Per bloccare il referendum sulla Costituzione
Golpe militare in Honduras
Espulso in Costarica il legittimo presidente Zelaya. Sequestrati, e rilasciati, gli ambasciatori di Cuba, Venezuela e Nicaragua

La mattina del 28 giugno un reparto di militari ha assaltato la residenza del presidente Manuel Zelaya, prelevato e espulso con la forza in Costarica. I golpisti hanno arrestato altri otto ministri e sequestrato gli ambasciatori di Venezuela, Cuba e Nicaragua nella capitale Tegucigalpa, poi rilasciati.
"Siamo stati noi ad ordinare ai militari di agire perchè Zelaya aveva tentato di violare la legge facendo votare un referendum per autorizzare la sua rielezione", affermavano i giudici della Corte Suprema di Tegucigalpa per coprire il golpe militare; la Corte nominava al suo posto ad interim il presidente del parlamento Roberto Micheletti e convocava nuove elezioni per il prossimo 29 novembre.
Il golpe era immediatamente denunciato dal presidente della Bolivia Evo Morales e da quello del Venezuela Hugo Chávez che chiedevano una esplicita condanna internazionale e il ritorno alle sue funzioni del presidente Zelaya. Condanna ripetuta il 29 giugno alla riunione di emergenza dell'Alternativa bolivariana per le Americhe (Alba), convocata nella capitale del Nicaragua, Managua, e il 30 giugno all'assemblea dell'Onu, alle quali partecipava Zelaya mentre i sostenitori del presidente davano vita a manifestazioni e scontri con l'esercito golpista a Tegucigalpa.
Quello del 28 giugno è stato un golpe annunciato dal braccio di ferro che opponeva da tempo il presidente ai vertici militari e alla Corte suprema, spalleggiati dai partiti di destra sulla questione della riforma della costituzione.
La costituzione attuale era stata scritta nel 1982 durante la "sporca guerra" dell'Amministrazione Reagan in America Centrale quando nel paese spadroneggiavano gli squadroni della morte finananziati e organizzati dalla Cia. Zelaya, eletto nel novembre del 2005 per la piattaforma del Partito Liberale dell'Hunduras ma che nel tempo si era spostato su posizioni di "centrosinistra" e aveva portato il paese nell'Alba, aveva proposto un referendum consultivo per avere il via libera a una riforma costituzionale che tra l'altro prevedesse la possibilità di un suo secondo mandato quadriennale. La consultazione era indetta per il 28 giugno e in caso di vittoria alle elezioni del prossimo novembre si sarebbe tenuto un referendum per votare la convocazione di un'assemblea costituzionale.
La Corte Suprema dell'Honduras aveva dichiarato illegale il referendum su richiesta del parlamento, guidato da una maggioranza di destra. Il 24 giugno il presidente, nella qualità di comandante in capo, rimuoveva il capo di stato maggiore delle forze armate nel momento in cui si era rifiutato di consentire ai militari di distribuire il materiale elettorale, che tenevano sotto sequestro.
La rimozione del comandante dell'esercito era annullata dalla Corte il 25 giugno, una decisione che scatenava la protesta nelle strade della capitale. Il 26 giugno il presidente e un centinaio di sostenitori marciavano verso la base aerea vicino alla capitale e recuperavano il materiale elettorale sequestrato dall'esercito. La mattina del 28 giugno scattava il golpe militare.
Già il 24 giugno in Venezuela si era tenuta una riunione straordinaria dell'Alba che approvava una dichiarazione di supporto al presidente Zelaya e condannava qualsiasi tentativo di minare il suo mandato e il processo democratico dell'Honduras. Il 26 giugno anche l'Organizzazione degli Stati Americani (Osa) si riuniva per discutere della crisi in Honduras e diffondeva una dichiarazione in cui condannava le minacce alla democrazia. Solo il segretario di Stato aggiunto degli Stati Uniti, Phillip Crowley, si rifiutava di chiarire la posizione del governo degli Stati Uniti in merito al pericolo di golpe contro il presidente Zelaya e rilasciava una dichiarazione ambigua che sottintendeva il sostegno di Washington agli oppositori del presidente. Un giudizio ambiguo tantopiù pericoloso dato che l'esercito dell'Honduras è in gran parte addestrato dalle forze Usa.
"Obama, ci sei tu dietro questo?", chiedeva Zelaya al presidente americano dopo la sua espulsione in Costarica. La Casa Bianca respingeva con forza l'accusa, l'ambasciatore degli Stati Uniti a Tegucigalpa, Hugo Llorens, ribadiva che "l'unico presidente che gli Stati Uniti riconoscono nel paese è Zelaya" e gli Usa si associavano alla condanna del golpe espressa anche dall'Unione europea.

1 luglio 2009