Contratto dei metalmeccanici
Fim e Uilm firmano con Federmeccanica senza la Fiom un accordo filopadronale e filogovernativo.
Poco salario, peggioramenti in vista su orario e flessibilità, adeguamento dell'inquadramento rinviato, messi in azione gli "enti bilaterali", sconvolte le regole contrattuali, negato ai lavoratori il diritto di votare sull'intesa. Proteste nelle fabbriche. Contestato il crumiro e venduto Pezzotta
SCIOPERO GENERALE FIOM PER IL 16 MAGGIO

Per la prima volta dal dopoguerra, la Fim-Cisl e la Uilm-Uil hanno firmato con la controparte padronale e senza la Fiom-Cgil un accordo per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro dei metalmeccanici, ossia della categoria dell'industria più importante e più numerosa, con 1.300.000 addetti circa. Ciò è successo nella serata di mercoledì 7 maggio. Un fatto gravissimo che non potrà non avere pesanti conseguenze nei rapporti tra le organizzazioni sindacali e nelle relazioni industriali con la Federmeccanica. Conseguenze che già stanno esplodendo.
Intendiamoci, non c'è nessuna meraviglia su questo epilogo. Poiché sin dall'inizio della vertenza i sindacati metalmeccanici che fanno capo a Pezzotta e ad Angeletti hanno perseguito con ostinazione e arroganza l'emarginazione della Fiom e l'accordo separato. Trovando ovviamente la piena disponibilità padronale. Fim e Uilm, infatti, al momento della presentazione della piattaforma rivendicativa non hanno fatto niente per trovare una posizione unitaria e soprattutto si sono rifiutate di chiamare i lavoratori a votare sulle proposte rivendicative; cosa che invece la Fiom ha fatto riscuotendo un ampissimo consenso.
Negli incontri di trattativa che si sono svolti, pochi per la verità, il leader dei padroni meccanici, Bombassei, da un lato ha nettamente rifiutato di entrare nel merito delle richieste avanzate dalla Fiom, le uniche ad essere state legittimate da un voto e un mandato rappresentativo, dall'altro ha invitato Fim e Uilm a unificare le loro piattaforme, a moderare le richieste iniziali, specie sulla parte normativa, e ad accogliere le contropartite padronali per giungere, su questa base, a un accordo. E così è stato.
Appena qualche giorno prima la segreteria nazionale della Cgil aveva ufficialmente chiesto alla Federmeccanica "di non provocare gravi atti di divisione con il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Sarebbe la prima volta che un contratto nazionale la cui parte normativa determina le condizioni di lavoro per il futuro di oltre un milione di lavoratori, venga deciso senza la firma dell'organizzazione sindacale più rappresentativa". Già il precedente rinnovo del contratto nazionale di lavoro relativo al biennio economico si era concluso con un accordo separato con l'esclusione della Fiom. Ma questa volta le implicazioni e le ricadute sono maggiori e più gravi.

IL GIUDIZIO GLOBALE
Se vogliamo giudicarlo anzitutto politicamente, quello siglato dai segretari di Fim e Uilm, Giorgio Caprioli e Antonio Regazzi, è un accordo filopadronale e filogovernativo, frutto velenoso del famigerato accordo separato più generale denominato "patto per l'Italia". Perché sul piano economico concede una miseria che non recupera nemmeno l'inflazione reale. L'aumento lordo medio di 90 euro da erogare in tre distinte scadenze in effetti si riduce a 69 dal momento che gli altri 21 euro sono solo un anticipo sul prossimo contratto. Un aumento molto più basso di quelli ottenuti da diverse altre categorie. L'erogazione dell'una tantum di 220 euro per coprire il periodo trascorso dalla scadenza del contratto, non modifica nella sostanza il problema.
Sul piano normativo l'intesa recepisce quanto di peggio è stato varato legislativamente per "il mercato del lavoro" e l'orario di lavoro; circa le regole contrattuali e le relazioni sindacali ci sono menomazioni profonde legate all'introduzione degli "enti bilaterali" e alle commissioni paritetiche miste di studio, esempio per l'inquadramento professionale, che esautora le rappresentanze sindacali unitarie aziendali.
Insomma, poco salario, nessun miglioramento normativo effettivo, maggiori flessibilità e precarietà, demolizione dell'importanza e delle funzioni del contratto nazionale, maggiore accentramento decisionale nelle burocrazie sindacali in un'ottica cogestionaria e neocorporativa: ecco cosa portano a casa Fim e Uilm. Mentre Federmeccanica ottiene alcuni suoi "obiettivi storici" quali la flessibilità e la precarietà più estese possibili, i bassi salari, la riduzione del ruolo contrattuale delle Rsu e, soprattutto, il ridimensionamento del ruolo e delle funzioni del contratto nazionale.

INACCETTABILE
La Fiom non ci sta! E come potrebbe essere diversamente. Considera l'accordo misero, offensivo, assolutamente inaccettabile. "Le aziende - scrive - hanno offerto 69 euro a titolo di aumento per il biennio 2003-2004 e 21 euro a titolo di anticipo del biennio 2005-2006 che dovrà essere scontato dalla spettanza del futuro contratto. Anticipo che peraltro verrà erogato alla fine della vigenza contrattuale". Per la Fiom "l'aumento per il 2003 è solo di 45 euro al quinto livello e di una cifra ancora inferiore per il terzo livello, pari a 38 euro (dove si trova il grosso della categoria, ndr). In questo modo nel 2003 il salario dei metalmeccanici non è neppure tutelato rispetto all'aumento in corso dell'inflazione". Visto che nell'anno in corso l'inflazione reale corre attorno al 2,3%.
La Fiom non ci sta perché Federmeccanica ha respinto ogni richiesta tesa a regolare e limitare il lavoro precario, pretendendo e ottenendo le flessibilità contenute nella legge delega (come il lavoro in affitto e altro ancora) e del decreto legge che elimina i vincoli all'orario massimo settimanale per introdurre orari plurisettimanali. Mentre si peggiorano le norme sul lavoro interinale. E per il part-time c'è un aumento fino al 3% della percentuale di utilizzo.
Quanto all'adeguamento dell'inquadramento professionale vi è solo una promessa di applicare delle modifiche tutte da definire, eventualmente nel prossimo contratto nazionale del 2007. Sulla sicurezza e la salute è rimasta solo una interpretazione restrittiva e peggiorativa della legge 626.

ILLEGITTIMO
Ma c'è un problema che viene prima di ogni giudizio di merito sui contenuti dell'intesa. Ed è che essa, essendo sostenuta solamente dai sindacati di minoranza e non avendo il consenso esplicito e certificabile dei lavoratori interessati non è legittima. Non si può nascondere, né ignorare impunemente, che la Fiom è il primo sindacato dei metalmeccanici con i suoi oltre 368 mila iscritti e il 60 per cento dei delegati eletti, tra settembre e aprile, nelle Rsu. Un dato questo che ha trovato una significativa conferma nelle elezione delle Rsu svoltesi nei primi giorni di maggio a Mirafiori, il più grande stabilimento del gruppo Fiat. Mentre la Fim e la Uilm non contano che, rispettivamente 190.000 e 98.000 iscritti. Può un contratto privo del consenso del sindacato maggioritario assumere forza di legge e validità per l'insieme dei lavoratori interessati? La risposta è no! Qui diventa acuta la questione rimasta aperta e insoluta di norme obiettive e condivise che regolino la rappresentanza e la democrazia sindacali.
Brindano i padroni e i ministri berlusconiani, si dichiarano contenti e soddisfatti i vertici Cisl e Uil. Ma per quanto riguarda i lavoratori rabbia e contestazioni sono esplose immediatamente nelle fabbriche e nelle piazze in varie parti d'Italia. Numerose aziende in Piemonte, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Abruzzo, Basilicata hanno scioperato.
Clamorosa e meritata, in questo contesto la sonora contestazione promossa da un gruppo di lavoratori contro Savino Pezzotta, apostrofato di "venduto" e "ladro" nel corso di una sua visita a Lucca per inaugurare l'apertura di una nuova sede della Cisl.
Il clima si è infuocato e per il momento non sembra proprio raffreddarsi. Anzi! Lo si è capito molto bene da quanto è successo nelle assemblee nazionali dei delegati che si sono tenute contemporaneamente il 9 maggio: quella della Fiom cui hanno partecipato oltre 5 mila delegati a Brescia; quella della Fim e Uilm con 3 mila presenze a Montichiari.
I delegati Fiom riuniti nella piazza della Loggia, anche per rendere omaggio ai lavoratori e ai sindacalisti uccisi nella strage fascista del maggio 1974, toccante il momento quando l'intera piazza ha intonato il canto partigiano "Bella Ciao", hanno promesso lotta dura contro l'intesa separata, programmando per il 16 di questo mese uno sciopero nazionale di quattro ore. I delegati Fiom si sono detti disponibili a organizzare un referendum sull'accordo purché il verdetto sia vincolante per tutti. Il segretario generale, Gianni Rinaldini, ha chiesto un incontro al presidente della Repubblica per l'applicazione dell'art.39 della Costituzione.
Nella riunione di Fim e Uilm i massimi dirigenti di queste organizzazioni si sono lanciati in dichiarazioni basse e offensive, in perfetto stile berlusconiano, definendo la Fiom un sindacato inutile, demagogico, estremistico e chi più ne ha più ne metta. Fino ad arrivare all'accusa gravissima, falsa e denigratoria, del segretario Fim, Caprioli, che riferendosi alla Fiom ha affermato: "Con le cose che state dicendo in questi giorni state dando copertura politica alle follie del terrorismo".
Immediata la risposta Cgil: è un insulto a tutti i lavoratori metalmeccanici che ci seguono e che sono scesi in piazza in questi giorni. Non ci faremo intimidire. Continueremo la lotta contro questa intesa contrattuale funzionale al disegno antisindacale di Federmeccanica, creeremo una cassa di resistenza per finanziarla.
Ben detto!