La Giunta per le autorizzazioni della Camera rinvia gli atti alla procura
Golpe per strappare Berlusconi ai giudici di Milano
Il nuovo Mussolini va abbattuto dalla piazza per i crimini politici e sociali commessi

Il 27 gennaio la Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera ha bocciato a maggioranza, rinviando gli atti al mittente, la richiesta della procura di Milano di poter perquisire gli uffici del segretario di fiducia di Berlusconi, Giuseppe Spinelli, in ordine all'inchiesta sul giro di squillo in cui il premier risulta indagato per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile.
Spinelli è quello che provvedeva per suo conto a pagare le prestazioni delle ragazze che frequentavano la villa di Arcore e l'affitto degli appartamenti messi a loro disposizione, e come tale custodisce molti segreti della vita viziosa del premier. Egli stesso ha ammesso di aver consegnato somme di denaro, sia pure a titolo "gratuito", a Ruby, la giovane all'epoca dei fatti minorenne che avrebbe avuto rapporti a pagamento col premier: da cui l'accusa di sfruttamento della prostituzione minorile per Berlusconi, nonché di concussione nei confronti di un funzionario della questura milanese per averlo indotto con varie e pressanti telefonate a rilasciare la ragazza fermata per un furto la notte del 27 maggio scorso, adducendo a tale scopo anche la falsa notizia che lei era la nipote del presidente egiziano Mubarak.
Nel rinviare gli atti a Milano la Giunta ha voluto motivare la sua decisione con un giudizio di incompetenza della procura milanese, attribuendola invece al Tribunale dei ministri, in quanto il reato principale, la concussione, sarebbe stato commesso da Berlusconi nelle sue funzioni di presidente del Consiglio. Inizialmente invece la maggioranza aveva deciso di sostenere la tesi del respingimento della richiesta per "fumus persecutionis", ossia il manifesto intento persecutorio dei magistrati nei confronti dell'imputato, come il neoduce va strillando ad ogni piè sospinto. Ma poi si era accorta che così facendo la Camera avrebbe dovuto pronunciarsi semplicemente sull'accettare o respingere la richiesta e con votazione segreta, mentre con la mossa del rinvio degli atti per incompetenza avrebbe ottenuto parecchi vantaggi. Innanzi tutto quello del non riconoscimento stesso della titolarità dell'inchiesta, mentre la strada normale avrebbe comportato il riconoscimento di fatto della stessa da parte del parlamento.
Inoltre in questo modo la Camera dovrà decidere con voto palese, e questo dopo lo scampato pericolo sulla mozione di sfiducia al ministro Bondi non fa più paura a Berlusconi, che ora è sicuro di poter fare il bis anche in questo caso. Senza contare che si è anche spianato la strada per sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, con relativa richiesta di sospensione del processo nell'attesa del pronunciamento della Consulta, il che gli concederebbe almeno 8-10 mesi di respiro.

La ridicola panzana della "nipote di Mubarak"
E pazienza se per supportare la decisione del rinvio al mittente dei documenti la maggioranza della Giunta ha dovuto in pratica far passare il premier da coglione in quanto - questa è stata la ridicola ma efficace scappatoia dei fascio-leghisti - Berlusconi avrebbe creduto davvero e in buona fede alla panzana della "nipote di Mubarak", e perciò sarebbe intervenuto sulla questura di Milano "nelle sue funzioni di presidente del Consiglio", per evitare un incidente diplomatico col governo egiziano. Da cui la rivendicazione della competenza al Tribunale dei ministri anziché alla magistratura ordinaria.
Una tesi la cui falsità e strumentalità è grottescamente evidente, ove si consideri anche solo il fatto che la stessa Ruby ha dichiarato in almeno un paio di interviste di aver appreso di essere stata fatta passare per la nipote di Mubarak solo dopo essere stata rilasciata dalla questura milanese. Ma evidentemente il neoduce non disdegna neanche di fare la figura dell'imbecille raggirato da una ragazzina pur di salvarsi la buccia. In effetti si è trattato di un golpe in piena regola per strappare Berlusconi ai giudici milanesi, come ha denunciato anche Di Pietro sottolineando come "solo in un paese antidemocratico il parlamento si sostituisce alle toghe sulla competenza di un tribunale".
Infatti il nuovo Mussolini non solo è deciso a non farsi processare a nessun costo, e il voto della Giunta, che sarà quasi certamente ripetuto in aula il 3 febbraio, lo dimostra; ma mentre intensifica la campagna mediatica contro la "magistratura politicizzata", anche moltiplicando gli interventi video, sta mettendo in campo tutta una serie di iniziative parlamentari per risolvere alla radice i suoi problemi giudiziari: riproposizione della legge-bavaglio sulle intercettazioni nella sua veste originale ancor peggiore dell'ultimo testo sospeso in parlamento, controriforma della giustizia con la separazione delle carriere e l'asservimento dei pubblici ministeri all'esecutivo, nuova legge sulla responsabilità civile dei giudici, ripescaggio del "processo breve", del nuovo Lodo Alfano costituzionale, e così via. Nei propositi di vendetta del neoduce c'era anche una manifestazione contro i giudici davanti al Tribunale di Milano il prossimo 13 febbraio, ma poi l'idea è stata abbandonata, non si sa se per l'invito allarmato di Napolitano ad "abbassare i toni" e/o per la paura di non riuscire a portare abbastanza simpatizzanti in piazza, viste anche le contromanifestazioni in difesa dei giudici e per chiedere che si faccia processare annunciate in risposta.

Scendere in piazza per abbattere Berlusconi
Tra queste, sempre il 13 febbraio e sempre davanti al Tribunale milanese, quella convocata da Articolo 21 a cui hanno aderito, con un appello per la difesa della libertà di informazione, anche Michele Santoro, Marco Travaglio e Barbara Spinelli. Quelle che nella stessa giornata si terranno in molte città italiane promosse dalle donne, mentre il 5 e 6 febbraio ci saranno rispettivamente una manifestazione al Palasharp di Milano organizzata da Libertà e giustizia e una mobilitazione del "popolo viola" davanti ai cancelli della villa di Arcore. Manifestazioni di protesta con richiesta di dimissioni del premier si sono svolte anche il 29 gennaio a Firenze e Milano.
Da queste iniziative traspare sicuramente la voglia di reagire alla vergogna in cui il neoduce ha trascinato il Paese e all'arrogante ostentazione di strafottenza e impunità con cui respinge ogni accusa e invito a dimettersi. Una voglia di scendere in piazza che sale spontaneamente dal basso in assenza completa di iniziative di lotta dell'imbelle e fallita "sinistra" parlamentare con in testa il PD, che non trova di meglio che raccogliere firme per implorare il neoduce di andarsene di sua spontanea volontà. Mentre al contempo briga, come ha fatto il rinnegato D'Alema, per costruire "alleanze costituenti" con "le forze che ci stanno", allo scopo di formare un "governo costituente" per "cominciare davvero la seconda repubblica, chiedendo agli italiani di esprimersi: repubblica presidenziale o repubblica parlamentare"?
Ma per quanto apprezzabili simili manifestazioni di protesta non sono condivisibili in tutte le loro motivazioni, comunque sono marginali e inadeguate alla gravità politica e sociale dell'esistenza di questo governo e alla conseguente necessità di cacciare subito Berlusconi da Palazzo Chigi.
È illusorio sperare in una caduta di Berlusconi per via giudiziaria, come ormai l'esperienza ha più volte dimostrato. Il neoduce va abbattuto con la lotta di piazza, come fecero le masse nel Luglio 1960 col governo fascista Tambroni, e va abbattuto per i crimini politici e sociali commessi, e perché egli è il nuovo Mussolini che ha rimesso la camicia nera all'Italia. Un nuovo 25 Aprile si impone, per buttarlo giù e fermare la macelleria sociale che sta infliggendo alle masse e la deriva neofascista, presidenzialista, federalista, razzista e xenofoba che ha impresso al Paese.
È urgente scendere in piazza, ma non come scrive il liberale Veltroni su "La Repubblica" del 29 gennaio, in un intervento molto apprezzato dai fascisti ripuliti di "Farefuturo", proponendo una giornata di riunioni in tutte le piazze italiane per una "manifestazione civile, non di parte. Senza bandiere, senza comizi che possano dividere. Una grande festa della democrazia italiana" ; senza - come ha voluto precisare - "organizzare il pullman per andare a Roma o a Milano a sentire un comizio. Ma far vivere nella più piccola come nella più grande piazza italiana l'indignazione e la speranza". Al contrario, bisogna invece scendere in piazza, con tutta la carica di rabbia e di lotta delle masse e con l'obiettivo di far cadere nella polvere il nuovo Mussolini e il suo governo neofascista, piduista, razzista, mafioso e corrotto. E in questo quadro lo sciopero generale di 8 ore, con manifestazione a Roma sotto Palazzo Chigi, gioca un ruolo decisivo ed è quanto mai urgente. Si sveglino la Cgil e i "sindacati di base" per proclamarlo congiuntamente, accogliendo anche il pressante appello della Fiom.

2 febbraio 2011