Gheddafi va processato dal suo popolo non dal tribunale dell'Aja
No all'ingerenza degli Stati Uniti negli affari interni della Libia

Stando a quanto affermato il 28 febbraio dal portavoce del governo libico alla stampa straniera presente a Tripoli nel paese non ci sarebbero né bombardamenti né massacri di civili, ci sarebbe in corso un tentativo pilotato dalle "potenze imperialiste occidentali", che vogliono il controllo del petrolio, e dai terroristi islamici, che vogliono fare della Libia "una Somalia mediterranea o un Afghanistan" e che hanno preso il controllo delle "legittime e pacifiche proteste" in favore delle riforme per seminare il caos.
Anche la risoluzione numero 1970 contro la Libia approvata dal Consiglio di sicurezza dell'Onu, per il portavoce governativo sarebbe "inconcepibile" e basata su una campagna di disinformazione mentre la crisi si avvierebbe "rapidamente al ritorno della calma e della pace", il governo avrebbe il controllo del paese, salvo la regione della Cirenaica e di alcune sacche di resistenza in altre zone. Anche il regime di Tripoli non scherza con la disinformazione. A partire dal minimizzare gli esiti di una rivolta che è riuscita a sottrarre al controllo del regime ampie zone del paese e a far sentire la protesta fin dentro la capitale.
Certo non è da escludere che agenti delle potenze imperialiste abbiano lavorato e stiano lavorando in Libia per una soluzione pilotata della crisi, come gli è riuscito finora in Egitto, ma ciò non toglie nulla al fatto che quella contro il dittatore Gheddafi è una rivolta popolare che ha come obiettivo la fine del suo regime. Una rivolta di massa cui si sono uniti molti ufficiali e soldati dell'esercito che hanno disertato e partecipato alla difesa delle zone liberate dagli attacchi dei mercenari assoldati da Tripoli e agli attacchi verso le zone controllate dal regime. E che deve vigilare sulle manovre delle potenze imperialiste, a partire dagli Usa di Obama, che cercano di ingerirsi negli affari interni della Libia.
Il peloso interesse dell'imperialismo americano è stato ribadito dal segretario di Stato Hillary Clinton il 27 febbraio, quando ha ribadito che gli Stati Uniti sono pronti a offrire "ogni tipo di assistenza" ai libici che desiderano deporre Gheddafi.
Il 27 febbraio a Bengasi, nella Cirenaica, i comitati che gestiscono la città dopo la liberazione annunciavano la nascita di un Consiglio nazionale "con sede a Bengasi perché Tripoli non è stata liberata", con funzioni di coordinamento della rivolta e di governo delle zone liberate. Il portavoce del Consiglio ha tra l'altro dichiarato "non vogliamo un intervento militare straniero, vogliamo liberarci da soli".
Una risposta indiretta anche al ministro degli esteri italiano Franco Frattini, che ha difeso fino all'ultimo il dittatore amico di Berlusconi, e ha dichiarato che l'Italia è pronta a chiedere l'intervento in Libia dell'Oua, l'Organizzazione unitaria dei paesi africani, su mandato delle Nazioni Unite.
Il 27 febbraio è arrivata anche la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu che all'unanimità ha deciso il blocco dei beni di Gheddafi e della sua famiglia, un embargo sulle forniture di armi, e il deferimento del dittatore e altri esponenti del suo regime alla Corte Penale internazionale dell'Aja, competente per giudicare i crimini di guerra e quelli contro l'umanità.
È da ritenersi giusto l'embargo sulla fornitura di armi ma non il deferimento al tribunale dell'Aja; Gheddafi deve essere processato dal suo popolo.

2 marzo 2011