Sfidando il criminale blocco sionista, le navi trasportano medicinali, cibo e materiale di prima necessità destinato ai palestinesi
La Grecia del socialdemocratico Papandreu blocca la flottilla diretta a Gaza

Lo scorso 27 giugno il premier sionista Benyamin Netanyahu aveva minacciato l'uso della forza per impedire alle navi della Freedom Flottilla, la spedizione organizzata da attivisti che sostengono la causa palestinese, di raggiungere la striscia di Gaza con medicinali, cibo e materiale di prima necessità. Il criminale e illegale blocco navale sionista nel mare di Gaza non avrebbe permesso alle navi di passare, al massimo la flotta avrebbe potuto raggiungere il porto egiziano di el-Arish, nel Sinai settentrionale, e da là gli aiuti umanitari potevano raggiungere la Striscia attraverso il valico di Rafah.
Le pressioni di Tel Aviv sugli amici governi imperialisti per impedire la partenza della flotta di aiuti erano forti, come pure la minaccia era concreta dopo che già lo scorso anno la marina sionista aveva assaltato le navi della prima Flottilla, ucciso impunemente nove pacifisti e impedito l'arrivo a Gaza. E già il 16 maggio la nave malese "Spirit of Rachel Corrie", dal nome di una studentessa americana schiacciata a Gaza nel 2003 da un bulldozer israeliano mentre cercava di impedire che venisse demolita l'abitazione di una famiglia palestinese, era stata intercettata a quattrocento metri dal litorale e costretta a cannonate a rifugiarsi in acque egiziane. Eppure trasportava solo tubature per ripristinare la rete fognaria nella Striscia.
I promotori della seconda Flottilla, che stavano organizzando una spedizione di quindici navi per fine giugno, chiedevano che a bordo delle imbarcazioni ci fossero anche degli osservatori internazionali per garantire il controllo del carico durante tutto il viaggio. Una richiesta bollata come "provocatoria" e respinta dall'Onu, dall'Unione europea (Ue) e dal partito europeo socialdemocratico. Era la premessa di quanto sarebbe accaduto al momento della partenza delle navi dai porti della Grecia, impedita dal governo del socialdemocratico Papandreu, che ha tolto le castagne dal fuoco per conto dei sionisti.
Gli organizzatori della Flottilla denunciavano il 27 giugno diversi tentativi di sabotaggio di alcune delle dieci navi in attesa della partenza e gli ostacoli amministrativi creati dal governo greco a seguito della pressione di Israele. "Noi richiamiamo il governo greco a non diventare complice nelle azioni illegali di Israele", affermavano rivolgendosi al governo di Atene, che rispondeva bloccando la partenza di tutte le navi dai propri porti. Anzi, il 6 luglio la guardia costiera greca intercettava l'imbarcazione francese "Dignitè al Kanama", salpata dalla Corsica a fine giugno, che stava dirigendosi verso Gaza. La barca era individuata mentre stava facendo rifornimento di carburante in un piccolo porto dell'isola di Creta, sequestrata e rimorchiata verso il porto di Sitia.
Uno dei coordinatori della rappresentanza italiana nella Freedom Flotilla denunciava il fatto grave di come la missione umanitaria internazionale fosse stata considerata e affrontata come "l'esercito di un paese nemico". Il ministero dell'Interno della Grecia ha vietato con un decreto speciale a qualunque imbarcazione di lasciare i porti nazionali con destinazione Gaza e alle navi della Flottilla un qualunque spostamento anche verso altri porti in Grecia o europei. Un dispositivo applicato col blocco della nave francese a Creta. Ma sulle altre navi sono stati addirittura arrestati alcuni passeggeri fra i quali il capitano americano di una nave che aveva cercato di salpare dal Pireo; il capitano era chiuso in carcere per tre giorni con l'accusa di aver trasgredito l'articolo 128 del codice navale greco relativo alla condotta che un capitano dovrebbe adottare in "situazioni di guerra o intensificazione delle relazioni internazionali".
Papandreu, che con la crisi in corso avrebbe molte altre cose di cui preoccuparsi, non ci ha pensato un momento per "scendere in guerra" al fianco dei sionisti.

13 luglio 2011