Ricevuto in Israele dal camerata sionista Sharon
Fini rompe col fascismo di ieri ma non con quello di oggi
Rafforzato l'asse italo-israeliano in funzione antipalestinese
Preparato a lungo e in tutti i minimi particolari il viaggio del leader fascista Fini in Israele è andato finalmente in scena dal 24 al 26 novembre, realizzando in pieno i due obiettivi per i quali era stato accuratamente programmato: segnare in modo pubblico e spettacolare la presa di distanza di AN e del suo presidente dal vecchio fascismo, quello delle leggi razziali del '38 e della persecuzione degli ebrei in particolare, e rafforzare i legami "speciali" di amicizia tra il governo italiano, di cui Fini è il vicepremier, e il governo del boia sionista Sharon, in funzione antipalestinese.
Il primo obiettivo è stato realizzato attraverso un apposito rituale che prevedeva vari passaggi, tra cui quello più significativo è stato la visita di Fini, accompagnato dal presidente delle comunità ebraiche in Italia, Amos Luzzatto, al museo dell'olocausto Yad Vashem. Qui il delfino del fucilatore di partigiani e cacciatore di ebrei per conto degli alleati nazisti, Giorgio Almirante, si è fatto ritrarre con la "kippà" in testa mentre deponeva una corona di fiori e sostava in preghiera, a simboleggiare anche per immagini la conclusione di un percorso di "revisione" del passato iniziato dieci anni fa a Fiuggi e che aveva avuto per tappe intermedie la visita alle Fosse ardeatine (1993), la visita al lager di Auschwitz (1999) e l'intervista al quotidiano israeliano "Haaretz" (2002), in cui "a nome del popolo italiano" aveva chiesto scusa agli ebrei per le persecuzioni del fascismo.
Nei successivi incontri con la stampa Fini ha aggiunto alle immagini anche alcune dichiarazioni a suggello della "svolta" operata con la sua visita, che hanno prodotto reazioni positive in Israele e in Italia, ma anche sollevato proteste e prese di distanza all'interno del suo partito. Tra queste gliene sono state attribuite due particolarmente "clamorose", e cioè che il fascismo è stato "il male assoluto" e che la "repubblica di Salò" è stata una "pagina vergognosa" della nostra storia.
In realtà si tratta di forzature giornalistiche, e il leader fascista non è stato così categorico ma molto più sfumato ed ambiguo, come poi vedremo anche dalle precisazioni fatte successivamente in Italia. In altre parole la condanna del fascismo e della "repubblica di Salò" è stata da lui accortamente ristretta alle leggi razziali del '38 e alla persecuzione degli ebrei, lasciando ambiguamente in ombra tutto il resto degli infami crimini storici del fascismo.

Perfetta intesa tra due fascisti
Su questi crimini Fini non ha sentito il bisogno di chiedere scusa, anche perché non gli era richiesto. Al governo del boia Sharon interessava soltanto che il vicepremier del Paese "più amico di Israele" in Europa si presentasse pulito da ogni ombra di antisemitismo dovuto al suo passato fascista, per vincere i sospetti residui dell'opinione pubblica israeliana, e poter così rafforzare l'asse privilegiato tra Gerusalemme e Roma. Cosa che si è puntualmente realizzata con un colloquio di un'ora tra i due camerati, il nazista Sharon e il fascista Fini, in cui quest'ultimo ha ribadito la giustezza della costruzione del muro della vergogna per imprigionare il popolo palestinese, ha portato a Sharon il "fraterno abbraccio di Silvio Berlusconi" esaltando l'amicizia tra i due governi, ha appoggiato le pretese sioniste di imporre all'Iran un diktat antinucleare (mentre Israele si riserva il privilegio di detenere centinaia di bombe atomiche rifiutando sistematicamente i controlli internazionali), e ha confermato che Berlusconi ha invitato il premier palestinese Abu Ala a Roma, ma solo per chiedergli un "forte impegno" per far cessare il "terrorismo" contro Israele. Fini ha inoltre impegnato l'Italia, come presidente di turno della Ue, a istituire una commissione mista Israele-Ue per "combattere l'antisemitismo", che a detta del leader fascista ormai proverrebbe soprattutto "da sinistra".
Dicevamo delle proteste e del dissenso all'interno del suo partito. Che sono abbastanza rumorose, ma riguardano soprattutto l'ala più nostalgica di AN. Alessandra Mussolini è uscita dal partito e si è iscritta al gruppo misto, in attesa, dice, di fondare un proprio partito, incoraggiata in questo anche dalla vedova di Almirante. Ma lo ha fatto - ha lasciato capire - più per dovere di famiglia ("col cognome che porto non potevo far finta di nulla") che per dissensi verso la linea di Fini. La fronda contro Fini dentro il partito, che raccoglie i malumori di Tremaglia, Bontempo e altri, è capeggiata dal governatore del Lazio, Storace, che per il 3 dicembre ha convocato una riunione di tutti i dissidenti.
Fini ha risposto alle critiche annunciando dal salotto di Vespa una riunione dell'Assemblea nazionale di AN entro Natale, "e se sarà necessario ci conteremo", ha aggiunto. Dopodiché ha spiegato che non ha affatto definito il fascismo e la Rsi "il male assoluto": "Ci sono, certo, pagine infami nella storia, ma non c'è il male assoluto. E ci sono aspetti della Rsi che non hanno nulla a che spartire con i campi di concentramento".
Un concetto ripreso e sviluppato per lui da Baget Bozzo, secondo il quale Fini ha avuto il merito di "collocare la Rsi nella storia, separandola da ogni identificazione politica. Verrà il momento di riconoscere che essa fu tutt'altro che una storia di violenza e di crimini e che alla base della risposta alla chiamata alle armi della repubblica Sociale e all'adesione alle sue formazioni, non ci fu una gamma di sentimenti ignobili".

Il disegno neofascista di Fini
è incredibile come la "sinistra" borghese abbia abboccato in pieno e con entusiasmo alla presunta "svolta" antifascista di Fini. Rutelli ha lodato l'impegno di Fini perché "rientra in una logica di stabilizzazione del confronto tra le forze politiche su un terreno condiviso". Analoghe considerazioni sono venute da Fassino, D'Alema, Veltroni, ecc. Evidentemente i rimbambiti leader dell'Ulivo sperano che l'operato del leader fascista apra delle crepe nella coalizione di governo e che questa imploda dall'interno. Puntano su Fini come futuro leader di una destra "moderata", alternativa all'egemonia berlusconiana, con la quale dialogare per una vera "democrazia dell'alternanza".
Certamente con il suo viaggio in Israele (come con altre mosse precedenti, vedi l'iniziativa per il voto amministrativo agli immigrati), Fini punta a scrollarsi di dosso il suo passato fascista, di erede diretto di Almirante e Mussolini, per costruirsi un futuro di leader di una destra moderna ed europea, consolidando il ruolo di statista che si è guadagnato partecipando alla stesura della Costituzione europea. In nome di questo ambizioso obiettivo è disposto a passare le forche caudine dell'"esame" sul suo affrancamento dal vecchio fascismo, dovendo fronteggiare una possibile scissione nel suo partito, gli assalti della Lega di Bossi che cerca di approfittare della situazione per pescare nell'elettorato scontento di AN, e lasciandosi persino scavalcare a destra da Berlusconi, che invece ostenta sempre più spudoratamente le sue simpatie per Mussolini e il ventennio. Ma ciò non toglie che Fini sia il vicepremier del governo più fascista, antioperaio e guerrafondaio che l'Italia abbia avuto dai tempi di Mussolini, e che lui sia personalmente responsabile di iniziative che non hanno nulla da invidiare al fascismo, come la legge razzista, schiavista e xenofoba Bossi-Fini e la proposta di legge fascista sulla droga.
Egli ha semplicemente rotto col fascismo di ieri (e nemmeno del tutto, come abbiamo visto), ma solo per abbracciare meglio e con più libertà di azione il fascismo di oggi: che a livello internazionale si incarna nell'imperialismo aggressore e guerrafondaio di Bush e del suo più stretto alleato, il boia sionista Sharon, con il nascente imperialismo europeo che, pur zavorrato dalle divisioni interne, cerca un suo "spazio" egemonico; e a livello nazionale si incarna nella seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista, che oggi ha il volto di Berlusconi, ma che Fini ambisce a governare domani, qualora il neoduce fosse costretto a passare la mano.