Con gli articoli 2 e 6 del Ddl sull'editoria
Il governo vuole imbavagliare Internet

Il disegno di legge governativo sull'editoria preparato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Ricardo Franco Levi si propone di mettere il bavaglio alla libera circolazione di idee su Internet? L'allarme è stato lanciato da alcuni blog su Internet e ripreso con molta enfasi anche dal blog di Beppe Grillo, che hanno messo in evidenza come il ddl sull'editoria approvato lo scorso 12 ottobre dal Consiglio dei ministri senza nessuna opposizione né astensione, e ora in discussione presso la commissione Cultura della Camera, è congegnato in modo tale da costringere la maggior parte dei blog e dei forum di discussione a chiudere, oppure a iscriversi a un apposito registro e rischiare di dover rispondere del reato di diffamazione a mezzo stampa.
In effetti, leggendo il testo di quello che sulla rete è già stato ribattezzato il ddl Levi-Prodi, il sospetto che l'intenzione fosse proprio quella di mettere sotto controllo l'informazione alternativa a quella di regime che si esprime attraverso Internet è forte. Infatti all'articolo 2, che definisce il prodotto editoriale oggetto della nuova legge sull'editoria, si definisce tale "qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso". In questa definizione possono rientrare non solo i blog ma anche i forum di discussione, i siti di partiti e associazioni politiche, movimenti di lotta e quant'altro ci si voglia far rientrare. All'articolo 5 si definisce poi l'attività editoriale come "ogni attività diretta alla realizzazione e distribuzione di prodotti editoriali, nonché alla relativa raccolta pubblicitaria. L'esercizio dell'attività editoriale può essere svolto anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative": e qui ancora una volta possono essere fatti rientrare blog e siti Internet.
Ed ecco la trappola. Una volta stabilito da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che un determinato sito svolge attività editoriale, anche non a fini di lucro, esso incorre nell'obbligo stabilito dall'articolo 6 che impone l'iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione (Roc), che già di per sé comporta la presentazione di certificati e il pagamento di bolli tali da scoraggiare la maggior parte di coloro, privati e associazioni, che fino ad ora potevano aprire liberamente un blog o un sito per farsi conoscere. Coloro che non si scoraggiassero e si rassegnassero all'iscrizione al Roc, sappiano comunque che "l'iscrizione al Registro degli operatori di comunicazione dei soggetti che svolgono attività editoriale su Internet - recita l'articolo 7 - rileva anche ai fini dell'applicazione delle norme sulla responsabilità connessa ai reati a mezzo stampa". Vale a dire che saranno soggetti agli stessi rischi penali dei giornalisti, rischi più gravi di quelli che valgono per la diffamazione comune.
Stanato dalla valanga di proteste che si sono riversate nella rete, il sottosegretario Levi è dovuto uscire dall'ombra per gettare acqua sul fuoco e tranquillizzare gli utenti assicurando che "il governo non ha alcuna intenzione di tappare la bocca alla rete, non ne avrebbe neppure il potere. Ha soltanto varato un disegno di legge per mettere ordine nel settore". Ed ha poi aggiunto sibillinamente: "Non abbiamo interesse a toccare i siti amatoriali o i siti più piccoli e i blog. Tuttavia, sarà l'Autorità delle comunicazioni a indicare quali soggetti e quali imprese siano tenute alla registrazione. E il regolamento arriverà solo dopo l'approvazione delle Camere".
Una rassicurazione, la sua, per nulla rassicurante, tant'è vero che dopo le richieste di modifica che hanno cominciato a venire anche da alcuni ministri, prima evidentemente distratti, come Pecoraro Scanio, Di Pietro e Gentiloni, il sottosegretario Levi si è deciso ad aggiungere al ddl un comma che esclude dall'obbligo di iscrizione al Roc "i soggetti che accedono ad Internet o operano su Internet in forme o con prodotti, come i siti personali o ad uso collettivo che non costituiscono un'organizzazione imprenditoriale del lavoro".
Staremo a vedere come il ddl governativo uscirà dall'esame della Camera. Intanto però ci sono certe dichiarazioni di Levi che non promettono nulla di buono e dimostrano la pervicacità delle intenzioni punitive del governo, come quella con cui ha ammesso che "certo, distinguere tra attività editoriale e privata non è semplice", aggiungendo che comunque è giusto che le responsabilità siano uguali per chi pubblica un giornale e chi un sito Web.

12 dicembre 2007