Un ulteriore attacco ai diritti delle masse popolari
Giro di vite del ministro Severino sulla "Legge Pinto"
L'equa riparazione per il danno subìto per l'irragionevole durata del processo viene completamente svilita

All'interno del famigerato "decreto sviluppo" il governo del tecnocrate borghese liberista Monti ha inserito delle modifiche alla cosiddetta "legge Pinto" che disciplina l'equa riparazione per il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito per l'irragionevole durata di un processo. Con questa ennesima manovra controriformatrice, l'esecutivo vuole stringere le maglie sull'entità dei risarcimenti, ridefinendo il procedimento, rendendolo analogo a quello previsto per il decreto ingiuntivo, sanzionando addirittura le richieste pretestuose. Nel decreto è prevista anche un'ambigua clausola sull'esclusione delle parti colpevoli di condotte dilatorie con tempi rigidi per le domande. Il provvedimento risponde alla costante crescita dell'entità dei risarcimenti, ma non certo venendo incontro alle giuste esigenze delle masse popolari che devono sottoporsi alla "pena" di affrontare un processo per anni e semmai patire un giudizio dove possono essere, in ultimo, assolti. Dinanzi a una tale iattura il ricorso presso la Corte di Appello, competente per legge, doveva alleviare la sofferenza processuale, almeno secondo gli intenti legislativi del 2001. Ma il Ministro Severino, dopo aver annientato la giustizia minima eliminando decine di Tribunali sul territorio nazionale, ha ritenuto di abrogare parzialmente la "legge Pinto" affermando che sarebbe costata, al ministero della Giustizia, 200 milioni di euro. La controriforma, che entrerà in vigore da settembre, riduce i tempi del ricorso riducendoli a 60 giorni dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento contestato è diventata definitiva. Verrà valutata con attenzione maggiore la durata del procedimento che non potrà essere superiore a tre anni per il primo grado, due per l'appello e uno per il verdetto definitivo della Cassazione: al di sotto di questi limiti nessuna richiesta potrà essere soddisfatta. Al di sopra, invece, andrà verificata dalla Corte d'appello la consistenza del ritardo: per ogni anno di sforamento, oppure per frazioni di anno superiori però a sei mesi, del limite del grado di giudizio il risarcimento potrà essere compreso tra un minimo di 500 euro e un massimo di 1.500. La determinazione di un importo eventualmente superiore non potrà mai essere superiore al valore della causa. Nella determinazione dell'importo l'autorità giudiziaria dovrà tener conto della condotta del giudice e delle parti, degli interessi coinvolti e del valore della controversia.
Il provvedimento voluto dal ministro della Giustizia, Severino, si innesta perfettamente nel solco controriformatore dell'esecutivo della grande finanza, eliminando persino le briciole che gli imperialisti UE avevano concesso alle masse popolari, annientando con l'inserimento di cavilli, decadenze e prescrizioni, un altro diritto sacrosanto del popolo.

Cosa è la "Legge Pinto"
La cosiddetta "legge Pinto" è stata istituita sotto il governo Amato con legge 24 marzo 2001, n. 89 e disciplina il diritto di richiedere un'equa riparazione per il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito per l'irragionevole durata di un processo. La legge, stilata nel suo progetto dal DC Michele Pinto, nasce come ricorso straordinario in appello qualora un procedimento giudiziario ecceda il termine di durata ragionevole di un processo secondo quanto disposto dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU). In questo contesto l'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali riconosce ad ogni persona il diritto a vedere la sua causa esaminata e decisa entro un lasso di tempo ragionevole, come componente del diritto ad un equo processo. La CEDU ha stabilito che il procedimento si considera di durata irragionevole in ogni caso quando si superano i tre anni per grado di giudizio; nello specifico i criteri di valutazione delle circostanze includono la complessità della procedura, il comportamento delle parti, non imputabili allo stato, la condotta delle autorità nazionali. In ordine alla ragionevole durata dei processi, l'Italia è stata più volte condannata dall'Unione Europea: nel nostro paese un procedimento civile dura di media 11 anni, mentre quello penale dura di media 9.


11 luglio 2012