Intervenendo in Commissione alla Camera
Gelmini usa Gramsci per sostenere la trilogia reazionaria "meritocrazia, autonomia, valutazione"
La nuova ministra dell'Istruzione delinea la politica della scuola della terza repubblica e elogia il "buon lavoro di chi mi ha preceduto"
Meritocrazia, autonomia e valutazione: sono i tre assi portanti che caratterizzeranno la nera politica scolastica del IV governo del neoduce Berlusconi.
La trilogia reazionaria, condivisa appieno da Napolitano e benedetta dal papa nero Ratzinger in nome della cosiddetta "comune emergenza educativa", è stata delineata dalla neoministra dell'Istruzione Università e Ricerca, Mariastella Gelmini, durante il suo intervento del 10 giugno scorso davanti alla VII Commissione Cultura Scienza e Istruzione della Camera.

Le linee guida
Le linee programmatiche che la ministra intende attuare durante il suo dicastero segnano il definitivo affossamento della scuola pubblica, completano il nero disegno intrapreso dalla Moratti e sviluppato avanti da Fioroni che è pienamente condiviso dalla "sinistra" del regime neofascista fin dai tempi di Berlinguer e De Mauro, e puntano dritto alla instaurazione della scuola della terza repubblica capitalista, neofascista, federalista, classista, aziendalista, meritocratica e clericale.
Non a caso la Gelmini, prima di riferire in Commissione, si è voluta assicurare anche il pieno sostegno del Quirinale e del Vaticano con un "colloquio, molto cordiale" in cui ha "discusso ovviamente di quella che anche il Presidente Repubblica, condividendo le parole del papa, definisce 'comune emergenza educativa'".
Ed è proprio in virtù di questa "grande alleanza per la scuola" invocata dalla Gelmini in nome del nuovo clima di "collaborazione e dialogo" instaurato con l' "opposizione" sul fronte delle controriforme, che la ministra nel corso del suo intervento ha più volte elogiato il "lavoro di chi mi ha preceduto" e, nell'auspicare "uno scatto d'orgoglio nazionale", ha invitato tutti a "lasciare lo scontro politico fuori dalla scuola" perché: "Credo che sia giunta l'ora del buonsenso, del pragmatismo e delle soluzioni condivise... per il miglioramento della più grande infrastruttura del Paese". Ossia di una scuola azienda, impostata sulla "personalizzazione dell'istruzione" e la mercificazione dei saperi, funzionale alla classe dominante borghese e perciò in grado di garantire solo ai "capaci e meritevoli" (ossia ai ricchi che sono in grado di pagare i costosi servizi e "insegnamenti aggiuntivi a richiesta individuale") la possibilità di attrezzarsi adeguatamente per raggiungere i livelli più alti dell'istruzione da cui invece saranno esclusi i figli degli operai e delle masse popolari.
Per anni ha sottolineato la ministra: "abbiamo imbullonato e sbullonato leggi e decreti, badando più al colore politico che alla sostanza dei problemi". Ora basta con le "leggi di sistema"; si andrà avanti solo a colpi di decreti legge come prevede la legge delega n.53 del 2003 della Moratti e verranno avanzate "modifiche legislative solo dove è strettamente necessario. Soprattutto cercherò di preservare e di mettere a sistema quanto di buono fatto dai miei predecessori. Per questo motivo non ho avuto tentennamenti rispetto alla cosiddetta 'circolare Fioroni' sul recupero dei debiti scolastici attraverso prove supplementari... Ho provveduto certo a modificare aspetti che mi sembravano troppo dirigistici, ma non ne ho cambiato la sostanza. Questi anni hanno dimostrato che non c'è alternativa possibile e praticabile al ritorno della scuola dell'impegno e del rigore". Perciò: "In una scuola in cui - ha chiosato ancora la Gelmini - per riconoscimento unanime, seri e rigorosi criteri selettivi sono venuti scemando... occorre una presa di posizione lontana da inutili visioni ideologiche... Nostro compito è quello di offrire al Paese una scuola che ciascuno, secondo le proprie propensioni individuali, consideri strumento utile e necessario".
A sostegno di queste tesi classiste, meritocratiche e selettive, improntate sul "rigore, la disciplina e la selezione" la Gelmini invoca "una (contro) rivoluzione culturale" e cita, facendolo proprio, addirittura un passaggio tratto dai "Quaderni dal carcere" di Antonio Gramsci in cui il teorico e capostipite dei revisionisti italiani afferma che "Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio. È un processo di adattamento. È un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza". Quindi, ha spiegato la Gelmini: "La partecipazione di più larghe masse alla scuola media porta con sé la tendenza a rallentare la disciplina dello studio e a domandare facilitazioni. Occorrerà resistere alla tendenza di rendere facile ciò che non può esserlo senza essere snaturato". Tradotto in parole povere, il ragionamento della ministra mutuato dal pensiero di Gramsci, vuol dire che la scuola di massa unitaria non funziona perché a suo dire non può garantire a tutti un buon livello di preparazione; l'istruzione liceale deve perciò tornare ad essere un privilegio riservato solo ai ricchi che saranno meglio seguiti e preparati per formare la nuova classe dirigente borghese di modo da poter perpetuare il dominio del capitalismo; mentre la stragrande massa di studenti di estrazione operaia e popolare, saranno confinati nell'istruzione tecnica e professionale dove saranno addestrati a "stare sui banchi" e costretti precocemente a "imparare un mestiere" per poter rimpiazzare i loro padri operai in fabbrica e nelle officine. Inoltre, sul fronte disciplinare, ci sarà tolleranza zero e sono già previsti: "provvedimenti e norme più severe" che andranno a colpire soprattutto gli studenti più attivi e impegnati sul fronte della protesta e del movimento studentesco.

Meritocrazia e valutazione elevate a sistema
"Il merito - ha sentenziato ancora la Gelmini - è una delle più alte forme di democrazia". E deve costituire la pietra di paragone per valutare istituti, insegnanti e studenti nella scuola della terza repubblica neofascista. Perché: "Come dice Roger Abravanel (autore di un testo sull'argomento ndr) la meritocrazia è un sistema di valori che promuove l'eccellenza delle persone". È "l'equazione" che coniuga al meglio "intelligenza più impegno" e deve rappresentare il sistema in base al quale "la scuola e l'università devono premiare gli studenti migliori".
Allo stesso modo selezione, rigore e merito saranno i princìpi in base ai quali saranno valutati anche gli insegnanti e il personale Ata. Il contratto nazionale collettivo di lavoro sarà ridimensionato per far posto a "sistemi premianti per il corpo docente che prevedono al contempo una valutazione del loro lavoro". Su questa base la ministra ha detto di essere disposta a fare: "uno sforzo unanime nel far sì che gli stipendi degli insegnanti siano adeguati alla media OCSE". Del resto, ha sottolineato la Gelmini, anche su questo fronte: "Mi sembra di poter registrare una convergenza anche con l'opposizione sulla necessità di avviare, citando dal programma del Partito democratico 'una vera e propria carriera professionale degli insegnanti che valorizzi il merito e l'impegno'". In questo modo potremo anche "realizzare un nuovo salto nell'autonomia degli istituti scolastici, facendo leva sulle capacità manageriali dei loro dirigenti all'interno di organi di governo aperti al contesto sociale e territoriale sulla valutazione sistematica dei risultati". Ossia: trasformare i dirigenti scolastici in dei veri e propri manager, gerarchizzare il corpo docente e spalancare le porte degli istituti ai padroni e alla chiesa cattolica che, attraverso una loro rappresentanza negli organi di governo della scuola, potranno dettare i programmi, valutare gli insegnanti in base ai risultati raggiunti e, ai "più capaci e meritevoli" conferire un avanzamento di carriera e un aumento di stipendio con buona pace della tanto sbandierata "libertà d'insegnamento".

Autonomia e federalismo
Sono le chiavi di volta per consegnare l'istruzione tecnica e professionale nelle mani delle borghesie locali. Infatti secondo la Gelmini autonomia significa: "valorizzare la governance degli istituti, dotarla di poteri e risorse adeguate" anche da parte dei privati e pretendere dalle scuole "capacità gestionale e di programmazione degli interventi" al pari delle aziende. Capacità che deve essere giudicata con un sistema di valutazione "che certifichi in trasparenza come e con quali risultati viene speso il denaro pubblico". Perciò ha precisato ancora la Gelmini: "occorre superare una vecchia e deleteria logica centralistica, che non tiene conto delle specificità sociali e territoriali. Il nuovo ruolo delle regioni, sancito dal Titolo V della Carta costituzionale e da definire compiutamente nell'attuazione della legge n.53, così come il necessario rafforzamento dell'autonomia scolastica, devono costituire una sorta di federalismo all'insegna della sussidiarietà, che rappresenta il quadro istituzionale entro cui affrontare i problemi".

Piena parità pubblico privato
Un capitolo del programma la Gelmini lo ha dedicato proprio alla questione delle scuole private parificate con quelle statali per dire che: "Anche le scuole paritarie fanno istruzione pubblica" e che oggi grazie alla "legge 62/2000, varata da un governo di centro-sinistra otto anni fa" è garantito "un sistema pubblico di istruzione in cui convivono, in piena osservanza costituzionale, scuole che sono dello Stato e scuole paritarie istituite e gestite da privati. Tutte svolgono un servizio pubblico" e perciò "L'istruzione è pubblica sempre, anche quando è svolta dalle scuole paritarie. D'altra parte, sta crescendo in tante zone d'Italia la domanda delle famiglie di percorsi educativi con specifiche connotazioni, cui la scuola paritaria può fornire risposte adeguate". Allo studio c'è anche la concreta possibilità che sia lo Stato a pagare gli insegnanti delle private. Si tratta solo di "ragionare sulle risorse" da mettere in campo.

Classi ghetto per l'"italianizzazione" forzata
Infine la Gelmini ha rilanciato il discorso delle tre "I" (impresa, inglese, internet) tanto caro alla Moratti a cui però, secondo la ministra, ne va aggiunta una quarta: la "I" di italiano.
Si tratta di una necessità improcrastinabile perché, ha detto la ministra berlusconiana ammiccando all'odiosa campagna razzista e xenofoba contro gli immigrati: "In numerose classi il processo di apprendimento è frenato dalla necessità di non lasciare indietro, di non escludere quote sempre più alte di alunni extracomunitari, ragazzi e ragazze con competenze proprie, ma penalizzati dalla barriera linguistica. Occorre trovare soluzioni atte ad abbattere questa barriera...a partire dagli insegnanti delle classi in cui il numero di studenti stranieri è più elevato" magari costituendo delle classi ghetto per gli immigrati.
E pensare che nel 2000 la Gelmini fu sfiduciata da presidente del consiglio comunale di Desenzano per inoperosità. La sfiducia, oltre che dall'opposizione, fu votata anche dai membri del suo stesso partito. Evidentemente ne ha fatto tesoro al punto che a gennaio 2008 ha presentato un "Progetto di Legge per la promozione e l'attuazione del merito nella società, nell'economia e nella pubblica amministrazione" che ora intende pienamente attuare.

21 giugno 2008