Documento dell'Ufficio politico del PMLI
FUOCO SUL GOVERNO DEL RINNEGATO D'ALEMA, DI GLADIO E DELLA CONTRORIFORMA NEOFASCISTA, PRESIDENZIALISTA E FEDERALISTA

ABBANDONARE LE ILLUSIONI PARLAMENTARI E GOVERNATIVE LOTTARE PER IL SOCIALISMO

In nome degli interessi immediati e a lungo termine della classe operaia e delle masse lavoratrici, dei disoccupati, dei pensionati, femminili e giovanili e in coerenza con la sua strategia della conquista del socialismo, il PMLI senza indugio si pone all'opposizione del nuovo governo della borghesia in camicia nera e con il simbolo di Gladio.

Contro di esso non ci stancheremo di far fuoco ad alzo zero con tutte le armi politiche, propagandistiche e giornalistiche che possediamo, anche se insufficienti rispetto a quelle di cui dispongono e usano la classe dominante borghese e i partiti ad essa asserviti per influenzare e turlupinare le masse. Ma confidiamo che ci arrivino nuove armi e nuove forze, a mano a mano che svilupperemo la nostra battaglia di classe antigovernativa e anticapitalista e che gli operai, i lavoratori, i pensionati, i disoccupati, i giovani più avanzati e combattivi prenderanno coscienza che solo la lotta di classe, la rivoluzione socialista, il Partito autenticamente proletario, marxista-leninista e rivoluzionario e l'unità rivoluzionaria degli sfruttati e degli oppressi possono risolvere i problemi delle masse, abbattere il capitalismo e realizzare il socialismo.

Non ci può essere intesa e collaborazione col governo di destra del rinnegato D'Alema.

Questo non è il governo di un ``ex comunista'', né di un ``post-comunista''. D'Alema comunista lo è stato solo formalmente. In realtà egli ha sempre picconato il comunismo in Italia e nel mondo fin da quando nel '75 divenne un dirigente revisionista. Solo che ieri lo picconava al riparo della bandiera rossa, oggi, da rinnegato, continua a picconarlo sotto il simbolo di Gladio.

Il regime capitalista premia in D'Alema il traditore della causa del socialismo in Italia, il fedele servitore degli interessi economici, politici, istituzionali e sociali della classe dominante borghese in camicia nera.

Ecco perché è appoggiato dai più potenti circoli economici, industriali e finanziari del capitalismo italiano: da Bankitalia e dal suo governatore Fazio, dalla Confindustria e in prima persona dal suo segretario Fossa e dal presidente della Pirelli Tronchetti Provera, dal capofila del capitalismo italiano Giovanni Agnelli, dall'ex presidente della Fiat e oggi presidente della Rizzoli-Corriere della Sera Cesare Romiti, e finanche da Mediobanca di Cuccia.

Ecco perché il papa, dopo una brevissima incertezza delle istituzioni vaticane, ha voluto benedire il nuovo governo e incoraggiare personalmente D'Alema, in un atto non dovuto, a ``continuare nel suo lavoro''.

Ecco perché il nuovo premier ha ottenuto fin da subito il lasciapassare dell'imperialismo americano ed europeo e le congratulazioni personali di Clinton e di Kohl.

Anche la massoneria, nella sua corrente maggioritaria, quella di Palazzo Giustiniani, attraverso il suo presidente Virgilio Gaito, ha espresso favore verso il nuovo governo.

Nei fatti il governo D'Alema non è né un governo di ``centro-sinistra'', né di ``centro'', né semplicemente ``moderato'', ma un governo palesemente di destra, anche se è coperto a sinistra, dall'interno, dal PdCI del calabrache revisionista e trotzkista Cossutta e, dall'esterno, dal PRC del cacasotto neorevisionista e trotzkista Bertinotti. è di destra anche se per coprirsi rispetto alle masse disoccupate e del Sud ha imbarcato un altro rinnegato doc come l'ex operaista oggi beniamino dei padroni Antonio Bassolino.

Che è un governo di destra lo dimostra l'aggressione poliziesca contro gli antirazzisti a Trieste.

La stessa composizione di questo governo garantisce l'egemonia alla destra, agli anticomunisti storici, agli esponenti del grande capitale e dell'alta finanza, alle lobby massoniche. Basti pensare a Ciampi, Dini, Amato e Scognamiglio, i primi due in odore di massoneria e gli altri esponenti dell'Aspen Institute. Ben 11 ministri e 17 sottosegretari hanno un'origine democristiana. Il ministero degli Interni torna, dopo una parentesi di quattro anni, in mano a una ex-Dc. Tre ministri e 9 sottosegretari sono stati eletti nelle liste del Polo prima di approdare all'Udr di Cossiga. Fra questi un mussoliniano convinto, Valentino Martelli, sottosegretario agli Esteri, eletto nel '96 senatore nelle file di AN. Il ministro Scognamiglio è stato addirittura presidente del Senato per il Polo.

Dini e Li Calzi, sono stati rispettivamente ministro e sottosegretario del governo Berlusconi. Altri ancora, come il ministro Salvatore Cardinale e il sottosegretario Nuccio Cusumano, possono vantare loschi rapporti con tangentisti e mafiosi del rango di Calogero Mannino. C'è il nipote di Andreotti, Luca Danese, e quello del polista Letta, Enrico. Il guardasigilli Oliviero Diliberto (PdCI) è un amico del massone Niki Grauso e del mafioso Dell'Utri.

La tanto sbandierata presenza di sei donne nella compagine governativa non è affatto una conquista per le masse femminili né tantomeno una garanzia di democraticità dell'attuale governo, perché si tratta di politicanti borghesi che hanno sposato il regime capitalista e hanno da sempre combattuto, o rinnegato da tempo, la battaglia per l'emancipazione della donna.

Col governo D'Alema abbiamo una prova in più che i governi non vanno giudicati per come si autodefiniscono, ma per la loro strategia, politica, programma, realizzazioni e composizione, e per le forze economiche, politiche e sociali che li sostengono. Su questa base, non dovrebbe essere difficile vedere che il governo D'Alema ha spostato più a destra e non più a sinistra l'asse dell'ex governo Prodi.

Non ci può essere intesa e collaborazione con il governo di Gladio.

Il governo D'Alema nasce grazie al patto con il capo dei gladiatori Cossiga. L'anticomunista storico, l'uomo dagli antichi legami con la destra economica, finanziaria e politica, coi servizi segreti e le alte gerarchie militari italiane e americane, coi golpisti, la massoneria e la P2 di Licio Gelli; il crocevia dei più oscuri ``misteri della Repubblica'' dal ``piano Solo'' al caso Moro, alla strage di Ustica; lo spietato picconatore della prima Repubblica, colui che ieri il PDS, oggi DS, di D'Alema, accusava di ``eversione'' e di ``golpismo''.

Dopo un purgatorio di 50 anni, i rinnegati del comunismo ricevono il premio per il loro tradimento proprio dalle mani di chi più di tutti li ha combattuti e tenuti nel ghetto, e che era pronto con l'organizzazione fascista clandestina Gladio a scatenare una guerra civile al soldo degli Usa e della Nato pur di impedire la salita al potere, anche per via elettorale, di quello che allora appariva essere un partito comunista.

I due picconatori D'Alema e Cossiga vantano che il loro governo realizza compiutamente il disegno politico di Moro. Eppure può apparire paradossale ma a realizzare quel disegno sono oggi quelle stesse forze presidenzialiste e golpiste che vent'anni fa lo impedirono allo statista democristiano. Qualcosa del genere era avvenuto anche col PSI, il cui inserimento governativo fu violentemente osteggiato da quelle stesse forze che in seguito sostennero l'ascesa di Craxi e la sua investitura a principale interprete della loro strategia neofascista e presidenzialista.

Cambiato lo scenario internazionale e comprovate l'affidabilità borghese e la conversione presidenzialista del gruppo dirigente dell'ex PCI, proprio coloro che hanno voluto ieri la morte di Moro hanno messo oggi in pista D'Alema.

Non ci può essere intesa e collaborazione con il governo della controriforma neofascista, presidenzialista e federalista. D'Alema ha definito il suo come il ``governo delle riforme'' e in particolare di quella elettorale al fine di rafforzare il bipolarismo, l'alternanza e la stabilità dei governi borghesi. In realtà queste sono delle controriforme costituzionali ed elettorali. Per garantirne la realizzazione è stato persino riesumato il ministero delle ``riforme istituzionali'' affidandone la gestione al presidenzialista Giuliano Amato, l'architetto della ``Grande Riforma'' craxiana ricalcata sul disegno di seconda repubblica neofascista e presidenzialista tracciato nei famigerati ``piano di rinascita democratica'' e ``Schema R'' di Gelli e della P2.

D'Alema si è impegnato come premier a realizzare ciò che ha fallito come presidente della Bicamerale golpista, ``condurre la transizione delle istituzioni verso un approdo certo, stabile e condiviso'', ossia il completamento costituzionale e legale della seconda repubblica neofascista, presidenzialista e federalista puntando apertamente al dialogo, alla collaborazione e all'alleanza con le forze del Polo e persino con la Lega secessionista, neofascista e razzista di Bossi che sta tentando sciaguratamente di rimettere in gioco.

Non ci può essere intesa e collaborazione col governo della finanziaria non centrata sullo sviluppo del Mezzogiorno e sull'occupazione, basata sullo ``Stato sociale'' dei poveri e sul familismo e che esclude i diritti economici e sociali universali.

Il governo D'Alema si è impegnato a far sua ``integralmente'' e a portare in porto la finanziaria messa a punto dal governo Prodi. Una manovra che noi marxisti-leninisti abbiamo già avuto modo di smascherare e denunciare per la sua ispirazione politica di fondo neofascista, neoliberista e antipopolare perché non crea vera occupazione e sviluppo per il Mezzogiorno, ma nuovi regali alle imprese, precarietà e supersfruttamento, e perché sancisce di fatto la liquidazione definitiva dei diritti economici e sociali delle masse, intesi come valori universali e non come elemosine per i più poveri e indigenti.

A questo proposito torniamo qui a rivendicare pieno impiego e industrializzazione al Sud e assunzione degli Lsu nella pubblica amministrazione, abolizione di tutti i ticket sanitari, dell'Ici e dell'Irpef sulla prima casa, un milione di lire al mese non tassabile e rivalutabile per le pensioni sociali e minime, scuola e università gratuite.

D'Alema ha già posto i presupposti per imprimere un'accelerazione allo smantellamento radicale del cosiddetto ``Stato sociale'' attraverso la promozione di un ``mercato sociale'' e la privatizzazione dei servizi pubblici, ivi comprese le municipalizzate. Le pensioni e la sanità tornano di nuovo nell'occhio del ciclone. Facendo proprio il principio liberista e cattolico della ``sussidiarietà'' D'Alema ha eletto quanto e più del precedente governo a protagonisti assoluti della politica sociale da una parte il mercato e dall'altro il volontariato, il ``non profit'' e la famiglia sui quali intende scaricare interamente il peso dei servizi sociali e assistenziali e il ruolo di ammortizzatori dei conflitti sociali.

In questo quadro gravissimo è l'impegno, invocato a gran voce dal Papa e dal Vaticano, a realizzare un sistema integrato tra scuola pubblica e scuola non statale riconoscendo a quest'ultima una funzione pubblica. Tale soluzione è una scelta che va ben oltre il finanziamento pubblico alla scuola privata perché equipara, fino a renderle indistinte, le scuole private alle scuole pubbliche, delegando alla Chiesa e al capitale un ruolo primario nella formazione pari a quello dello Stato.

Non ci può essere intesa e collaborazione col governo del neoliberismo e del ``patto sociale''. Col governo D'Alema non ci sarà meno mercato, ma più mercato. Lui stesso ha confermato che intende lavorare a una ``vera liberalizzazione dell'economia e del mercato''. Via libera al completamento delle privatizzazioni già in atto o latenti fra le quali potrebbe esserci la Rai.

Mentre sulle 35 ore il governo D'Alema continua la manfrina e le rimanda alle aule parlamentari, si è impegnato a ridurre ulteriormente il ``costo del lavoro'' e a introdurre nuove ``flessibilità'', ossia condizioni di maggior sfruttamento per i lavoratori. Obiettivi che il governo intende raggiungere attraverso la politica di ``concertazione'' fra le forze sociali nel quadro di un nuovo ``patto sociale'' che restaura di fatto il corporativismo mussoliniano funzionale al cambiamento della ``Costituzione economica'' in senso liberista e neofascista con il consenso degli stessi lavoratori e delle masse.

Non ci può essere intesa e collaborazione col governo delle alleanze imperialistiche atlantiche ed europee e della politica estera neocolonialista e interventista.

In politica estera D'Alema ha riconfermato senza mezzi termini le alleanze imperialiste dell'Italia con gli Usa, la Nato, l'Onu e la Ueo e il rispetto degli impegni politici e militari che queste comportano conquistandosi subito le simpatie di Clinton che si è detto ``ansioso di lavorare con lui''. Da parte sua D'Alema si è augurato che ``la lunga amicizia tra gli Stati Uniti e l'Italia, la loro consolidata solidarietà in tanti ambiti, dall'Alleanza atlantica al G8 e al partenariato euro-atlantico, sapranno riaffermare sempre più il loro valore positivo sulla scena internazionale''.

Al suo esordio come premier al vertice europeo di Pörtschach, D'Alema ha tenuto a sottolineare la sua fedeltà all'Euro e alla Banca centrale europea. ``Non vorrei apparire più monetarista di qualcuno - ha detto - se dico che la credibilità della Banca non va demolita''. ``La stabilità e la credibilità dell'Euro è un patrimonio che non deve essere distrutto, è una condizione essenziale per lo sviluppo stesso''.

Nel suo discorso alla Camera, D'Alema ha rivendicato all'Italia ``la maturità di una grande nazione avanzata'' e la ``piena legittimità a svolgere un ruolo globale sulla scena internazionale''.

In sostanza, D'Alema vuol dare all'imperialismo italiano un posto di rilievo e di punta nell'Unione Europea e nel mondo intero ed è pronto a sostenere il suo diritto a competere con gli altri paesi imperialisti al controllo e alla spartizione dei mercati e del mondo. Esattamente quello che volevano e hanno praticato i governi Craxi.

Non ci può essere ``opposizione costruttiva'' - posizione assunta opportunisticamente dal PRC - con un governo che si presenta con simili caratteri neofascisti, neoliberisti, antipopolari e imperialisti senza di fatto coprire così la sua natura, le sue misure e la sua pratica di destra e rendersi corresponsabili del criminale disarmo ideologico e politico del proletariato e delle masse.

Il PMLI che sempre si è opposto con tutte le proprie forze ai governi borghesi - da quelli democristiani, a quelli Craxi, ai successivi fino a Berlusconi, a Dini e a Prodi - indica chiaramente e con forza che oggi il nemico principale del proletariato e delle masse lavoratrici, popolari e giovanili è il governo del rinnegato D'Alema e di Gladio e contro di esso farà fuoco e fiamme.

L'esperienza del governo anticomunista del democristiano Prodi e quella dell'attuale governo dimostrano ancora una volta, e come non mai, che anche quando al potere c'è la ``sinistra'' del capitalismo e della borghesia, non cambia nulla per quel che riguarda il potere politico, il sistema economico e le condizioni delle masse. Dimostrano che se si vuole condurre una seria e conseguente lotta contro il capitalismo, difendere i propri interessi immediati e conquistare il socialismo occorre abbandonare ogni illusione parlamentare e governativa, liberarsi dall'elettoralismo, dal riformismo, dal revisionismo, dal neorevisionismo e dal pacifismo e dal controllo dei partiti neorevisionisti, trotzkisti e riformisti.

Il socialismo è l'unica vera alternativa al capitalismo. Ogni altra proposta, come la cosiddetta ``alternativa'' predicata dalle varie correnti trotzkiste, è solo un inganno, ed è funzionale al capitalismo. La conquista del potere politico da parte del proletariato è la madre di tutte le questioni.

Tenendo fermo questo obiettivo, il PMLI farà incessantemente fuoco sul governo del rinnegato D'Alema, di Gladio e della controriforma neofascista, presidenzialista e federalista.

Coi maestri vinceremo!

L'Ufficio politico del PMLI

Firenze, 27 ottobre 1998