Dopo 64 anni dall'omicidio ordinato dalla mafia
I funerali di Stato per Placido Rizzotto non bastano
Passerella delle istituzioni borghesi in camicia nera. Il socialista Rizzotto oltraggiato dai funerali in chiesa. Le masse popolari di Corleone salutano il sindacalista ed ex partigiano con un lungo corteo che canta "Bella Ciao"
Vogliamo la verità sulle stragi mafiose

Dal nostro corrispondente della Sicilia
Si sono svolti a Corleone, in provincia di Palermo, il 24 maggio scorso, i funerali di Stato per Placido Rizzotto, il sindacalista della Cgil, ex-partigiano e socialista, leader del movimento di occupazione delle terre, ucciso il 10 marzo 1948. Il corpo di Rizzotto venne gettato nella foiba di Rocca Busambra, nelle campagne di Corleone, dove nel 2009 i resti sono stati ritrovati. In occasione del ritrovamento la procura di Termini Imerese (Palermo), ha aperto un nuovo fascicolo sulla scomparsa e sull'assassinio del sindacalista, disponendo l'analisi dei resti che, comparati con il dna di un familiare, risultano proprio di Placido.
Rizzotto era nato a Corleone nel 1914. Dopo l'8 settembre 1943 si era unito ai partigiani delle Brigate Garibaldi. Tornato in Sicilia, era divenuto presidente dei combattenti dell'Anpi di Palermo, Segretario della Camera del Lavoro di Corleone e membro del Partito Socialista Italiano.
Era quello il periodo delle occupazioni delle terre, quando i braccianti agricoli e contadini poveri diedero filo da torcere ai padroni terrieri. Un periodo di scontri durissimi nella Sicilia tra latifondisti e mafia, appoggiati dall'estrema destra dei reduci della X mas alle dirette dipendenze di Junio Valerio Borghese, presente sull'isola, e il movimento contadino, appoggiato da socialisti e comunisti.
Vengono uccisi Nicolò Azoti, Segretario della Camera del Lavoro di Baucina, in provincia di Palermo, assassinato il 21 dicembre 1946; Accursio Miraglia, dirigente della Camera del Lavoro di Sciacca, in provincia di Agrigento, assassinato il 4 gennaio 1947. È il periodo in cui viene organizzata ed eseguita durante la manifestazione del 1° Maggio del 1947 la barbara strage di Portella delle Ginestre, vicino Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo. Poco dopo, il 22 giugno del 1947, nell'assalto alla Camera del Lavoro di Partinico in provincia di Palermo venivano uccisi i sindacalisti Giuseppe Casarrubea, padre dell'omonimo storico, e Vincenzo Lo Iacono. L'elenco potrebbe continuare a lungo.
Lo scontro tra il movimento per l'occupazione delle terre e i mafiosi era particolarmente forte a Corleone, già centro propulsore dei fasci socialisti del 1892-1894 e paese di forti tensioni tra borghesia mafiosa e braccianti. Nel 1915 vi era stato assassinato il sindacalista leader dei fasci socialisti Bernardino Verro, anche lui corleonese. Un paese che, bisogna ricordarlo, ancora oggi conserva intatta questa forte carica antimafiosa, nonostante e in conseguenza della ferocia e dell'avidità della locale borghesia mafiosa, cui appartengono Bernardo Provenzano, Salvatore Riina, i fratelli Calogero e Leoluca Bagarella, l'ex-sindaco di Palermo Vito Ciancimino.

Le responsabilità del delitto
Un colpevole dell'assassinio di Rizzotto per lo Stato italiano non esiste, ma la storia dice che il sindacalista fu ucciso per mano di Luciano Liggio e su ordine dell'allora boss di Corleone Michele Navarra, che sarebbe diventato poco dopo uno dei più sanguinari boss mafiosi della Sicilia Nord-Occidentale.
La memoria popolare antimafiosa di Corleone riporta di un violento scontro tra ex-partigiani, confluiti nel movimento di occupazione delle terre, e picciotti di Michele Navarra proprio nel centro di Corleone. Nello scontro Rizzotto umiliò pubblicamente il futuro boss Luciano Liggio, bastonandolo e appendendolo all'inferriata della villa comunale.
Poco tempo dopo Rizzotto venne rapito, mentre andava a trovare alcuni compagni di partito, e ucciso probabilmente con tre colpi di pistola da Liggio. Una vittima ormai dimenticata di questa storia è un piccolo lavoratore, un pastore di soli 12 anni, Giuseppe Letizia, che assistette all'omicidio di Placido. Il giorno dopo morì anche lui improvvisamente all'ospedale Dei Bianchi a seguito di un'iniezione somministratagli dal boss Navarra, medico e direttore del nosocomio. Non ci sono state indagini sulla morte del 12enne, ma la memoria popolare antimafiosa di Corleone sostiene che fu soppresso col veleno, come un animale, in quanto testimone scomodo.
Dopo 64 anni di omertà e disimpegno, il 16 marzo 2012 lo Stato borghese ricompare in una finta veste antimafiosa e il Consiglio dei ministri, decide solerte i funerali di Stato per Placido Rizzotto. Proprio il Consiglio dei ministri che con i suoi provvedimenti finisce col rafforzare la mafia, tenta di appropriarsi della memoria di un antimafioso conseguente.

Una cerimonia inaccettabile
Non solo, Rizzotto ha dovuto anche subire il funerale cattolico, durante il quale l'arcivescovo di Monreale, Salvatore di Cristina, che officiava la messa, non solo ha storpiato il cognome di Rizzotto chiamandolo "Rizzutto", per giunta non ha neanche una volta citato il fatto che Placido è stato assassinato dalla mafia. La parola mafia non è risuonata una sola volta nella Chiesa madre di Corleone. Forse per non turbare la "memoria condivisa" a cui si era al solito appellato il rinnegato Napolitano?
È stata lui la star di una cerimonia trasformata in passerella, con un codazzo di ministri, da Anna Maria Cancellieri a Giampaolo Di Paola, parlamentari e politicanti borghesi, da Walter Veltroni a Rosy Bindi a Leoluca Orlando, ha deposto una corona di fiori davanti al busto di Rizzotto, nella piazza antistante la chiesa di San Martino e visto che c'era non si è fatto mancare la gita "antimafiosa" a Portella delle Ginestre per depositare una corona al Sasso di Barbato.
Questa ignobile sceneggiata è il risultato più evidente della linea della "memoria condivisa" cui, secondo Napolitano apparterrebbe anche Placido Rizzotto.
In realtà Rizzotto non è patrimonio di una memoria italiana universale, che peraltro esiste solo nelle affermazioni di Napolitano. La vicenda di Rizzotto appartiene solo al movimento di lotta alla mafia, al quale le istituzioni borghesi italiane sono state e sono ampiamente estranee e per molti aspetti, soprattutto quelli politico ed economico, opposte.
Anche il Segretario della Cgil, Susanna Camusso, presente a Corleone insieme al suo predecessore Guglielmo Epifani, non ha brillato per incisività di analisi a parte la richiesta di riaprire i processi per molti lavoratori uccisi dalla mafia. Durante l'orazione funebre, la Camusso ha ribadito che "bisogna individuare mandanti ed esecutori, ma anche per accertare l'evoluzione dei fatti che hanno portato la mafia corleonese... a condizionare la storia recente di questo Paese". Non ha avuto tuttavia il coraggio di chiamare in causa gli assassini di Rizzotto, che la storia ha inchiodato alle loro responsabilità, anche se non ancora i tribunali, e non ha avuto il coraggio di citare i legami nelle istituzioni borghesi grazie ai quali la mafia corleonese ha condizionato la storia recente d'Italia. In una vicenda in cui i mandanti e gli esecutori sono ormai tutti morti doveva essere proprio l'attualità delle connessioni tra mafia e istituzioni borghesi il punto centrale dell'accusa.
Al di fuori della cornice dei funerali di Stato e dell'inaccettabile cerimonia, le esequie di Rizzotto hanno avuto un prologo commovente, quando nella sede della Camera del Lavoro di Corleone è stata allestita una camera ardente. Qui i braccianti agricoli, i giovani, i sindacalisti e gli antimafiosi hanno potuto rendere omaggio a Rizzotto. La mattina dei funerali, inoltre, un lunghissimo corteo ha seguito il feretro, facendogli ala per le vie principali del paese. Erano presenti le masse popolari di Corleone, gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado, esponenti della Cgil di Cosenza, Reggio Calabria, l'Anpi nazionale e diverse sue sezioni locali da ogni parte d'Italia, tra cui quella di Palermo, l'Arci nazionale. Il corteo per quasi tutto il percorso ha cantato "Bella Ciao", in onore del passato partigiano di Rizzotto: la memoria degli antimafiosi appartiene alle masse popolari.
I funerali di Stato per Placido Rizzotto sono tardivi e insufficienti. Per onorare veramente la sua memoria occorre la verità sulle stragi mafiose e sugli intrecci e le complicità tra mafia e Stato.
 
4 luglio 2012