Annuncio di Marchionne all'incontro di Palazzo Chigi
La Fiat non produrrà più auto a Termini Imerese
Pomigliano d'Arco cambierà produzione
Rivolta degli operai dello stabilimento siciliano

"La Fiom considera non accettabile il piano industriale presentato dalla Fiat perché non garantisce il futuro occupazionale di tutti i siti industriali del nostro Paese nei diversi settori, dall'auto alle macchine di movimento", si legge in un comunicato stampa redatto a commento dell'incontro che si è svolto il 18 giugno tra Fiat Group, governo, sindacati e regioni, presenti: i dirigenti Fiat con in testa Sergio Marchionne, il presidente del consiglio, Berlusconi, i ministri Scajola e Sacconi, i segretari sindacali nazionali dei metalmeccanici e quelli delle confederazioni, i presidenti delle regioni dove si trovano gli stabilimenti non solo dell'auto ma di tutto il settore automotive (Piemonte, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia).
Nello stesso comunicato la Fiom chiede risposte certe: sul blocco dei licenziamenti per tutte le tipologie di rapporto di lavoro (compresi i lavoratori precari; sull'adeguamento degli "ammortizzatori sociali" alla gravità della crisi con l'estensione della durata della cassa integrazione ordinaria da 52 a 104 settimane con la copertura dell'80% del salario reale per i cassintegrati a lungo termine. Circa il settore auto, "la Fiom ribadisce la propria ferma contrarietà a ridurre la produzione di autovetture nel nostro Paese" visto che l'Italia, già ora, produce autoveicoli in una quantità nettamente inferiore a tutti gli altri paesi europei.
Il suddetto incontro è avvenuto con forte ritardo anche a causa della latitanza del governo, richiesto ripetutamente dai sindacati di categoria fortemente preoccupati sul futuro sia produttivo che occupazionale degli stabilimenti italiani. Preoccupazioni più che giustificate specie per i siti produttivi di Pomigliano d'Arco e di Termini Imerese, minacciati di chiusura nell'ambito dell'acquisizione della Opel tedesca da parte della Fiat, al momento fallita. E che non sono certo scomparse in base a ciò che ha detto Marchionne, anche se ora non si parla più di chiusura di stabilimenti. Sì perché l'amministratore delegato della Fiat rammentando la grave crisi che permane per il settore dell'auto a livello internazionale e, quindi, anche in Italia, crisi che è di sovrapproduzione e finanziaria, manifesta l'intenzione del gruppo di procedere a pesanti ristrutturazioni. A questo proposito in una nota del Lingotto è scritto: "La crisi dei mercati internazionali ha aggravato ancora di più il problema della sovraccapacità produttiva che da anni caratterizza l'industria dell'auto mondiale. Si prevede che in Europa, nel 2009, la percentuale di utilizzo degli impianti scenda a circa il 65%".
Fino a questo momento, dice Marchionne, la Fiat non ha "denunciato eccedenze strutturali" di mano d'opera. Ciò grazie agli incentivi governativi per l'acquisto di auto e all'uso massiccio della cassa integrazione ordinaria. Ma, paventa e minaccia, in futuro potrebbe non essere così se tutte le parti in causa non contribuiranno a superare la crisi che in termini concreti significa: soldi (300 milioni di euro è la cifra che circola) e utilizzo degli "ammortizzatori sociali" anche oltre il tetto delle 52 settimane da parte del governo, disponibilità dei sindacati a concertare le "necessarie" ristrutturazioni in modo collaborativo, senza conflitti. In cambio di un impegno a mantenere la presenza dell'industria dell'auto in Italia. "La Fiat - ha detto Marchionne - non si può immaginare senza forti radici italiane. È un pezzo importante della storia dell'Italia che vogliamo che sia un pezzo importante del suo futuro: se ognuno si assumerà la propria parte di responsabilità e impegno questo sarà possibile evitando conseguenze dolorose".
Intanto però, nel piano industriale che l'azienda ha reso noto per Termini Imerese prevede la produzione attuale della Ypsilon solo fino al 2011. Magari proseguendo con dosi massicce di cassa integrazione e riduzione del personale attraverso il blocco del turn-over. Dopo, si prevede una vaga e non specificata presenza industriale con produzioni diverse da quelle automobilistiche con gli attuali 1.400 dipendenti? O con meno? E che fine faranno i 600 lavoratori impiegati nelle aziende dell'indotto? Per Pomigliano, c'è la conferma della produzione dell'Alfa 159 berlina e sport wagon e il proseguimento della produzione oltre il 2010, e la conferma della produzione dell'Alfa 147 e GT fino al 2010. Per il dopo si parla di una nuova piattaforma per uno o più modelli. Anche qui i dettagli sono fondamentali, sia per il presente che per il futuro dello stabilimento napoletano e i lavoratori ivi occupati. Altrimenti son parole che se le porta il vento.
Gli "impegni" messi sul tavolo dalla Fiat anche per gli altri tre stabilimenti hanno la stessa caratteristica. Per Mirafiori (Torino) si parla di conferma della produzione dell'Alfa MiTo e dell'inserimento della versione MultiAir da settembre 2009 e il proseguimento della produzione della Punto Classic, della Multipla e dell'Idea. Per Melfi (Potenza) il piano indica l'avvio produttivo della nuova Punto Evo e la conferma della produzione della Grande Punto. Per Cassino (Frosinone), la conferma della produzione della Bravo, della Delta e della Croma nonché l'avvio della produzione della nuova Alfa segmento C nel 2010. Ma non c'è solo il settore dell'auto nella crisi della produzione delle aziende Fiat. Ci sono per esempio le grosse difficoltà che attanagliano il settore della produzione delle macchine per le costruzioni (-57% nel primo trimestre) che colpisce in particolare la Cnh di Lecce con i suoi 800 dipendenti tutti a rischio di licenziamento.
Marchionne ha raccolto gli elogi e il sostegno del governo, Berlusconi lo ha chiamato "mister Fiat", e persino i complimenti dei segretari di Cgil, Cisl e Uil per l'accordo realizzato con la Chrysler. Ma i sindacati dei metalmeccanici hanno manifestato timori e insoddisfazioni sul piano industriale presentato. "Marchionne - ha detto il segretario Fiom torinese, Giorgio Airaudo - ci ha presentato un conto salato in un guanto di velluto. È stato un antipasto mediatico". "Per quanto diluita nel tempo, Marchionne propone la chiusura di uno degli stabilimenti dell'auto, lunga cassa integrazione per Pomigliano e la continuazione dei vecchi prodotti a Mirafiori". Ancor più duro e amaro il giudizio della Segretaria Fiom Sicilia, Giovanna Marano: "L'ipotesi di cambiamento della missione produttiva per Imerese equivarrebbe a un declassamento e ad una lunga agonia dello stabilimento siciliano. Viene confermato il copione di una Fiat che pensa di punire sempre Termini Imerese e Pomigliano, ovvero il Sud. Questa ipotesi - prosegue - richiama fortemente alla responsabilità il governo regionale che insieme alle forze sindacali dovrà battersi per respingere questa scelta negativa".
Forte e tempestiva è arrivata la risposta di lotta degli operai dello stabilimento siciliano e di quelli dell'indotto, alla quale il PMLI esprime pieno appoggio e solidarietà militante. Assemblee, scioperi e cortei fino a bloccare, nella giornata del 22 giugno, nonostante la pioggia, i binari ferroviari sulla linea Palermo-Messina e la statale 113 di Palermo. È iniziata insomma una dura vertenza che dovrà concludersi, affermano i sindacati, "con un cambio di rotta di Marchionne" che eviti la chiusura dello stabilimento di Termini Imerese.

25 giugno 2009