Era pagato dall'Ilva
Arrestato Florido (PD), presidente della provincia di Taranto
In carcere anche Conserva, ex assessore provinciale all'ambiente (PD), Specchia, ex direttore generale della provincia, e Archinà, ex dirigente dell'acciaieria
La guardia di finanza chiama in causa Vendola

Nonostante l'ex governo Monti, con l'avallo di Napolitano e tramite i suoi ministri Balduzzi e Clini abbia cercato in tutti i modi di ostacolarla e insabbiarla per tutelare gli interessi dei Riva (cfr. Il Bolscevico, n. 45/2012), l'inchiesta sul caso Ilva, denominata "Ambiente svenduto", è andata avanti e ha prodotto nuovi risultati specie per quanto riguarda l'intreccio politico-affaristico.
All'alba del 15 maggio, su ordine del Gip di Taranto Patrizia Todisco, sono stati infatti condotti in carcere per concussione e tentata concussione il presidente della provincia Giovanni Florido (esponente di spicco del PD ionico e per anni segretario della Cisl), e l'ex assessore all'Ambiente Michele Conserva (PD, già agli arresti domiciliari dal novembre scorso). Ai domiciliari anche l'ex direttore generale della provincia, Vincenzo Specchia, oggi segretario al comune di Lecce. Conferma del carcere per l'ex potente responsabile delle relazioni esterne dell'Ilva, Girolamo Archinà, anch'egli già agli arresti dal novembre scorso.
L'accusa è di aver favorito attraverso nomine, allontanamenti di dirigenti scomodi, pressioni per autorizzazioni illegali, gli affari del colosso siderurgico. In particolare, viene contestato di aver fatto in modo che fosse autorizzata una discarica di rifiuti speciali all'interno dello stabilimento, in area "Cava Mater Gratiae", richiesta dall'Ilva "pur non ricorrendone le condizioni di legge", essenziale per risparmiare milioni di euro e ottenere dal ministero l'Aia, l'autorizzazione ambientale, che ha permesso al gruppo Riva di continuare a produrre e a inquinare a proprio piacimento.
Secondo l'ordinanza del GIP, Florido, alla guida della giunta provinciale (PD, SEL, UDC) dal 2004, ha rivelato una "inquietante, forte inclinazione comportamentale ad asservire il pubblico ufficio (...) al conseguimento di obiettivi di favore economico a beneficio di determinati soggetti". In sostanza, Archinà era per conto dell'Ilva l'ispiratore delle pressioni esercitate sugli altri tre, Florido era il regista, colui che "indirizzava" le "condotte contestate". Ricordiamo che l'inchiesta è partita dalla denuncia del dirigente del settore ecologia della provincia, Luigi Rinaldini, che poi fu rimosso dal suo incarico proprio da Florido perché colpevole di aver resistito alle pressioni per rilasciare l'autorizzazione per la discarica. Sorte simile toccata anche al suo successore, Ignazio Morrone, che fu costretto sotto pressione prima a firmare l'autorizzazione e poi alla pensione.

Vendola chiamato in causa
Ma l'inchiesta punta ancora più in alto. Nell'ordinanza rispunta infatti il nome del governatore della Puglia Nichi Vendola (SEL) che secondo la Guardia di finanza sarebbe al centro di una "vicenda concussiva" assieme al suo ex capo della segreteria Francesco Manna.
Nelle carte del GIP Todesco, si fa infatti riferimento a un'informativa della Guardia di finanza del 24 gennaio scorso, in cui si parla delle pressioni che Vendola avrebbe esercitato nei confronti del direttore dell'Arpa, il professor Giorgio Assennato, in scadenza di mandato e inviso all'Ilva.
L'informativa, a proposito dei "rapporti para-istituzionali" tra Ilva e politica, trattando delle "entrature" del colosso dell'acciaio, ricorda "l'ipotizzata vicenda concussiva in danno del direttore di Arpa Puglia Giorgio Assennato, allorquando si profilava per lo stesso il mancato rinnovo dell'incarico (...) per effetto delle sollecitazioni rivolte al governatore Vendola e ai suoi più stretti collaboratori - tra gli altri l'allora capo-segreteria, Manna - proprio dai vertici Ilva". Secondo i finanzieri, Assennato cambia atteggiamento nei confronti dell'Ilva. "Come ampiamente documentato - si legge ancora nell'informativa - all'esito di questa vicenda concussiva e per effetto di essa, Assennato ridimensionerà il proprio approccio".
Per ora Vendola non risulta indagato. Egli ha sempre negato di aver subito pressioni dall'Ilva e di aver fatto a sua volta pressioni sul direttore dell'Arpa, ma per i finanzieri vi sono sufficienti elementi che testimoniano la capacità della famiglia Riva di condizionare la vita politica e amministrativa non solo della provincia, ma anche della Regione. È comunque certo che tutto è avvenuto sotto il naso di Vendola che quanto meno aveva gli strumenti e il dovere di esercitare un controllo.
Si tratta di un sistema politico-affaristico certamente in piedi da decenni, che le amministrazioni di "centro-sinistra", avvicendatesi al comune e alla provincia di Taranto, la Regione, guidata da Vendola ormai da due mandati, si sono ben guardati dal demolire.
Florido dal carcere si è dimesso, preceduto dai consiglieri e dai due assessori provinciali di SEL. Li hanno seguiti in blocco il consiglio e la giunta che verrà commissariata. Il capogruppo del PD in Consiglio, Luciano Santoro, ha commentato stizzito le dimissioni degli esponenti di SEL con queste parole: "Sarebbe stato meglio aspettare la formalizzazione delle dimissioni del presidente Florido e tutti assieme, come già deciso, ci saremmo dimessi. Il passo in avanti di SEL è un atto di cinismo, che sembra quasi teso a distinguersi dal resto della coalizione. Ebbene che si sappia, che tutti gli atti di questa Giunta sono stati condivisi da tutti. Le responsabilità politiche sono di tutti".
Responsabilità che è lecito pensare vanno oltre l'ambito locale e regionale. È impensabile che l'Ilva, date le sue dimensioni, la sua collocazione e la sua produzione strategica, possa agire al di fuori dell'attenzione del governo centrale e dei partiti parlamentari a livello nazionale. Per decenni però nessuno ha sollevato obiezioni su quella bomba ecologica e sociale che produceva migliaia di vittime e danni permanenti alla popolazione e al territorio.
L'ipotesi che tale atteggiamento sia dovuto alla volontà di salvaguardare i posti di lavoro non regge. Forse conta di più il fatto che sia la destra che la "sinistra" borghese hanno goduto di lauti finanziamenti elettorali dai padroni del più grosso centro siderurgico europeo. (cfr. Il Bolscevico n. 32/2010).

La nostra posizione
Comunque sia non vi può essere contrapposizione fra diritto al lavoro e diritto alla salute dei lavoratori e dell'intera popolazione tarantina. I due diritti vanno entrambi tutelati e salvaguardati.
Di fronte a tutto ciò, noi riaffermiamo che l'unica strada in grado di salvaguardare insieme e contestualmente salute, ambiente e lavoro è sottrarre l'Ilva ai meri interessi di profitto capitalistico, nazionalizzarla senza indennizzi per i pescecani Riva, che anzi devono pagare tutti i costi inerenti i danni dell'inquinamento a Taranto e della bonifica dello stabilimento. Se non lo faranno tempestivamente devono rispondere con tutti i loro patrimoni da confiscare per via giudiziaria. Solo con la nazionalizzazione dell'Ilva si può e si deve porre sotto il diretto controllo dei lavoratori e della popolazione tarantina l'intero ciclo produttivo affinché siano prioritariamente garantiti e tutelati i diritti e la salute dei lavoratori e di tutti gli abitanti dei quartieri circostanti e al contempo venga impedita la smobilitazione di questo settore strategico per il nostro Paese.

22 maggio 2013