Con la copertura dell'Onu e col pretesto di combattere il terrorismo
La Francia imperialista del socialista Hollande aggredisce il Mali
L'ingerenza armata degli imperialisti negli affari interni dei paesi sovrani e indipendenti è ormai una consuetudine
Prodi: "Intervento inevitabile"

L'11 gennaio il presidente francese François Hollande, in occasione degli auguri di buon anno al corpo diplomatico, annunciava che "di fronte a un'evidente aggressione ho deciso che la Francia risponderà, a fianco dei nostri partner africani, alla domanda delle autorità maliane", alla richiesta di aiuto del governo di Bamako in difficoltà di fronte all'avanzata verso sud delle forze islamiste che da quasi un anno avevano occupato il nord del paese.
Hollande precisava che "la situazione in Mali è fonte di grande preoccupazione non solo per il Mali e l'Africa occidentale, ma anche per l'Europa e la comunità internazionale. Nel nord del paese si è strutturato un gruppo terroristico" che mira a destabilizzare tutta la regione. A cominciare dal tentativo di dare "un colpo fatale all'esistenza stessa del Mali", e questo la Francia, l'ex potenza coloniale, "non può accettarlo". Col pretesto di combattere il terrorismo e con la copertura dell'Onu, la Francia imperialista del socialista Hollande aggredisce il Mali e vuol ribadire il suo ruolo di attore di primo piano nella contesa neocoloniale che vede sgomitare le maggiori potenze imperialiste mondiali che puntano al controllo sulle ricchezze del continente. Al momento il centro della contesa sembra essere la regione del Sahel, la regione intermedia che corre dall'Atlantico al Mar Rosso, tra il deserto del Sahara e l'Africa nera, dal Mali alla Somalia all'Africa centrale. Non è un caso quindi che nella notte tra l'11 e il 12 gennaio i caccia francesi abbiano compiuto un raid in Somalia contro le forze degli shebab islamisti, con l'intenzione di liberare un uomo dei servizi segreti francesi rapito tre anni fa. Un raid che sembra fallito, con la morte dell'ostaggio e di una ventina dei rapitori.
L'aviazione francese è stata protagonista dell'operazione Gattopardo, il nome dato da Parigi all'aggressione del Mali, con i caccia Mirage di base in Ciad. Sul terreno ci sarebbero solo poco più di 700 soldati, che diventeranno almeno 2.500 e saranno appoggiati dai carri armati provenienti dalla vicina Costa d'Avorio, dove è presente un contingente francese impegnato nella "missione di pace" Liocorno.
I soldati francesi resteranno nel Paese fino a quando "sarà necessario", affermava Hollande, precisando che agivano nel rispetto della risoluzione dell'Onu del 20 dicembre scorso, quella risoluzione che dava il via libera alla formazione di una forza africana di oltre 3 mila uomini per aiutare il Mali a far fronte ai ribelli del nord e che incaricava l'Unione europea dare il via entro febbraio a una missione di addestramento delle forze governative maliane.
In forza di tale risoluzione, il 10 gennaio, il presidente del Benin Thomas Boni Yayi, presidente di turno dell'Unione africana, sollecitava l'invio di truppe della Nato a sostegno della missione militare inter-africana che era in corso di preparazione da parte dell'Ecowas, la Comunità economica degli stati dell'Africa occidentale. Un'azione che avrebbe messo in secondo piano l'imperialismo francese. Lo stesso giorno, con una combinazione per niente casuale, il presidente supplettivo del Mali, Dioncounda Traoré ex presidente spodestato dal golpe militare del marzo scorso, spediva due lettere, una diretta al segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, l'altra a Hollande per chiedere "l'aiuto militare della Francia". Subito concesso, con una forzatura sul mandato Onu da parte di Parigi che non scuoteva nessuno al Palazzo di vetro tanto che il Consiglio di sicurezza, riunito d'emergenza su richiesta francese sempre il 10 gennaio, affermava che "è urgente agire, il degrado della situazione costituisce una minaccia reale, diretta e immediata alla pace e alla sicurezza regionale e internazionale".
"All'Onu sono tutti d'accordo per l'attacco francese in Mali'', un "intervento inevitabile" affermava Romano Prodi, rappresentante speciale del segretario generale dell'Onu per il Sahel. "Persino io, che ero considerato tra i più estremisti nel cercare a tutti i costi la pace, non mi sono sorpreso: non si poteva lasciare che la zona diventasse un presidio dei terroristi. Non ho mai trovato tanta unità nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu come in questi giorni", ha confessato Prodi dimostrando una volta di più di essere pacifista a parole, bellicista nei fatti.
Alla formazione Europa Ecologia-Verdi, alleati di governo a Parigi dei socialisti che avevano "preso atto", quindi avallato, la decisione di Hollande e esprimevano critiche solo sul fatto che non fosse stato un dibattito preventivo in parlamento rispondevano il primo ministro Jean-Marc Ayrault, che metteva in programma la discussione parlamentare a giochi fatti (com'era avvenuto con D'Alema nell'aggressione alla Federazione jugoslava nel 1999), e il responsabile degli Esteri, Laurent Fabius, che avanzava l'inoppugnabile tesi della ragion di stato e della necessità dell'effetto sorpresa per le operazioni militari.
L'ingerenza armata degli imperialisti negli affari interni dei paesi sovrani e indipendenti è ormai una norma, e le guerre si fanno quando servono, senza "perdere tempo" in formalità, senza nemmeno dichiararle.
L'urgenza dell'imperialismo francese di intervenire nella ex colonia è dettata anche dal fatto che in Mali da tempo soffre la concorrenza dell'imperialismo americano che vi ha impiantato una sede ufficiosa di Africom, il comando militare unificato per l'Africa costituito nel 2007 da Bush e consolidato da Obama sempre in nome della "guerra contro il terrorismo islamico internazionale". Comando che non può essere del tutto estraneo alle vicende del paese e in particolare ai due golpe del capitano Sanogo, del marzo 2012 contro il presidente Traoré e di un secondo colpo in dicembre per destituire il governo in carica. In occasione del primo golpe alcuni gruppi armati prendevano il controllo del Nord del paese. La prima iniziativa era dei ribelli tuareg dell'Mnla (Movimento nazionale di liberazione dell'Azawad) che liberavano Timbuctu ma ne erano in seguito cacciati da gruppi islamici.
Una serie di avvenimenti che fanno del Mali un paese diviso tra la parte nord, meno popolosa ma che comprende i due terzi del paese, e il sud dove si trova la capitale Bamako e dove coesistono una giunta militare, un governo civile provvisorio e un presidente supplente. La sovranità del Mali è surrogata dalla Francia in nome del suo ruolo di ex potenza coloniale, un diritto-dovere inaccettabile di carattere imperialista. Che nel momento in cui i militanti islamici hanno iniziato a spingersi verso il sud del paese e preso il controllo della città di Kona ha bruciato i tempi e dato il via all'aggressione.

16 gennaio 2013