Biografia di Vittorio Foa

Mentre Ciampi esalta i suoi "insegnamenti'' sul futuro dell'Italia
"LIBERAZIONE'' CONSIDERA L'ANTICOMUNISTA VITTORIO FOA UN "GRANDE VECCHIO DELLA SINISTRA''
Bertinotti da sempre considera suo maestro l'ex azionista. Anche i trotzkisti de "il manifesto'' inneggiano a questo antico imbroglione
Come può un ben noto imbroglione anticomunista storico diventare un "grande vecchio della sinistra''? Mistero. Che nemmeno "Liberazione'' riesce a spiegare, pur avendolo così classificato. A meno che l'organo del PRC, diretto dall'arcirevisionista e trotzkista Alessandro Curzi, non intenda per sinistra la "sinistra'' borghese di cui da sempre ha fatto parte Vittorio Foa. Vedi qui sotto la sua biografia.
Vediamo comunque cosa dice "Liberazione'' tramite la penna del vice direttore, la trotzkista luxemburghiana Rina Gagliardi in un articolo che titola "Auguri a un `grande vecchio' della sinistra. Vittorio Foa, novant'anni di curiosità'' apparso il 17 settembre: "Noi continuiamo ad amarlo per quello che ci ha insegnato, da sindacalista della sinistra Cgil, da politico socialista e della nuova sinistra, da scrittore di libri che hanno soprattutto un grande valore di testimonianza. Per quel gusto della dissacrazione in lui così irresistibile, che ne faceva un critico implacabile - magari discutibile ma sempre intelligente - dell''ordine di cose presenti'. Per quel sano `estremismo sociale' che lo portò, con anni d'anticipo, a mettere in discussione la centralità istituzionale, e la pratica politicista che caratterizzava la sinistra... E per quel coraggio della rottura, e del rinnovamento continuo, che non si lasciava inibire da alcuna sacralità. Auguri, caro grande vecchio, da tutta la redazione di `Liberazione'''.
Questa vera e propria apologia di Foa da parte di "Liberazione'' non stupisce affatto. Lo stesso Bertinotti da sempre lo considera un suo maestro col quale peraltro condivide la stessa origine socialista e psiuppina. Si legga a proposito il libro autobiografico del segretario del PRC, "Tutti i colori del rosso'', in cui egli annovera Foa fra i suoi maestri - in compagnia di altri trotzkisti storici come Rossanda, Pintor e Ingrao e azionisti come Lombardi - apprezzandone in particolare la ricerca "caratterizzata dall'autonomia dell'azione sindacale''.
Com'è già successo recentemente con gli anniversari dell'arcirevisionista Pajetta e persino dell'ispiratore di Hitler, Nietzche, oltre a "Liberazione'' hanno partecipato alla gara di santificazione di Foa i trotzkisti de "il manifesto'' e i falsi comunisti del PdCI di Cossutta e Diliberto che gli hanno tributato grandi onori sui loro rispettivi giornali.
Il paradosso è che persino il capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi nel suo personale messaggio a Foa ne ha esaltato "la lezione di vita che ci aiuta oggi a proseguire con fiducia nel cammino di quel futuro nel quale anche tu ci hai insegnato a credere''.
Insomma, Foa è un maestro della sinistra oppure un abile imbroglione politico che, come il "cavallo'' nel gioco degli scacchi, metafora da egli usata per definirsi nel suo libro "Il Cavallo e la Torre'', non si muove mai per linea retta ma a zig zag, scavalcando ora a destra ora a sinistra le altre pedine per nascondere la propria natura di anticomunista storico e ingannare le masse di sinistra?
Non occorre un grande sforzo per capire chi è realmente Foa, basta leggere ciò che lui stesso ha scritto di sé. Come quando dice chiaro e tondo nel suo libro sopracitato di non essere mai stato marxista e comunista: "non credo di avere mai accettato il marxismo come un canone di interpretazione globale della realtà''. E ancora: "Io non sono mai stato comunista e nessuno mi ha mai chiesto di diventarlo, forse anche per il mio impermeabile individualismo piccolo-borghese che ha resistito anche a decenni di lavoro sindacale. La mia coabitazione coi comunisti è stata tutta sul versante, che ritengo dominante, della costruzione democratica''. Coerente con questa linea attacca duro e sprezzante Marx, Lenin e Stalin e tutta l'esperienza della dittatura del proletariato ed esalta, ovviamente, Krusciov e Tito e persino Trotzki, che definisce "maestro di democrazia''. Commentando il "Libro nero del comunismo'' giunge persino a tessere un elogio dell'anticomunismo: "Spesso mi sono chiesto perché nel movimento operaio di cui ho fatto parte, e non da comunista, non abbiamo respinto con sufficiente forza la linea proposta. Perché non abbiamo parlato come Ignazio Silone (spia dell'Ovra, ndr). Per questo riconosco pienamente le ragioni dell'anticomunismo come categoria politica'' ("Liberal'' del 23.3.1998).
Egli è stato sempre un liberale borghese, magari di "sinistra'', ma sempre liberale: "Quella democrazia liberale, o formale, o borghese o come si voleva chiamarla - scrive - l'avrei criticata per le sue disuguaglianze, per i suoi squilibri e soprattutto per averci dato il fascismo, ma non l'ho mai negata''.
Se sul piano ideologico e filosofico si autodefinisce a ragione un crociano, sul piano politico egli è sempre stato un giolittiano e un azionista: "Il conflitto fra grande industria e classe operaia - scrive -, fra capitale e lavoro, conteneva dentro di sé, come ho detto, l'ipotesi della mediazione politica. Fin dall'infanzia, per l'influenza paterna, quella dimensione politica di equilibrio mi si presentò fisicamente nella persona di Giovanni Giolitti''.
Vittorio Foa si può annoverare fra quegli agenti borghesi che hanno tentato di egemonizzare la classe operaia attraverso un atteggiamento critico verso il capitalismo volto però proprio a integrarla nel capitalismo stesso e impedirne il rovesciamento. Lui stesso lo confessa quando così spiega il suo ruolo integrazionista e controrivoluzionario: "Cercavo di mettere insieme i gruppi della `sinistra rivoluzionaria', i figli del 1968, di distoglierli dal mito della rottura rivoluzionaria, di orientarli a una via meno `movimentista' e più `istituzionale', cioè verso un governo delle sinistre... A distanza di anni vale ancora la pena di riflettere su quel clamoroso insuccesso, soprattutto se si pensa che quell'obiettivo non aveva proprio nulla di rivoluzionario e rispondeva allo schema classico di tutte le democrazia occidentali, quello dell'alternanza di governo fra destra e sinistra''.
Da qui a diventare nell'ultimo decennio un fervente sostenitore della riabilitazione del fascismo e della pacificazione fra fascisti e antifascisti, della repubblica presidenziale e federalista e persino dell'interventismo imperialista nel Golfo Persico, il passo è stato veramente breve.
Nel 1993 Foa che ormai non si definisce più antifascista ma "postfascista'', appoggia la "svolta'' del segretario dell'allora MSI Fini attirandosi gli elogi dei fascisti. Il fascista emergente Pietrangelo Buttafuoco su "Il Secolo'' del 30.12.93 scrive: "Ancora una volta Foa, offre al suo pubblico una tremenda provocazione. Sul quotidiano del PDS (''l'Unità", ndr) campeggia un virgolettato shock: `Incoraggio la svolta di Fini'. E poi prosegue `Vorrei una destra democratica. Vorrei un'alleanza elettorale e un Parlamento nei quali ognuno sappia superare senza negarla, la propria identità e del proprio passato. Terzo, vorrei che gli italiani pensassero più al mondo e non solo a se stessi'. Sono le parole di uno dei padri nobili della sinistra italiana, uno che è veramente onesto, pulito, sincero. Uno che parla con estrema franchezza, per il gusto di perseguire la strada del confronto''.
Sempre nel '93 troverà il modo per esaltare il sindacato unico di regime ("La Stampa'' del 28.6.93) e la Lega neofascista e razzista di Bossi la cui politica "ha la forma della `negazione', ma è `critica'. La nostra identità italiana non sta deperendo, sta cambiando'' ("l'Unità" 11.10.93)
Ancora su "Il Secolo'' del 25 febbraio 1995 appare un'intervista a Foa in cui oltre a riaffermare l'apertura di credito ad AN, egli sostiene la revisione da destra della Costituzione e il presidenzialismo: "Introdurrei elementi federalisti, unitari e solidali, che non sono assolutamente incompatibili con un sistema presidenziale, anzi consequenziali e viceversa. è su questo terreno che la nuova forza `fondante' della Destra può trovare il suo spazio''.
Dulcis in fundo, ecco come il "grande vecchio'' anticomunista tanto amato dai neorevisionisti e trotzkisti di "Liberazione'' si esprime sulla situazione politica italiana: "Non temo il ritorno della destra al governo: l'Italia ha raggiunto un livello di democrazia tale da poter avere anche un governo di destra senza correre alcun pericolo. Con la destra si può discutere''. ("la Repubblica'' 15.10.98).