Da Capri Napolitano fa sapere che non interverrà: "si devono abbassare i toni"
I giudici amici a cena con Berlusconi
Si tratta di due dei componenti della Corte costituzionale che decideranno sul lodo Alfano

Cala sul neoduce Berlusconi e il suo governo nero un altro scandalo che non ha precedenti nella storia della defunta Repubblica democratico-borghese. Si tratta della famigerata "cenetta" notturna avvenuta a maggio a Roma, tra l'entourage di Palazzo Chigi e due giudici della Corte Costituzionale, dove si è parlato non certo delle prelibatezze gustate dagli invitati, ma di lodo Alfano e controriforma della giustizia. Al tavolo sedevano, oltre al neoduce Berlusconi, il fido sottosegretario alla Presidenza, Gianni Letta, i presidenti delle commissioni Affari Costituzionali della Camera, Donato Bruno, e del Senato, Carlo Vizzini, il ministro della Giustizia Angelino Alfano, i due giudici della Consulta Luigi Mazzella (colui che ha organizzato il tutto a casa sua) e Paolo Maria Napolitano.
Non quindi una semplice cena "perché è normale che si frequentino le alte cariche", come ha cianciato il responsabile giustizia del Pdl e avvocato del neoduce, Niccolò Ghedini. Tutt'altro. Il piatto forte era il lodo Alfano, ossia quella legge n. 124 del 2008 recante il titolo "Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato" che all'art. 1 enunciava la sospensione dei processi penali per le alte cariche dello Stato borghese (presidente della Repubblica, presidente del Senato della Repubblica, presidente della Camera dei Deputati e presidente del Consiglio dei ministri). La legge fu poi controfirmata e promulgata dal presidente della Repubblica Napolitano, nonostante l'incostituzionalità della stessa (si pensi soltanto alla violazione dell'art. 3 della Costituzione che scolpisce il principio di uguaglianza formale di tutti i cittadini di fronte alla legge), visto il precedente tentativo già perpetrato dal defunto e incostituzionale lodo Schifani molto simile alla controriforma attuale voluta dal governo del neoduce Berlusconi. Proprio per questo, e a seguito di numerose e diffuse polemiche che oltre ad investire le masse popolari arrivavano fino a giuristi, intellettuali, magistrati e mondo accademico, un pubblico ministero di Milano, Fabio De Pasquale, il 26 e 27 settembre 2008 ha sollevato il dubbio di costituzionalità della legge rispettivamente per il processo dei diritti tv Mediaset e il processo Mills, nei quali è imputato proprio Berlusconi. I giudici di entrambi i processi hanno accolto il ricorso del Pm e presentato, quindi, alla Corte Costituzionale la richiesta di pronunciamento sulla costituzionalità della legge che avverrà il 6 ottobre prossimo con relazione introduttiva del giudice Franco Gallo, professore tributarista, voluto dall'ex presidente Ciampi.

Mazzella e Paolo Maria Napolitano
All'interno della Consulta siedono due giudici presenti alla cena con Berlusconi e di provata fede per il nuovo Mussolini: si tratta di Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano. Il primo, salernitano, avvocato dello Stato, ex PSI, prima con De Martino e poi con Craxi negli anni Ottanta, è stato ministro della Funzione pubblica del secondo governo Berlusconi (dal 14 novembre 2002 al 2 dicembre 2004), eletto poi giudice della Corte Costituzionale dal parlamento il 15 giugno 2005. A completare il suo curriculum ci ha pensato l'ex presidente Vittorio Emanuele Ciampi che lo ha insignito dell'onorificenza di "Cavaliere di Gran Croce Ordine al merito della Repubblica italiana", dopo che lo stesso Mazzella aveva ricevuto in precedenza l'onorificenza di Cavaliere dell'Ordine di Malta, oltre che non si contano le numerose presenze a fianco di vari ministri, tra cui il plurinquisito e condannato Francesco De Lorenzo, all'epoca ministro dell'Ambiente. Grandi simpatie per il governo Berlusconi le ha anche l'altro giudice della Corte, Paolo Maria Napolitano (solo omonimo del presidente della Repubblica) il quale è stato per lungo tempo dirigente di Stato per poi divenire componente del gabinetto dell'attuale presidente della Camera Fini, nel primo governo Berlusconi, e successivamente conseguire prima la carica di consigliere di Stato e dopo ricoprire la carica di capo dell'ufficio legislativo sotto il secondo governo Berlusconi, chiamato sempre da Fini, nel 2004. In ultimo, viene nominato giudice costituzionale il 5 luglio 2006.

Il presidente Napolitano se ne lava le mani
Entrambi i giudici, chiaramente, saranno chiamati a giudicare in ordine alla costituzionalità del "lodo Alfano" il prossimo 6 ottobre, con voto più che mai scontato: da qui le polemiche che hanno investito tutto il parlamento, fino ad arrivare al Colle. Più volte il gruppo dell'Italia dei Valori ha chiesto che il presidente Napolitano si pronunciasse su questa ennesima vergognosa acrobazia di Berlusconi sui temi della giustizia. Le interrogazioni parlamentari di Di Pietro, i corsivi polemici di giornalisti e intellettuali vicino al PD, la "sollevazione" (si fa per dire) da parte dei dirigenti di "centro-sinistra" contro questa scandalosa e imbarazzante cena tra giudici e governo sono andate praticamente nel vuoto: prima Napolitano, in vacanza (nuovamente) a Capri, ha detto "di abbassare i toni in vista del G8" con la scusa di dare maggiore attenzione alla ricostruzione dell'Abruzzo; successivamente, visto che le polemiche non s'erano sopite, ha alzato la voce affermando che non vi sarà alcun intervento per "rispettare l'insindacabile autonomia della Consulta". Di conseguenza, tutta l'opposizione parlamentare è andata a finire in un vicolo cieco, visto che aveva nutrito speranze nei confronti del rinnegato Napolitano che pilatescamente se ne è lavato le mani, intento a festeggiare i suoi 84 anni in serenità e senza che debba essere turbato nella ormai fissa e ricca dimora, l'isola di Capri.

Le mosse di Berlusconi
Sul tavolo della famosa cena di maggio vi erano anche altri importanti temi. Ad esempio, risolvere l'annosa questione della controriforma del processo penale proposta dal ministro Alfano, impantanata da mesi in Parlamento, con tutto il mondo accademico e della giustizia in subbuglio soprattutto dopo l'approvazione della legge sulle intercettazioni telefoniche. Mazzella e Napolitano hanno avanzato vecchi loro progetti, in linea con quello piduista del neoduce Berlusconi sulle "riforme" da mettere sul tavolo e far approvare dal governo attuale. Si pensi alla separazione delle carriere con il ruolo del pubblico ministero non più solo come "avvocato dell'accusa", ma addirittura snaturato nella sua componente soggettiva: non più magistrati togati, ma avvocati dello Stato o di lungo corso e professori universitari a conseguire il ruolo di organo inquirente. Inoltre una bozza di quattro cartelle dove si rivede tutto l'impianto del titolo quarto della Costituzione, quello che riguarda cioè l'ordinamento della magistratura, con la costituzione di un nuovo Consiglio Superiore della Magistratura, aperto solo ai giudici, con la esclusione del magistrato del pubblico ministero, sottomesso al potere esecutivo e, quindi, al governo. Lo scopo è evidente: evitare processi contro politici inquisiti così come volle Mussolini quando separò le carriere e schiacciò il ruolo del pubblico ministero riducendolo a mero sodale del potere esecutivo; a questo si aggiunge lo snaturamento della Corte costituzionale, con la modifica della sua componente e maggior peso del voto del Parlamento, anziché dei giudici ordinari. Fino all'altro pallino caro a Berlusconi: diventare presidente della Repubblica passando per la nera controriforma della prima carica dello Stato con l'attuazione del piano presidenzialista già voluto dalla P2 di Gelli e di Craxi.
Dinanzi ad un simile scempio che incrementerebbe la terza repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista, non si può certamente limitarsi a gridare "vergogna" come fanno Di Pietro e l'Italia dei Valori o fare polemiche da bar come il PD, ma ricorrere alla piazza dando vita a un largo fronte unito di lotta contro il governo del neoduce Berlusconi che deve essere buttato giù non con interrogazioni parlamentari velleitarie e inconcludenti, ma con manifestazioni e scioperi, fino alla vittoria.

8 luglio 2009