Sulla spinta di Obama che si ingerisce nella politica economica dei paesi europei
Frenetico lavorio dei governanti borghesi per tirar fuori l'Ue dalla crisi finanziaria
Tutto per le banche e il mercato niente per i popoli

Le scadenze del 17 maggio, il ballottaggio alle politiche in Francia e soprattutto le elezioni politiche in Grecia, sembravano due appuntamenti decisivi per il futuro dell'Unione europea (Ue) e per la sue uscita dalla crisi. Un Hollande che non avesse conquistato la maggioranza in parlamento sarebbe stato "azzoppato" nel suo impegno per promuovere misure per lo sviluppo economico dell'Europa che sembrano quelle necessarie per uscire dalla condizione critica; una Grecia non governata da un esecutivo che non avesse mantenuto appieno le promesse di torchiatura del popolo greco accettate dai precedenti avrebbe potuto provocare l'uscita del paese dall'euro e dato il via all'effetto domino sulle situazioni già critiche di Spagna e Italia e forse anche della Francia. Il 17 giugno è passato, Hollande ha vinto, a Atene tornerà un governo di coalizione guidato dalla destra ma a quanto sembra niente va per il meglio. Il risultato di Atene è ottimo ha affermato il primo ministro italiano Mario Monti ma non basta. Ce ne eravamo accorti con il passaggio del testimone del punto centrale della crisi alla Spagna causa della crisi delle sue banche. Eppure era di pochi giorni prima l'annuncio di un nuovo massiccio prestito a Madrid, 100 miliardi di euro, proprio per tappare le falle del suo sistema bancario. Risolto apparentemente un problema, ne appare un altro a riprova che la crisi finanziaria altro non è che una componente dell'attuale crisi economica, una crisi definita sistemica, è una crisi ciclica di sovrapproduzione del capitalismo.
I governanti borghesi sono impegnati in un frenetico lavorio per tirar fuori l'Ue dalla crisi finanziaria, sotto una spinta sempre più prepotente dell'imperialismo americano, con Obama che si ingerisce intollerabilmente nella politica economica dei paesi europei preoccupato dei contraccolpi della crisi sull'altra sponda dell'Atlantico, contraccolpi pericolosi per l'economa americana e per le difficoltà che potrebbero procurare alla sua campagna elettorale per le presidenziali di novembre.
Barack Obama ha innescato una serie di fittissimi contatti con i leader europei cui chiede un "piano immediato" per arginare la crisi finanziaria e che avrebbe voluto vedere già in occasione del summit del G20 in Messico. Non ha avuto soddisfazione, piuttosto commenti irritati del tipo non prendiamo lezioni da nessuno tanto meno dal paese da dove è partita la crisi finanziaria del 2008.
Certo la situazione è difficile. Un esperto come il finanziere George Soros ha sentenziato che "le autorità europee hanno un margine di tre mesi per correggere i propri errori e invertire l'attuale inerzia" per salvare l'euro. Di rincalzo la francese Christine Lagarde, la direttrice generale del Fondo monetario internazionale (Fmi), ha ribattuto che il salvataggio della moneta unica deve avvenire "in meno di tre mesi" e ha invitato i governi europei a non perdere tempo.
Il vice della Lagarede al Fmi ha affermato che i fondi per la ricapitalizzazione delle banche spagnole sono "un importante passo ed eliminano dubbi e incertezze", ma "più generalmente l'Europa" ha bisogno di altri passi, visto che "molti Paesi dovrebbero perseguire il consolidamento fiscale". Aiuti alle banche, coi soldi dei contribuenti coma ha fatto Obama, pacchetto fiscale per sigillare i conti dei bilanci pubblici.
Basteranno? Al momento ne serviranno altri per Cipro. L'isola è a rischio default, da un anno non riesce a finanziarsi sul mercato e ora si appresta a mettersi in coda a Irlanda, Portogallo, Grecia e Spagna per diventare la quinta nazione dell'Eurozona a chiedere gli aiuti. Pochi per ora, sui 3 miliardi di euro.
Le attenzioni sono rivolte al Consiglio europeo del 28 e 29 giugno a Bruxelles, quello delle decisioni. La Commissione sta preparando il terreno per un varo più veloce dell'Unione bancaria, ovvero per la creazione di un organo europeo di controllo sulle banche. La Banca centrale europea (Bce) di Mario Draghi ha già promesso nuovi prestiti illimitati alle banche dell'eurozona, dopo i 1.000 miliardi di euro già erogati. La Casa Bianca tifa per le proposte di Hollande per il rilancio dell'economia Ue tramite alcuni "grandi cantieri", dal digitale alle fonti energetiche rinnovabili. In parte finanziati da 4,5 miliardi di euro ricavati dai "project bonds", i buoni del tesoro emessi in base a progetti definiti.
In altre parole, una serie di provvedimenti a vantaggio delle banche, dei capitalisti e del mercato, niente per i popoli. Anzi per loro c'è il conto da pagare, ossia saranno costretti a stringere ulteriormente la cinghia e vedranno tagliati ulteriormente e ridotti a zero servizi sociali, diritti e conquiste sindacali.

20 giugno 2012