Ripartendo dalla bozza Violante
Fini e D'Alema rilanciano la bicamerale golpista per la terza repubblica

Mentre nelle piazze la lotta di classe riprende a divampare attizzata dalla macelleria sociale del governo Berlusconi, dentro il Palazzo la destra e la "sinistra" del regime neofascista non smettono di trescare insieme sulla controriforma costituzionale per la terza repubblica. L'8 novembre ad Asolo, in provincia di Treviso, il caporione fascista Fini e il capofila dei rinnegati D'Alema si sono incontrati per un convegno di due giorni sul tema "federalismo e riforme istituzionali", per lanciare insieme la proposta di una nuova Commissione bicamerale per accelerare la realizzazione del federalismo e il completamento della terza repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista.
Il convegno era organizzato dalle fondazioni presiedute dai due politicanti borghesi, la "Farefuturo" di Fini e la "Italianieuropei" di D'Alema, con il supporto di una claque rigorosamente "bipartisan" di un centinaio di giovani selezionati negli allevamenti delle rispettive correnti politiche e con il pennivendolo Gianni Riotta, lo zelante direttore del principale telegiornale di regime, a fare da gran cerimoniere dell'evento.
I due "cavalli di razza" del regime neofascista si sono trovati d'amore e d'accordo su tutto, a cominciare dal sottolineare l'importanza del dialogo sulla necessità delle "riforme istituzionali" che supera gli "steccati ideologici", perché - ha detto Fini - "in una società postideologica esistono valori condivisi"; e perché - gli ha fatto subito eco D'Alema - "il dialogo non è sinonimo di inciucio". Un dialogo che è stato deciso non si fermi qui, ma che continuerà con l'istituzione di una "summer school" da tenersi ogni anno a cura delle due fondazioni: "Forse è presto per parlare di spirito di Asolo, se son rose fioriranno - ha chiosato compiaciuto il presidente della Camera - ma qui si evidenzia una comune consapevolezza e una traccia per una nuova stagione riformista, più efficace di quanto sia stata finora".
I punti di partenza individuati da entrambi per questa "nuova stagione riformista" sono il federalismo fiscale tracciato nella legge delega del leghista Calderoli e le modifiche alla seconda parte della Costituzione contenute nella bozza Violante approvate nella scorsa legislatura e riapprodate in commissione Affari costituzionali con la firma del fascista di AN Bocchino. "Sarebbe un grave errore non tenerne conto", ha detto Fini della bozza elaborata dal rinnegato Violante, "visto che con una serie di ritocchi potrebbe essere una buona base di partenza". Pienamente d'accordo anche D'Alema e tutti e due hanno convenuto sull'opportunità offerta da questa legislatura "per completare la transizione e raggiungere alcuni obiettivi come un governo più forte, ma anche un parlamento rafforzato".
Quanto al federalismo fiscale, ha aggiunto Fini, "non credo sia possibile che i decreti delegati possano essere valutati attraverso il parere di sei commissioni, sarebbe un non parere. Penso piuttosto a una commissione bicamerale finalizzata all'esame dei decreti e mi auguro che ci sia un emendamento in questo senso nel dibattito parlamentare sul disegno di legge". Musica per le orecchie del suo interlocutore, che dopo dieci anni non ha ancora digerito il fallimento della Bicamerale golpista da lui presieduta e che era arrivata a un passo dall'approvare la controriforma neofascista, presidenzialista e federalista della Costituzione: "Certamente noi presenteremo un emendamento per una commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale e la carta delle autonomie", gli ha subito replicato D'Alema, che evidentemente punta a ritagliarsi un suo spazio autonomo tra i padri della terza repubblica in concorrenza col neonazionalista e presidenzialista Veltroni, contando anche sui contatti personali che sul federalismo ha stabilito da tempo con Bossi, Calderoli e Maroni.
Apparentemente Bossi ha stroncato subito le avances del capofila dei rinnegati: "Ma quale asse", ha grugnito il caporione leghista la sera stessa del convegno di Asolo. "La bozza Violante è superata. D'Alema dice tante cose, sarà arrabbiato perché il federalismo non l'ha fatto lui. Quando ha tentato la commissione bicamerale è fallita". Ma Calderoli è stato più cauto. Anche lui ha bocciato la nuova Bicamerale, ma perché "costerebbe troppo" e perché "c'è già pronta e fatta la Bicamerale per gli affari regionali". Nondimeno al ministro leghista non è sfuggito il vero nocciolo della questione emerso dal convegno di Asolo: "Stamattina ho parlato con Tremonti, che era preoccupato che potessero sorgere dei problemi. Giulio, gli ho detto, guarda che vuol dire che An e il Pd - perché comunque hanno parlato due esponenti importanti di quei partiti - hanno già superato la fase uno e danno per scontato che adesso si passa alla fase due. La Bicamerale di cui hanno parlato riguarda i decreti legislativi, non la legge delega". Anche sulla bozza Violante Calderoli si è mostrato tutt'altro che indisponibile: "Siamo d'accordo anche su questo. Anzi, è una cosa che abbiamo già annunciato: finito il federalismo fiscale, si ricomincia partendo proprio dalla bozza Violante della scorsa legislatura. Avremo un anno e mezzo di tempo, durante l'iter dei decreti legislativi, per arrivare a una riforma costituzionale organica e completa. Insomma, si tratta di un processo già scritto e avviato".
Solo da parte di Berlusconi e dei suoi accoliti c'è stata invece molta freddezza sulle proposte di Asolo: "Facciano quello che vogliono, ho altre cose importanti di cui occuparmi", le ha liquidate sprezzantemente il neoduce. E ha lasciato ai suoi tirapiedi in parlamento - Schifani, Malan, Quagliarello e altri - il compito di attaccare Fini per aver detto ad Asolo che la riforma dei regolamenti parlamentari a cui il PdL sta lavorando per meglio sottomettere il parlamento al governo "non è una bacchetta magica, ma è solo una scorciatoia". Intendiamoci: non che il presidente fascista della Camera tenga veramente a difendere le prerogative del parlamento nei confronti dell'arroganza presidenzialista dell'esecutivo. Semplicemente cerca di svincolarsi dalla tutela schiacciante del neoduce e di sfruttare lo scranno che ha conquistato per costruirsi una sua immagine autonoma di "padre della patria", in grado di prendere la testa della destra borghese se e quando costui uscirà di scena, o magari per candidarsi al Quirinale. Ecco perché inciucia con D'Alema per spostare in parlamento le "riforme istituzionali" per la terza repubblica, mentre il neoduce accarezza ancora l'idea di un'imposizione presidenzialistica dall'alto, come unico arbitro insofferente ad ogni regola parlamentare.


19 novembre 2008