Calpestate le libertà sindacali secondo le relazioni mussoliniane instaurate da Marchionne
La Fiat caccia la Fiom dalle trattative con la complicità dei sindacati collaborazionisti
Landini: "Siamo alla mutazione genetica dei sindacati che diventano aziendalistici e corporativi"

Nessuno si aspettava che sarebbe stata una passeggiata. Anzi era scontato il dissenso della FIOM-CGIL dal momento che, proprio per protestare contro la disdetta unilaterale della Fiat di tutti gli accordi sindacali sia nazionali sia aziendali e territoriali aveva indetto uno sciopero generale di 4 ore per il 16 dicembre prossimo. Tuttavia, quello che è successo nella riunione convocata dagli uomini di Marchionne presso l'associazione degli industriali di Torino il 5 dicembre è di una gravità inaudita, senza precedenti o quasi. L'incontro formalmente aveva il compito di discutere un nuovo contratto per il settore auto. In realtà lo scopo più volte esplicitato dal nuovo Valletta con i suoi soliti modi autoritari, neofascisti padronali (ditemi sì o me ne vado dall'Italia) era e rimane quello di estendere il contratto aziendale imposto alla fabbrica di Pomigliano a tutti gli stabilimenti Fiat e agli oltre 86 mila dipendenti che vi lavorano.
Praticamente alle prime battute della riunione e alle prime obiezioni il capo delegazione della Fiat con un'arroganza fuori dal comune ha intimato alla FIOM di lasciare il tavolo delle trattative: "Non avete firmato l'accordo di Pomigliano - ha detto - che cosa siete venuti a fare qui?". Noi non abbandoniamo la trattativa, ha replicato il leader della FIOM, siamo qui perché siamo stati invitati a partecipare al pari delle altre organizzazioni sindacali. Ci è stato detto che all'ordine del giorno c'era la discussione di un nuovo contratto per tutto il gruppo Fiat e non la generalizzazione del contratto di Pomigliano poi fatto passare con le stesse modalità a Mirafiori e alla Bertone di Grugliasco. A quel punto la rappresentanza padronale seguita dai sindacalisti collaborazionisti FIM, UILM, FISMIC, UGL che di fatto hanno condiviso l'esclusione della CGIL dei metalmeccanici, si sono spostati in altra stanza per proseguire la finta e ipocrita trattativa.
A questo proposito ecco il commento di Giorgio Airaudo, responsabile auto della FIOM: "Non c'era nessuna trattativa, nessun accordo di gruppo di cui parlare . C'era solo l'imposizione dell'azienda per ottenere l'estensione di Pomigliano all'intera galassia Fiat, un accordo accettato da 7 mila dipendenti (con il pesante ricatto occupazionale, ndr) che sarà così imposto a 86.200 persone, non solo metalmeccaniche". "Ci avevano convocato per discutere un nuovo contratto - insiste sul punto Landini - non per estendere quelli separati. Cosa pretendevano? Che avremmo detto sì oggi dopo aver detto no a Pomigliano, Mirafiori e alla ex Bertone?". E aggiunge: "Chiedere la nostra esclusione dal tavolo significa compiere un nuovo strappo. Siamo alla mutazione genetica di sindacati che diventano aziendalistici e corporativi". "Siamo di fronte ad un attentato alle libertà sindacali che non ha precedenti. È singolare che i sindacati firmatari del contratto nazionale chiedano un accordo per cancellarlo".
Date queste premesse, tutto fa pensare che nei prossimi giorni ci ritroveremo davanti all'ennesimo contratto separato, senza nessuna discussione precedente e, con con molta probabilità per non dire certezza, senza alcuna validazione da parte dei lavoratori interessati.
Noi del PMLI nel denunciare questo ennesimo atto di stampo neofascista della FIAT con la copertura e la collaborazione dei sindacati complici filopadronali, esprimiamo la nostra solidarietà militante alla FIOM. La esortiamo a resistere e a non mollare, a proseguire questa lotta importantissima, vitale contro le relazioni industriali mussoliniane introdotte da Marchionne e (si dovrebbe aggiungere) sviluppare l'opposizione alla politica iniqua di lacrime e sangue del governo della grande finanza e della UE Monti. Auspichiamo perciò pieno successo allo sciopero generale dei metalmeccanici del 12 dicembre, e alle connesse manifestazioni territoriali. Così come allo sciopero indetto dalla CGIL per lo stesso giorno. Ma è chiaro che la lotta nei prossimi giorni si deve estendere e generalizzare. Si impone lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi.

7 dicembre 2011