Il capofila del PD inganna e depista il popolo italiano
Il giudizio di Veltroni su Berlusconi è fuorviante. Non è simile a Putin ma a Mussolini
Siamo in un regime neofascista coperto dalla "sinistra" borghese
Il 28 settembre Walter Veltroni ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera (CdS) che è stata interpretata come un "attacco" esplicito ai metodi autoritari e antidemocratici praticati da Berlusconi e dalla maggioranza che lo sostiene e un "allarme" sui rischi che corre la democrazia in Italia. Questo giudizio del leader del PD è stato accreditato sia dalla generalità dei mass-media sia dallo stesso Berlusconi, che ne ha tratto spunto per ribadire che con Veltroni e col PD non si può dialogare e che d'ora in poi la maggioranza andrà avanti da sola nell'imporre le "riforme".
Noi non condividiamo per niente questa interpretazione. In realtà l'intervista di Veltroni è fatta solo per ingannare e fuorviare le masse di sinistra, e segnatamente la base elettorale del PD, che da tempo è stufa dell'arrendevolezza che rasenta la complicità di Veltroni e degli altri leader del partito nei confronti dell'arroganza neofascista senza limiti di Berlusconi e della sua cricca di governo e vorrebbe che si cambiasse registro. Veltroni finge di farlo per contentare la base e invertire il trend negativo dei sondaggi, ma invece finisce per confondere le acque e coprire ancora una volta il nuovo Mussolini e il regime neofascista.
Nell'intervista al CdS, infatti, anziché avere il coraggio di dire le cose come stanno, e cioè che siamo in un regime neofascista e che Berlusconi è il nuovo Mussolini, e di conseguenza chiamare le masse di sinistra a scendere in piazza per buttarlo giù, Veltroni continua a barare e a menare il can per l'aia. Per cui non solo nega di nome e di fatto il regime neofascista imperante, accennando solo vagamente che "viviamo un tempo che ha in sé gravi rischi", che viviamo in una "democrazia sostanzialmente svuotata", caratterizzata da una "struttura di organizzazione del potere che rischia di apparire autoritaria"; ma addirittura sostiene che questo "rischio" sarebbe poi quello "di veder realizzarsi anche in Italia il modello Putin". Cioè, non quello fascista mussoliniano, che è sotto gli occhi di tutti e che lo stesso neoduce di Arcore evoca ormai sempre più sfacciatamente con malcelate indulgenza e ammirazione, ma quello praticato dal nuovo zar del Cremlino.
Per quanto esecrabile possa essere la dittatura putiniana, e per quanto si stia tentando in tutti i modi di riabilitare il fascismo, è evidente che la prima non è gravata da una condanna storica netta, inappellabile e incontrovertibile come quella che pesa (ancora) sul fascismo e su Mussolini. Paragonare perciò Berlusconi a Putin e il regime neofascista all'autocrazia del nuovo zar significa fare un favore a Berlusconi, sottovalutare gravemente la sua pericolosità e quella del suo governo neofascista, significa in sostanza offrirgli una comoda quanto vergognosa copertura. Tantopiù se poi, come è successo alla Direzione del PD del 3 ottobre, si fa marcia indietro rispetto a questa stessa posizione reticente, opportunista e fuorviante, dove Veltroni ha precisato: "Non è che temo Junio Valerio Borghese o roba di questo genere, non siamo per imbracciare la teoria del regime. Temo invece un'idea di società che quando ti giri non è più la stessa, in cui non ci sono le stesse necessarie garanzie".

Negare il regime neofascista: vizio comune di tutta la "sinistra" borghese
A dirla tutta questo atteggiamento reticente, opportunista e fuorviante nei confronti del regime neofascista e del neoduce è un vizio generalizzato di tutta la "sinistra" borghese, tanto quella rinnegata e riformista quanto quella revisionista e trotzkista. A proposito di quest'ultima si veda per esempio Asor Rosa, che su il manifesto del 1° ottobre si lancia in una lunga e cervellotica dimostrazione dell'assunto che il regime di Berlusconi "è peggio" del fascismo. Tutto ciò per poter sostenere che quindi è diverso, è un'altra cosa, non è paragonabile al fascismo e a Mussolini: "Quali analogie ci possono essere mai tra Berlusconi e Mussolini, tra berlusconismo e fascismo? Ovviamente nessuna: non sono mica scemo. Io non ho inteso - e non ho scritto - che Berlusconi è come Mussolini né che il berlusconismo è come il fascismo. Io ho inteso, e scritto che - nella specificità e peculiarità delle rispettive identità - sono peggio", dice e sottolinea infatti l'ex operaista e dirigente del PCI revisionista Asor Rosa, intendendo con ciò ridicolizzare come uno "scemo" chiunque paragoni l'attuale regime al fascismo e Berlusconi a Mussolini. Un'operazione a metà tra quella di Asor Rosa e di Veltroni la fa il trotzkista e opportunista Valentino Parlato, su il manifesto del 25 settembre, dove paventa che "siamo sempre più vicini a un limite oltre il quale ci sarebbe solo un fascismo sia pure in borghese e con la bandana invece che con il fez".
Anche Veltroni, come Parlato, parla solo di "rischi", anche se non di fascismo ma di un regime genericamente "antidemocratico". Ma lo fa solo per concludere che occorre ripristinare "le condizioni minime, fisiologiche del confronto. Guardiamo agli Stati Uniti, dove Bush chiama e i democratici rispondono. Bush non ha insultato Obama, l'ha consultato. Così funzionano le grandi democrazie". Veltroni, alla fine, ritorna sempre lì, a implorare il neoduce che si degni di riconoscerlo come interlocutore per riprendere il dialogo sulle controriforme istituzionali per tenere a battesimo insieme la terza repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista: ecco perché si guarda bene dal riconoscere che questo in cui l'Italia è immersa fino al collo è un regime neofascista e che Berlusconi è il nuovo Mussolini. Altrimenti invece che continuare a mendicare la sua condiscendenza dovrebbe mobilitare le masse di sinistra per abbatterlo il prima possibile con una lotta senza quartiere e senza compromessi. "Se si pensa che siamo al fascismo si prende lo zaino e si va in montagna", lo ha rimbeccato infatti ironicamente un esponente della maggioranza.
Se non altro Veltroni dovrebbe almeno invocare lo sciopero generale, contro la macelleria sociale del governo che sta imperversando in ogni settore della società, e invece offre addirittura al neoduce la disponibilità sua e del PD a collaborare sulle misure anti-crisi, fino se necessario a rimandare la manifestazione del 25 ottobre, e lo ha ribadito nonostante Berlusconi abbia respinto l'offerta con un bel "me ne frego".
È curioso che mentre Veltroni lanciava il suo pseudo "allarme democratico" sul CdS, il suo eterno "rivale" D'Alema se ne usciva con una gravissima dichiarazione di disponibilità verso l'ipotesi di Berlusconi al Quirinale. In realtà anche nelle dichiarazioni del capofila dei rinnegati non c'è nulla di sorprendente. È il solito gioco delle parti per cui, se uno dei due finta a sinistra per ragioni strumentali, l'altro si premura di rilanciare a destra, per far capire al neoduce che la porta è sempre aperta al dialogo sottobanco, anche se si è costretti a coprirsi dicendo ogni tanto "qualcosa di sinistra" per accontentare la base frustrata e delusa del PD.


15 ottobre 2008