Spulciando le liste alle europee
Le disinvolte giravolte di Gianni Vattimo

È candidato nelle liste dell'Italia dei valori di Di Pietro nelle circoscrizioni Italia nord occidentale, Italia centrale e Italia meridionale.
Nato a Torino nel 1936, fu allievo di Luigi Payreson e si laureò in filosofia nel 1959 a Torino, conseguendo la specializzazione all'università di Heidelberg come allievo di Karl Lowith e Hans Georg Gadamer, di cui ha introdotto il pensiero in Italia. Studioso di Nietzsche e Heidegger, ha scritto molti libri tradotti in diverse lingue. Nominato professore ordinario nel 1969 all'università di Torino, negli anni '70 è stato preside della facoltà di Lettere e Filosofia. Dal 1982 è ordinario di filosofia teoretica presso la stessa università.
Negli anni '50, insieme a Furio Colombo e Umberto Eco, ha lavorato ai programmi culturali della Rai. È stato editorialista dei quotidiani La Stampa e La Repubblica e del settimanale L'Espresso, e attualmente collabora a il manifesto, l'Unità, La Stampa, L'Espresso, allo spagnolo El Pais e all'argentino Clarin. La sua fama di filosofo è legata soprattutto alla sua concezione del "pensiero debole", una critica in chiave postmoderna al "pensiero forte" delle grandi filosofie dell'otto-novecento, a cominciare dall'hegelismo e dal marxismo, a cui egli contrappone appunto il "pensiero debole" come via non violenta, "non dogmatica" e "democratica" alla tolleranza, alle libertà individuali e collettive, al pluralismo, ecc. Anche se negli ultimi anni sembra aver rivalutato il marxismo (arrivando a dichiararsi "orgogliosamente comunista"), ma sempre reinterpretato attraverso la sua personale visione del mondo. Non trovando in ciò alcuna contraddizione col suo sentirsi un cristiano, sia pure senza riconoscere l'autorità della chiesa e rivendicando anzi un intransigente laicismo.
La sua vita politica inizia dall'Azione cattolica negli anni '50 e successivamente nel Partito radicale, di cui è stato rappresentante del movimento omosessuale "Fuori". Dal 1999 al 2004 è stato iscritto al partito dei Democratici di sinistra, per il quale è stato anche eletto parlamentare europeo nel gruppo del Pse. Non ricandidato nel 2004, Vattimo è uscito da questo partito accettando la candidatura sempre a parlamentare europeo nelle liste del PdCI, senza però essere eletto. Nel 2005 un altro tentativo elettorale lo fa capeggiando una lista civica per il comune di San Giovanni in Fiore (Cosenza). Il 30 marzo scorso ha annunciato la sua candidatura nelle liste dell'Idv.
Vattimo ha dichiarato di aver accettato l'offerta di Di Pietro dopo che aveva già deciso di votare per il suo partito alle elezioni europee, in quanto esso "è il solo partito di vera opposizione in Italia". Alla domanda di un intervistatore che gli faceva presente che Di Pietro è di destra, il filosofo torinese ha risposto così: "Ma sa, la destra fascista non esiste più; magari esistono picchiatori di destra, ma ce ne sono anche nell'estrema sinistra". Quanto all'accusa di compromettersi col giustizialismo e col populismo dell'ex pm, Vattimo si è così difeso: "Anche nel Cln si erano messi insieme comunisti, liberali, democristiani perché avevano un compito comune: battere il fascismo; con tutte le ovvie differenze tra il fascismo e la situazione di oggi".
Vattimo però tace sull'aspetto più importante della sua scelta, e cioè che se sarà eletto al parlamento europeo con l'Idv egli entrerà nel gruppo "Liberali e democratici", di cui Di Pietro ha già fatto parte quando era parlamentare europeo. Lo stesso gruppo, per intendersi, che ha votato per la Bolkestein, la settimana lavorativa di 65 ore, le misure volte a facilitare e legalizzare il lavoro nero per i migranti, l'aumento a 18 mesi della detenzione dei migranti nei Cie, il respingimento dei clandestini nei lager in Libia, il rimpatrio dei minori non accompagnati, il potenziamento del ruolo della Nato e così via.
È bene ricordare agli astensionisti di sinistra, a cui certe candidature "spregiudicate" come questa di Vattimo sono chiaramente rivolte al fine di accalappiarli meglio, le motivazioni con cui il filosofo torinese aveva già ammantato la sua precedente campagna elettorale europea coi falsi comunisti Diliberto e Cossutta: un programma centrato soprattutto sul concetto della Ue come unica alternativa agli Stati Uniti di Bush, un'entità politica "agente di pace" capace di allearsi a paesi non allineati e "progressisti" come il Brasile di Lula e "rispettosa dei diritti del Terzo Mondo". Un'Europa "sulla via del socialismo, ispirata ai valori dell'uguaglianza e della solidarietà". Un'Europa "della tolleranza", di "un'economia a misura d'uomo" e così via, spacciando la Ue imperialista dei governi liberisti e dei monopoli, in competizione con l'imperialismo Usa solo per spartirsi mercati, materie prime e sfere di influenza, quasi per un'entità utopica votata al benessere e alla felicità dei suoi popoli.
Oggi Vattimo, vista la crisi economica devastante e la caduta di credibilità delle istituzioni e dei governi europei, non prova nemmeno a riesumare quel programma idealista e demagogico, ma si riduce a fare leva sull'antiberlusconismo per attirare i voti dei potenziali astensionisti di sinistra, definendo nel suo manifesto di candidato il demagogo presidenzialista Di Pietro come "unica opposizione reale a Berlusconi e alla sua concezione padronale e personalistica dello Stato".

27 maggio 2009