Giù le mani dal 25 Aprile, 1° Maggio e 2 Giugno

Il comma 24 dell'art. 1 del Decreto Legge (DL) del 13 agosto 2011, n. 138 prevede che "a decorrere dall'anno 2012 con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, da emanare entro il 30 novembre dell'anno precedente, sono stabilite annualmente le date in cui ricorrono le festività introdotte con legge dello Stato non conseguente ad accordi con la Santa Sede, nonché le celebrazioni nazionali e le festività dei Santi Patroni in modo tale che, sulla base della più diffusa prassi europea, le stesse cadano il venerdì precedente ovvero il lunedì seguente la prima domenica immediatamente successiva ovvero coincidano con tale domenica".
Così il 25 Aprile, il 1° Maggio e il 2 Giugno, le uniche tre feste non religiose in vigore in Italia verrebbero abolite dal calendario. Nessun problema per le feste cattoliche.
Il ministro dell'economia e delle finanze Tremonti, PDL, giustifica tale inaccettabile proposta con motivazioni economiche, sostenendo che essa consentirebbe di ottenere un "formidabile aumento di produttività". In realtà non regge la pretesa del governo di addossare al 25 Aprile, al 1° Maggio e al 2 Giugno parte della responsabilità della crisi in cui versa il capitalismo italiano e internazionale. Lo hanno sottolineato persino degli economisti liberali, molti dei quali, pur non addentrandosi nell'analisi politica delle motivazioni che sorreggono l'attacco del governo alle tre feste suddette, giudicano sostanzialmente irrilevante il rientro in termini di rilancio dell'economia di tale norma.
Ben lungi dal migliorare le condizioni economiche delle masse popolari e lavoratrici, in testa la classe operaia, tale norma è una componente significativa dell'attacco micidiale alla contrattazione nazionale, ai diritti dei lavoratori, all'occupazione, ai servizi contenuto nel DL 138, tentando di mettere con le spalle al muro e frenare la lotta di classe, cancellandone la storia e le forme organizzative, i simboli e i riferimenti culturali e attuali, oltre che la storia dell'antifascismo.
Tale provvedimento, davanti al quale alcuni leader della "sinistra" borghese rimangono "sorpresi" non nasce improvvisamente, ma mette le sue radici nella incessante costruzione del nuovo regime neofascista operata nel ventennio berlusconiano e favorita dalla "sinistra" borghese, con cui il nuovo Mussolini, Berlusconi, ha restaurato il fascismo in Italia sotto nuove forme, nuovi metodi e nuovi vessilli, realizzando anno per anno e passo dopo passo il nero disegno neofascista e presidenzialista tracciato nel "piano di rinascita democratica" e nello "schema R" della P2 e di Gelli. Un attacco finale del quale negli anni vi sono stati indizi chiarissimi. Non a caso il PMLI da anni a più riprese ha rivendicato "Giù le mani dal 25 Aprile!" e "Giù le mani dal 1° Maggio", anche contro gli esponenti del "centro-sinistra", come il berluschino sindaco fiorentino Renzi che ha imposto l'apertura dei negozi il 1° Maggio con la conseguente rinuncia alla festività per i lavoratori del commercio.
Danno fastidio al governo queste tre feste tutte nate o ripristinate dopo l'abbattimento del ventennio mussoliniano. Il 25 Aprile (1945) è la data dell'insurrezione armata di Milano, con la quale si mise fine all'occupazione nazifascista. Il 1° Maggio, ufficializzato dalla Seconda Internazionale nel 1889 e ratificato in Italia due anni dopo, ha un evidente carattere di classe per l'emancipazione del proletariato e la conquista del socialismo. Abolito da Mussolini venne ripristinato dopo la Liberazione. Il 2 Giugno (1946) è la data del Referendum istituzionale con il quale le masse popolari italiane scelsero la forma dello Stato repubblicana, sancendo la fine della criminale monarchia dei Savoia, principale pilastro del fascismo.
Ininterrottamente i gerarchi berlusconiani si sono scagliati con livore contro il 25 Aprile e il 1° Maggio, in particolare, provando a snaturarne il significato con una martellante propaganda sulla conciliazione nazionale e l'interclassismo, tentando di trasformarle in feste unitarie, patriottarde, corporative, come è successo, purtroppo, al 2 Giugno, il cui significato popolare che va ripristinato è stato oscurato a favore di quello nazionalista e imperialista, anche grazie all'opera nefasta del rinnegato Napolitano. Il 25 Aprile e il 1° Maggio mantengono intatto il loro carattere popolare e antifascista e la loro stessa esistenza rappresenta un simbolo e insieme un monito rispettivamente contro i neofascisti e contro il padronato. Ecco perché costoro vogliono definitivamente sbarazzarsene e cancellarli una volta per sempre. Sfruttare ancor di più i lavoratori costringendoli allo sfruttamento salariato persino in queste due date che sono sacre per gli antifascisti e per la classe operaia.
È allora chiaro che è di vitale importanza per il governo del neoduce privare la classe operaia e le masse lavoratrici e popolari oltre che dei loro diritti anche della loro memoria storica, dell'esempio di decenni di lotte vittoriose antifasciste, per i diritti dei lavoratori e progressiste, degli esempi delle forme corrette di lotta, sintetizzate nelle date simbolo del 25 Aprile, 1° Maggio e 2 Giugno.
Contro la cancellazione delle feste suddette si sono schierate organizzazioni come Anpi, Cgil e Articolo 21 e altre che hanno lanciato delle iniziative e delle petizioni per cancellare questo obbrobrio normativo. Sabato 3 settembre avrà luogo a Torino una manifestazione pubblica promossa dall'ANPI contro la mostruosa decisione del governo e con l'inizio del nuovo anno scolastico una petizione, in difesa delle tre ricorrenze, sarà portata in tutti gli istituti di ogni ordine e grado.
Per il PMLI, in questo frangente politico e sociale vi è la necessità e l'urgenza che tutte le masse antifasciste e democratiche si mobilitino e scendano in piazza per difendere queste ricorrenze e mandare a casa il governo Berlusconi. Infatti l'unica soluzione per impedire lo scempio sociale, economico e politico è sollevare la piazza per abbattere il massacratore sociale e il suo governo neofascista, antioperaio, razzista, xenofobo, corrotto, mafioso e guerrafondaio. Auspichiamo che le piazze del 6 settembre in occasione dello sciopero generale della Cgil diano un sonoro ceffone al neoduce e ai suoi tirapiedi della destra e della "sinistra" borghesi, riempendosi di bandiere rosse con la falce e martello, di cartelli in difesa del 25 Aprile, del 1° Maggio e del 2 Giugno e che ovunque vengano sturate le orecchie al governo con "Bella Ciao" e gli inni del 1° Maggio.
Giù le mani dal 25 Aprile, dal 1° Maggio e dal 2 Giugno!

31 agosto 2011