Golpe della Corte costituzionale in Egitto
Cancellato il parlamento e ammesso al ballottaggio per le presidenziali l'uomo di Mubarak

La Corte costituzionale egiziana ha cancellato di fatto l'Assemblea del popolo, eletta appena sei mesi fa, e respinto la richiesta di escludere Ahmed Shafiq, l'ultimo premier dell'era Mubarak, dal ballottaggio per le presidenziali del 17 giugno in base alla legge che vieta agli uomini del precedente regime di candidarsi. Secondo la sentenza dei giudici della Corte del 14 giugno, la legge elettorale sarebbe "incostituzionale" e i seggi uninominali attribuiti con il maggioritario, un terzo del parlamento, da annullare. Un golpe vero e proprio pilotato dalla giunta militare che grazie alla decisione della Corte ha ripreso nelle sue mani il potere legislativo che era del parlamento cancellato dalla sentenza.
"La Corte Costituzionale non ha i poteri per sciogliere il Parlamento", affermava il portavoce di Mohammed Mursi, il candidato dei Fratelli musulmani al ballottaggio delle presidenziali. I leader islamisti condannavano la "sentenza politica che cancella 16 mesi di transizione".
Soddisfatto della sentenza Ahmed Shafiq che definiva il nuovo parlamento egiziano "non rappresentativo del popolo" e quindi cancellabile con una sentenza.
Una folla di manifestanti si è radunata fuori la sede della Corte e successivamente si spostava in piazza Tahrir per protestare contro la decisione dei giudici.
Per una coincidenza probabilmente non del tutto casuale, il giorno precedente la sentenza della Corte costituzionale un'altra sentenza della magistratura ampliava i poteri di polizia militare e servizi segreti, fra i quali quelli di arresto di civili. Una misura che potrebbe portare a condizioni peggiori di quelle che erano in vigore sotto lo stato di emergenza, dichiarato dal regime nel 1981 e abrogato solo alla fine dello scorso maggio dalla giunta militare.
Giunta militare che a urne del ballottaggio per le presidenziali ancora aperte comunicava di aver assunto, in assenza di un parlamento, il potere legislativo di fatto non ancora trasmesso all'assemblea eletta. Il Consiglio supremo delle forze armate che una volta mollato lo screditato Mubarak controlla il paese, ha annunciato la proposta di un emendamento alla costituzione provvisoria: il presidente che uscirà dalle urne del 17 giugno presterà giuramento davanti alla Corte costituzionale e avrà i poteri di nominare premier e ministri. Fino al momento del giuramento previsto per l'1 di luglio comanda la Giunta militare. Che comunque ha ripreso nelle sue mani il potere legislativo e il compito di stabilire la legge elettorale per le nuove elezioni. E soprattutto il potere di eleggere l'assemblea costituente che deve scrivere la nuova Costituzione.
A garante delle promesse della giunta militare golpista si è intromesso l'imperialismo americano: il segretario di Stato Hillary Clinton ha assicurato che i militari egiziani manterranno le promesse fatte e si faranno da parte.
Intanto sono usciti i primi dati del ballottaggio presidenziale. Gli egiziani all'estero hanno votato a maggioranza per il candidato dei Fratelli musulmani Morsy che il 17 giugno, in base alla proiezione dei risultati, annunciava la propria vittoria col 52,5% dei voti. "Non è vero, siamo in testa noi", ribattevano dal comitato elettorale di Shafiq. I dati ufficiali erano annunciati per il 21 giugno ma sull'esito del voto e sul futuro del paese pesa soprattutto il macigno del golpe della giunta militare, garante del mantenimento della posizione filoimperialista e filosionista del Cairo.

20 giugno 2012