Scandalo sanità in Lombardia
Associazione a delinquere per Formigoni
Il berlusconiano ex governatore è accusato di aver intascato otto milioni di euro in viaggi, barche e contributi

Il 12 febbraio la Procura di Milano ha chiuso le indagini sulla scandalosa gestione della fondazione Maugeri e ora, secondo quato riferito dal procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, per i 17 indagati si fa sempre più concreta la possibilità di una prossima richiesta di rinvio a giudizio.
Su tutti spicca l'ex governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, accusato di associazione per delinquere e di corruzione.
Secondo gli inquirenti, il boss ciellino è stato il "promotore e organizzatore" dell'associazione a delinquere e avrebbe garantito stabilmente tra il 1997 e il 2011 favori alla Fondazione Maugeri e tra il 2002 e il 2011 al San Raffaele.
I pm accusano Formigoni di aver ricevuto, in cambio del suo appoggio, "utilità" per 8 milioni di euro; tra cui viaggi e l'uso di yacht ma anche "somme di denaro contante - scrivono i pm - periodicamente consegnate in Milano da Daccò a Formigoni di importo non determinato e, comunque, complessivamente non inferiori a circa 270mila euro".
"Roberto Formigoni - si legge nell'avviso - quale Presidente della Regione Lombardia garantiva alla Fondazione Salvatore Maugeri, a fronte delle illecite remunerazioni, una 'protezione globale', e si adoperava affinché fossero adottati da parte della giunta, in violazione di legge e dei doveri di imparzialità ed esclusivo perseguimento dell'interesse pubblico, di anno in anno, provvedimenti diretti ad erogare consistenti somme di denaro e procurare altri indebiti vantaggi alla Fondazione". Gli incontri e le decisioni, secondo gli inquirenti, avvenivano "fuori dalla Giunta" regionale e quindi imposte dal boss ciellino "nonostante il parere contrario" di alcuni funzionari del Pirellone che sono stati ascoltati dai pm durante le indagini.
Grazie a ciò la Fondazione dal 1997 ha potuto creare "all'estero, attraverso fittizie operazioni commerciali, fondi extra-bilancio per un importo complessivo di circa 73 milioni di euro", dei quali "61 venivano trasferiti, quali pagamenti corruttivi per intermediari e pubblici ufficiali, sui conti italiani e esteri di società di Simone e Daccò", cioè l'ex assessore ciellino alla Sanità e il ragioniere, entrambi amici di Formigoni.
Alle somme in contanti periodicamente consegnate a Milano da Daccò a Formigoni, si affiancano "70mila per organizzazione di cene e convention nell'interesse di Formigoni", per il meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, 500mila "per organizzazione eventi, incontri e cene", 600 mila "per finanziare la campagna di Formigoni nella competizione elettorale del 2010" e per "la villa in Sardegna, ad Arzachena, avuta a prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato per un importo di 1.500.000".
Oltre che a Formigoni l'atto che sigla la fine delle indagini e precede la richiesta del processo con accuse che a vario titolo comprendono l'associazione finalizzata alla corruzione, frode, riciclaggio e interposizione fittizia, è stato notificato, tra gli altri, al faccendiere Pierangelo Daccò (già condannato a 10 anni per il concorso nel dissesto finanziario del San Raffaele), all'ex assessore alla Sanità della Lombardia Antonio Simone insieme alla moglie Carla Vites, agli ex vertici della fondazione Maugeri, a Nicola Maria Sanese dirigente del Pirellone, al direttore generale dell'assessorato alla Sanità Carlo Lucchina e ad Alberto Perego, amico di lunga data di Formigoni. Le accuse a vario titolo sono associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, frode fiscale, riciclaggio e interposizione fittizia.

20 febbraio 2013