Storica decisione di classe
La Fiom boccia il welfare di Prodi
Rifondazione non darà indicazione di voto al referendum facendo così il gioco dei fautori delle controriforme delle pensioni e del "mercato del lavoro"
VOTARE NO AL REFERENDUM SUGLI ACCORDI DEL 23 LUGLIO
Clamorosa e allo stesso tempo molto coraggiosa, di grande rilevanza politica e allo stesso tempo storica, con un chiaro segno di classe la decisione assunta dal Comitato centrale della Fiom-Cgil nella sua riunione tenutasi il 10-11 settembre sull'intesa del 23 luglio 2007 su "previdenza, lavoro e competitività", proposta dal governo Prodi e sottoscritta da Cgil, Cisl, Uil e dalle associazioni padronali. Clamorosa perché assunta dal più importante e forte sindacato dell'industria (360 mila iscritti circa) in netta contrapposizione con il vertice confederale e il suo segretario, Guglielmo Epifani. Coraggiosa perché presa nonostante la pesantissima pressione dei vertici sindacali confederali, del governo, dei maggiori partiti dell'Unione e dei mass-media, tesa a soffocare sul nascere ogni forma di dissenso. Di grande rilevanza politica perché la posizione della Fiom smaschera gli inganni del governo Prodi e dei sindacalisti collaborazionisti, pone un problema di mutamento di linea sindacale, e offre un punto di riferimento importante al movimento di lotta antigovernativo. Storica perché è la prima volta dal dopoguerra che il sindacato dei metalmeccanici della Cgil "osa" votare contro il vertice confederale, che ha assunto una posizione che va contro gli interessi dei lavoratori, dei pensionati e dei precari. Storica perché è un forte segnale di un risveglio politico e sindacale della parte più combattiva e avanzata della classe operaia, dei lavoratori e dei pensionati.
E' successo proprio questo: una nitida e netta bocciatura del welfare di Prodi e dell'operato dei segretari sindacali confederali. La presenza di Epifani alla riunione, i suoi pelosi richiami all'unità sindacale, le sue (non tanto) velate minacce al rispetto della disciplina statutaria non hanno avuto effetto alcuno. Di fronte al CC della Fiom si sono confrontati due documenti in contrapposizione tra loro: il primo, presentato dal segretario generale, Gianni Rinaldini, di non approvazione dell'intesa del 23 luglio, ha ricevuto 125 voti su 159 (78%); il secondo presentato da Fausto Durante, uomo di Epifani, per invitare ad approvare il Protocollo sottoscritto, ha raccolto appena 31 consensi (18%); mentre in tre si sono astenuti. I dirigenti nazionali della Fiom, dopo un serrato, vivace e approfondito dibattito hanno potuto scegliere tra due posizioni totalmente diverse e alternative tra loro e hanno scelto a grandissima maggioranza. Un ruolo non secondario per questo epilogo lo ha svolto "Rete 28 Aprile" e il suo leader, Giorgio Cremaschi, che a questo proposito ha detto: "Il fatto che, per la prima volta nel dopoguerra, il Comitato centrale della Fiom abbia bocciato un accordo interconfederale è un fatto di grandissima rilevanza che dovrebbe far riflettere tutto il sindacato". "A questo punto - ha aggiunto - sono necessari tantissimi no in tutti i luoghi di lavoro, per mettere in discussione un accordo ingiusto".
I sostenitori dell'accordo sia all'interno del governo che dei sindacati, cercano di minimizzare per ridurre il valore e il peso dell'atto avvenuto, affermano che il dissenso della Fiom era cosa risaputa e scontata. Ma non è così: una cosa è esprimere una critica anche radicale, senza conseguenze pratiche; un'altra è respingere formalmente (e con quale forza) l'intesa confederale. Valga l'esempio della consultazione referendaria svolta nel 1995 sulla "riforma" pensionistica del governo Dini. Il segretario generale della Fiom di allora, Claudio Sabattini, si espresse in modo molto critico sull'intesa confederale che avallava la controriforma previdenziale, ma non giunse a bocciarla. Cosa che invece fecero i metalmeccanici a maggioranza nelle urne.

I MOTIVI DEL NO
A leggere il documento approvato, a parte "un apprezzamento positivo" sull'incremento delle pensioni basse, il miglioramento del sistema di rivalutazione delle pensioni, i primi interventi nel sistema degli ammortizzatori sociali, il No della Fiom è su tutta l'intesa. Sulla previdenza, il documento sottolinea che "il superamento dello scalone avviene sulla base del vincolo finanziario posto dal governo dell'autofinanziamento di 10 miliardi di euro, escludendo così gli aumenti contributivi sui lavoratori dipendenti decisi nell'ultima finanziaria, impropriamente utilizzati per ridurre il debito pubblico". Si tratta dell'aumento degli oneri previdenziali dello 0,30% equivalente a circa 1 miliardo di euro l'anno, ossia 10 miliardi nell'arco di 10 anni.
La Fiom giudica "incomprensibile il ripristino delle quote associate alla crescita dell'età minima, che ha la sola funzione di sommare l'aumento dell'età anagrafica con l'elevamento dell'età contributiva da 35 a 36 anni, fino a prevedere una 'clausola di salvaguardia' di un eventuale aumento contributivo dello 0,09% dal 2011". Circa il ripristino delle 4 finestre con 40 anni di contributi, esso "viene finanziato - si legge - attraverso l'introduzione delle finestre sulle pensioni di vecchiaia". Inoltre, "i lavori usuranti sono definiti sulla base di criteri che hanno un vincolo finanziario di un massimo di 5.000 all'anno".
Sotto accusa anche la parte dell'intesa che riguarda il "mercato del lavoro" e le misure a favore dell'impresa. Il documento denuncia che sui "contratti a termine e sullo staff leasing siamo alla conferma della legge del governo precedente sempre osteggiata dalla Cgil". Per certi aspetti peggiorata con la possibilità di proroga oltre i 36 mesi e l'assenza di causali specifiche per attivare contratti a tempo determinato. Sulla contrattazione "l'eliminazione della sovracontribuzione per il lavoro straordinario costituisce un preoccupante incentivo all'aumento dell'orario di lavoro, mentre la detassazione del salario aziendale totalmente variabile indebolisce la contrattazione collettiva e, in particolare, il contratto nazionale".
Le contestazioni della maggioranza della Fiom sono sul merito dell'intesa. Ma il loro significato politico va bel al di là. Esprimono, di fatto, una critica dura alla politica economica e sociale del governo di stampo neoliberista e neocorporativo. Esprimono un rifiuto di questa filosofia economica borghese che vuole il primato degli interessi delle imprese su quelli dei lavoratori, che dà priorità ai vincoli finanziari e alle compatibilità economiche della classe dominante. Evidenzia preoccupazione per la mancanza di autonomia e lo stato di subordinazione dei sindacati confederali, compresa la Cgil, nei confronti del governo e della Confindustria. "Altro che scalone - dice Rinaldini - ci sono aspetti politici e sociali in evoluzione (non ultimo la formazione del PD e il conseguente spostamento a destra del polo di "centro-sinistra", ndr) e la Cgil corre il rischio di subire tutto questo con il conseguente pericolo di 'balcanizzazione' dell'organizzazione".

PRODI MINIMIZZA E IL PRC NON DA' INDICAZIONE DI VOTO
Un evento di questo genere non poteva rimanere senza reazioni. Ve ne sono state a caldo, ve ne saranno altre successivamente. Scontata quella di Epifani, misurata nella forma ma rabbiosa e minacciosa nella sostanza. Il segretario della Cgil, oltre a confermare un giudizio complessivo positivo sul Protocollo del governo, concede alla Fiom, bontà sua, il diritto al dissenso, cosa nota anche per la circostanza. "Ma c'è stata - afferma - per la prima volta una scelta forte, c'è stato uno strappo in più. E io giudico sbagliata la decisione della Fiom perché rischia di indebolire la prospettiva sindacale". A Rinaldini intima che "sarebbe stato molto meglio avesse espresso un giudizio critico ma mantenendosi nel quadro confederale. Invece ha fatto un passo davvero azzardato che potrà avere conseguenze pesanti". Epifani, in pratica, promette una resa dei conti, una normalizzazione della Fiom, con le buone o con le cattive, subito dopo la consultazione referendaria.
Diversa dal punto di vista tattico la reazione dei rappresentanti del governo tesa a minimizzare e a ridurre a fatto marginale il voto contrario della Fiom. Prodi in testa che con tono curiale dice: "L'accordo è stato firmato da tutti, se la Fiom si discosta penso ci sia un diritto di esprimere una posizione di minoranza. D'altra parte era abbastanza prevedibile e scontato". Sulla stessa falsariga il ministro del lavoro, Cesare Damiano: "Quella della Fiom è per me una scelta scontata, ma è anche scontato che quello che pesa è il referendum promosso da Cgil, Cisl e Uil". Anche il leader dei DS, Piero Fassino, ripete lo stesso ritornello. "Non è una novità - sostiene - che il gruppo dirigente della Fiom non fosse d'accordo con il Protocollo sul welfare. ma sono convinto che quando quell'intesa sarà portata al vaglio dei lavoratori e delle fabbriche sarà approvata". D'Alema asserisce di "essere certo che i lavoratori nel referendum approveranno quell'intesa". Ma mentre mostrano questa (finta) sicumera fanno gli scongiuri e si toccano le parti basse giacché i risultati non sono così scontati!
E la formazione di Mussi? E la cosiddetta "sinistra radicale" governativa? Titti Di Salvo, capogruppo alla Camera di SD "dispiaciuta, personalmente la scelta della Fiom - fa sapere - mi fa soffrire" (sic!), anche perché la valutazione del suo gruppo sul Protocollo è positiva. Ambigua e tutto sommato opportunista la posizione del PRC e del PdCI che deriva dal fatto di essere ambedue parte integrante di quel governo che ha proposto l'accordo contestato dai metalmeccanici. Mostrano, è vero, di condividere e apprezzare le critiche del Comitato centrale della Fiom al patto del 23 luglio, ma non sono disponibili ad andare oltre la battaglia parlamentare, persa in partenza, per la presentazione di semplici e parziali emendamenti destinati ad essere bocciati. Un aspetto di questo opportunismo è l'atteggiamento di disimpegno assunto dal PRC nei confronti del referendum. "Come partito - ha detto Zipponi, responsabile nazionale per i temi del lavoro - siamo rispettosi della dinamica sindacale e della sua autonomia, non parteciperemo a comitati per indicazioni di voto. Non vogliamo trasformare il referendum in una partita di calcio". Ma astenersi dal dare una chiara indicazione di voto contraria, a seguito di un malinteso rispetto dell'autonomia sindacale, significa piegarsi al diktat gridato da Epifani, che ha chiesto ai partiti (leggi quelli che avversano il Protocollo Prodi) di fare un passo indietro e così non disturbare il manovratore, vuol dire fare il gioco dei fautori delle controriforme delle pensioni e del "mercato del lavoro".

DARE BATTAGLIA, PARTECIPARE AI COMITATI PER IL NO
Noi appoggiamo in pieno la posizione del CC della Fiom e invitiamo i lavoratori e i sindacalisti delle altre categorie a seguirne l'esempio. Dalla metà di settembre fino alla prima settimana di ottobre si terranno le assemblee nei luoghi di lavoro e a livello territoriale, dall'8 al 10 dello stesso mese si svolgerà il referendum. Così hanno deciso i direttivi nazionali di Cgil, Cisl e Uil in una riunione unitaria del 12 settembre scorso. Non nella forma ma nella sostanza dubitiamo che tale consultazione sarà condotta in modo davvero democratico. Nell'introduzione delle assemblee è ammesso solo un oratore con il compito vincolante di sostenere l'intesa sottoscritta dalle segreterie confederali; anche se con essa non è d'accordo. Così si soffoca il dissenso e non si permette ai lavoratori di scegliere tra due posizioni diverse e alternative: quella a favore e quella contraria.
Questa è una ragione in più per organizzarsi e dare battaglia. Noi abbiamo fiducia che nonostante ciò il disagio, la protesta e la contestazione della base si faranno sentire. In questo le nostre compagne e i nostri compagni lavoratori e sindacalisti, militanti e simpatizzanti del Partito, devono stare in prima fila. Devono fare fronte unito con tutti coloro che si oppongono al Protocollo Prodi. Devono attivarsi per formare i Comitati per il No o partecipare in quelli che si sono già formati. E con essi fare un'opera capillare di informazione e di orientamento, mettendo in evidenza tutte le pecche degli accordi del 23 luglio 2007. Devono documentarsi bene e preparare con accuratezza gli interventi da fare in assemblea. Devono sollecitare le Rsu ad assumere una posizione critica e di rifiuto dell'intesa. Devono vigilare sulla correttezza dello svolgimento delle assemblee e dello stesso referendum, partecipando anche allo spoglio delle schede e denunciando le eventuali manipolazioni. Si tratta di un'occasione importante di lotta politica e sindacale che deve essere colta col massimo impegno, la massima dedizione e competenza. Dobbiamo batterci perché venga proclamato uno sciopero generale, e appoggiare i sindacati dei lavoratori e le forze che lo proclameranno. In questo anche le studentesse e gli studenti marxisti-leninisti devono fare la loro parte nelle loro scuole e università.

 14 settembre 2007