei pensionati, dei lavoratori e delle masse popolari che, come ha pontificato il nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, devono contribuire anch'essi ai sacrifici chiesti dall'Italia: "agli italiani di tutti i ceti sociali, anche agli italiani dei ceti meno abbienti (sic), perché si facciano le scelte indispensabili al fine di preservare lo sviluppo della nostra economia e della nostra società in un clima di libertà e di maggiore giustizia".

Le "correzioni" alla manovra
È in questo quadro ipocrita e demagogico che sono state inserite certe "correzioni" agli aspetti più eclatanti e odiosi della manovra, come l'aumento della detrazione di 200 euro dell'Ici sulla prima casa di ulteriori 50 euro per ogni figlio di età inferiore ai 26 anni fino ad un massimo di 400 euro, misura in parte finanziata con l'applicazione dell'Ici dello 0,76% anche alle case detenute all'estero; come l'estensione da 936 a 1.400 euro lordi, ma solo per il 2012 e il 2013, del limite oltre il quale viene applicata la sterilizzazione delle pensioni dall'aumento del costo della vita; come la possibilità, "in via eccezionale", e solo per il 2012, di andare in pensione con meno di 41 anni di anzianità (per le donne) e 42 anni (per gli uomini). Potranno infatti andarci coloro che hanno maturato 35 anni di anzianità, a patto però che abbiano almeno 64 anni di età (sai che progresso!).
In questo ambito rientra anche la riduzione (il PD ne aveva chiesto l'annullamento) dal 2% all'1% del taglio della pensione a chi esce con 41 o 42 anni di anzianità ma prima dei 62 anni (a 60 o 61). Percentuale che torna però al 2% per ogni ulteriore anno di anticipo. È stato accolto anche un emendamento della Lega che porta da 500 a 980 euro il limite per la riscossione in contanti della pensione, ciò che avrebbe costretto tantissimi pensionati a dover aprire un conto corrente bancario.
È vero che il governo ha accolto due proposte del PD che lo impegnano a trovare una soluzione per i lavoratori delle classi '51 e '52 e che si trovano di colpo a dover lavorare 5 o 6 anni in più per la pensione; così come per quei lavoratori di aziende in crisi che avevano scelto la mobilità in attesa della pensione (si parla di 50 mila persone), e che rischiano di trovarsi per alcuni anni senza lavoro e senza la pensione. Ma si tratta appunto solo di un "impegno" formale, ancora tutto da tradurre in un provvedimento concreto. Lo stesso dicasi per gli ordini del giorno di IDV e Lega che il governo ha accolto (per paura di andare sotto e certificare una sconfitta di Berlusconi se messi in votazione) e che lo "impegnano" a vendere all'asta le frequenze televisive rese libere dal digitale, anziché regalarle a Mediaset come aveva imposto l'ex ministro Romani. Bisognerà vedere se poi il suo successore Passera avrà il coraggio di mettersi davvero contro il neoduce Berlusconi, già furente fin da adesso per l'"imboscata" che lamenta di aver subito in parlamento.
I fondi per coprire queste "correzioni" dovrebbero provenire da un ulteriore "contributo di solidarietà" del 15% a carico delle "pensioni d'oro" (sulla parte che eccede i 200 mila euro) e da una diversa modulazione del prelievo sui capitali scudati: anziché l'1,5% una tantum ci sarà un'imposta dell'1% nel 2012 che sale all'1,35% nel 2013 per poi diventare permanente allo 0,4% nel 2014. La contropartita di questa infima tassa sarà il mantenimento dell'anonimato. A ciò si aggiunge l'estensione del bollo a tutti i titoli e gli investimenti finanziari, che dal 2013 diventa proporzionale all'investimento (0,15%) e senza più il limite massimo di 1.200 euro. A parziale compensazione per i piccoli depositi, è stato abolito il bollo di 34,2 euro per quelli fino ad un importo di 5 mila euro.
È stata diminuita invece la cosiddetta "tassa sul lusso", ossia il superbollo sulle auto oltre i 185 KW e sugli aerei privati e la tassa giornaliera sui posti barca per i natanti sopra i 10 metri, che diminuiscono fino ad estinguersi in proporzione all'età del mezzo. Per coprire questo sconto ai vip si è pensato bene di aumentare l'accisa sui tabacchi sfusi, dato che notoriamente sono i ricchi a rollarsi le sigarette da sé per risparmiare.

Demagogia della Lega e avvertimenti di Berlusconi
Da parte della Lega neofascista, secessionista, razzista e xenofoba di Bossi e Maroni l'occasione è stata sfruttata al massimo a fini propagandistici per "rifarsi (parole di Bossi) una verginità" elettorale, scatenando l'ostruzionismo, proponendo valanghe di emendamenti e inscenando gazzarre nelle commissioni e in aula ad uso delle telecamere per spacciarsi da paladina dei pensionati e dei contribuenti "del Nord". Come se fosse sempre stata all'"opposizione" e non avesse invece sostenuto negli scorsi anni e fino a poche settimane fa, nel governo neofascista Berlusconi di cui faceva parte, la stessa linea liberista, privatizzatrice, antipopolare e di massacro sociale del governo Monti che ora finge di contrastare.
A smascherarla basterebbero le parole dello stesso fino a ieri loro stretto alleato Cicchitto, il piduista capogruppo dei deputati PDL, che nel suo intervento ha ribadito ancora una volta che "vi è una continuità tra questo governo e ciò che ha fatto quello precedente". Il PDL infatti non ha chiesto modifiche al provvedimento, ma si è limitato più che altro a vigilare in difesa degli interessi del suo elettorato di riferimento (alti redditi, rendite e patrimoni, evasori fiscali, autonomi e professionisti), arrivando fino alla prova di forza per stoppare un timido tentativo del governo di introdurre un primo pacchetto di liberalizzazioni di farmacie, taxi, negozi e ordini professionali: a giustificazione di questo arroccamento Cicchitto ha dichiarato che le liberalizzazioni "non possono concentrarsi nell'eliminazione, con metodi stalinisti, delle farmacie, dei tassisti e degli avvocati o degli ordini professionali. Noi abbiamo sempre ritenuto che il progetto di liberalizzazione e di privatizzazione fosse di alto livello e che riguardasse, in primo luogo, la privatizzazione dell'acqua, che un dissennato referendum ha fatto saltare": liberalizzazioni e privatizzazioni sì, ma solo dei beni e servizi pubblici, è l'avvertimento che il partito di Berlusconi lancia al governo in carica dopo avergli fatto capire chi è che detiene ancora la maggioranza in parlamento.
Non per nulla il nuovo Mussolini è tornato a pigiare su tasto del governo Monti che "non c'è certezza che duri per tutta la legislatura" e che il suo successore "è disperato" perché dopo aver presentato un decreto "è stato costretto a fare marcia indietro su tutto". Tutto ciò per tornare a ribadire, mentre all'ennesima presentazione di un libro di Vespa dichiarava di leggere assiduamente i diari di Mussolini e di "ritrovarcisi" in piena sintonia, che occorre fare con urgenza la controriforma presidenzialista della Costituzione se si vuol governare davvero.

Il ricatto del tecnocrate Monti
Intervenendo in aula prima del voto Monti ha respinto con puntiglio il maligno giudizio del suo predecessore, dichiarando di non essere affatto "disperato", e attirandosi per questo i mugugni del PDL e gli applausi entusiasti invece dei suoi sostenitori più convinti, PD e Terzo polo. Uno "sgarbo" che però ha cercato di sanare inviando subito un bigliettino conciliante al neoduce che era rimasto rabbuiato. Subito prima Monti aveva tagliato corto alle sceneggiate della Lega, ai distinguo dell'IDV (che con Di Pietro si doleva di dover votare contro la manovra perché giudicata "iniqua", pur confermando la fiducia nel governo) e anche agli opposti malumori e "mal di pancia" nel PD e nel PDL, lanciando all'intero parlamento il suo solito ricatto del "baratro incombente" che tutto giustifica: "Mi permetto di ricordare a tutti noi - ha detto il premier con la consueta, altera freddezza - la posta in gioco. Non si tratta di continuare a vivere più o meno come prima, al netto o al lordo di certi sacrifici su pensioni, patrimoni, attività finanziarie, barche o auto. No, onorevoli deputati, in assenza di questo intervento di urgenza sono a rischio i risparmi degli italiani, soprattutto quelli piccoli; è a rischio il benessere accumulato da generazioni, c'è il rischio di vedere evaporare gran parte dei redditi degli italiani, soprattutto i più modesti, di mettere a rischio le tutele della previdenza e della salute pubblica".
Quanto alle accuse di mancanza di equità, anche su questo ha respinto con alterigia ogni critica: "Basta con i luoghi comuni. Non è vero che pagano sempre i soliti noti. Riteniamo di aver introdotto, senza drammi, l'imposta patrimoniale fattibile per il nostro Paese in questo momento storico". Musica per le orecchie della "sinistra" borghese, impegnata a far digerire alle masse come una "medicina amara ma necessaria" la superstangata del governo della grande finanza, della UE e del massacro sociale: "Non siamo riusciti in tutto, vi siamo riusciti in parte. Siamo orgogliosi di quanto abbiamo ottenuto, perché abbiamo fatto una scelta difficile, certo, molto più difficile di quella dell'Italia dei Valori e di Di Pietro, che hanno scelto di cavalcare il disagio e cavalcare la protesta", ha detto il capogruppo PD Franceschini vantando i pannicelli caldi introdotti nella manovra di lacrime e sangue. Quanto all'ultra liberalizzatore Bersani si è spinto addirittura oltre, ribadendo al governo del tecnocrate borghese Monti, anche in polemica con Berlusconi, un'apertura di credito illimitata e senza condizioni, aprendo così il suo intervento conclusivo a nome del suo partito: "Signor Presidente del Consiglio, noi abbiamo promesso lealtà al suo Governo in nome di un impegno nazionale. Manterremo la promessa oggi e domani - voglio dirlo a qualche commentatore frettoloso - senza alcun limite temporale che non sia la fine naturale della legislatura". Ogni ulteriore commento ci sembra superfluo.

21 dicembre 2011