In piazza da oltre una settimana
I giovani "indignados" spagnoli in rivolta contro i politici corrotti di destra e di "sinistra"
Rivendicano lavoro, giustizia sociale, la chiusura immediata di tutte le centrali nucleari, la completa separazione fra Stato e Chiesa
"I nostri sogni nell'urna non ci entrano"

Il 15 maggio 130 mila manifestanti sono scesi in piazza a Madrid e in altre 60 città della Spagna per far sentire la loro voce di protesta dietro lo slogan "Non siamo merce nelle mani di politici e banchieri". Una parola d'ordine lanciata dalla piattaforma digitale Democracia Real Ya! (Dry) che chiamava alla mobilitazione contro i politici corrotti di destra e di "sinistra", contro il sistema politico dominato dai due principali partiti di governo e opposizione, il Psoe del primo ministro Josè Luis Rodriguez Zapatero e il Partito popolare (PP) di Mariano Rajoy, in quel momento impegnati nella campagna elettorale per le amministrative del 22 maggio; contro la precarietà, la mancanza di lavoro, contro un futuro senza prospettive legato a stipendi di fame, quando percepiti. In altre parole per non pagare il prezzo di una pesante crisi economica segnata da un tasso di disoccupazione sopra il 20% provocata dai "poteri economici e politici".
Nella capitale il corteo si chiudeva con scontri con la polizia che arrestava 18 manifestanti ma la manifestazione proseguiva con un sit-in nella centralissima Plaza del Sol, sgomberato con la forza dagli agenti la mattina successiva. I manifestanti tornavano immediatamente a occupare la piazza che da allora diventava il punto di riferimento per una rivolta che vedeva in prima fila i giovani "indignados", gli indignati soprattutto contro un sistema politico da cui non si sentono rappresentati che davano corpo al movimento chiamato 15-M, dalla data della prima manifestazione del 15 maggio.
Il presidio in piazza passava dai 20 accampati della prima notte, a migliaia di persone; il 20 maggio saranno oltre 5 mila mentre la protesta da Madrid si allargava a altre grandi città, da Barcellona a Siviglia fino a coinvolgere oltre 160 centri abitati in tutto il paese. I dimostranti restavano in piazza anche dopo il 20 maggio sfidando il divieto di manifestazioni ed atti di propaganda in coincidenza con la pausa alla vigilia delle elezioni in conseguenza del quale la Giunta elettorale di Madrid proibiva la protesta alla Puerta del Sol. I manifestanti si erano presi la piazza e non avevano intenzione di mollarla raccogliendo una crescente solidarietà da lavoratori, pensionati, immigrati.
Nella piazza erano stesi teloni a protezione dalla pioggia e dal sole, create zone di ristoro. E soprattutto zone di dibattito e discussioni per la definizione di una piattaforma di richieste che desse respiro a un movimento che non voleva durare lo spazio di un mattino.
Le motivazioni che spingevano migliaia di giovani a scendere in piazza nascono dalle conseguenze sociali della crisi economica che ha colpito un paese la cui economia è incentrata sul turismo e sul settore immobiliare. La crisi ha colpito la Spagna alla fine del 2008, solo dopo pochi mesi dalla riconferma elettorale a vantaggio del Psoe e di Zapatero; una crisi negata fino all'ultimo dal governo socialista che si è mosso in ritardo e oggi combatte per allontanare il pericolo della bancarotta e non finire nel baratro dietro Grecia, Irlanda e Portogallo. Registra intanto una disoccupazione al 21,3%, pari a 5 milioni di persone, la più alta d'Europa, che sale al 32% fra gli immigrati e attorno al 45% fra i giovani.
Giovani come gli "indignados", quasi tutti sotto i 35 anni, lavoratori precari, disoccupati, studenti che dalla piazza centrale di Madrid chiedono che siano garantiti diritti basilari quali la casa, il lavoro e la possibilità di una effettiva partecipazione politica.
"Non li votare", "Non ci rappresentano", vota in bianco o nullo, sono fra gli slogan scritti sui cartelli alla Puerta del Sol. E un "Los nuestros suenos no caben en las urnas", i nostri sogni nell'urna non ci entrano a marcare la distanza con i partiti in competizione per le amministrative del 22 maggio, i cui rappresentanti si sono tenuti alla larga dal presidio.
Dalle discussioni in piazza ha preso forma una piattaforma con i temi più importanti e le proposte per affrontarli che saranno messe ai voti in assemblea. Fra le richieste messe in elenco l'abolizione della monarchia, liste elettorali aperte, azioni contro la corruzione politica e ricandidature precluse agli indagati; riforma della legge sul finanziamento ai partiti, soppressione di incarichi e pensioni vitalizie; la riduzione delle spese militari e la proibizione all'esercito di intervenire in guerre fuori dal paese; la completa separazione fra lo Stato e la Chiesa, la fine dei finanziamenti statali alla Chiesa; una riforma fiscale a favore dei redditi più bassi, una tassa sulle speculazioni finanziarie e la nazionalizzazione delle banche salvate dal fallimento con i fondi statali; un aumento degli stanziamenti a favore dei trasporti pubblici e biglietti gratis ai disoccupati; la chiusura immediata di tutte le centrali nucleari e il finanziamento della ricerca sulle energie alternative.
Le elezioni amministrative del 22 maggio sono passate con la bruciante sconfitta del Psoe di Zapatero. Il movimento degli "indignados" ha deciso di rimanere in piazza per almeno un'altra settimana. In discussione resta il modo di continuare la protesta anche successivamente a sostegno della piattaforma.
In ogni caso la rivolta dei giovani spagnoli si aggiunge a quelle dei giovani nordafricani e conferma quanto affermato dal compagno Scuderi alla terza sessione plenaria del 5º CC del PMLI: "La nostra non è un'epoca buia, anche se ancora adesso l'imperialismo domina il mondo. Perché l'altro fattore dell'epoca in cui viviamo, la rivoluzione, è anch'esso vivo e operante, attraverso le guerre di liberazione nazionale, le rivolte popolari e le ondate di lotta di classe che si susseguono fin dentro le cittadelle dell'imperialismo".

25 maggio 2011