Inizia nel modo peggiore la mega-concertazione governo, sindacati, associazioni padronali, enti locali
Prodi: "più alta l'età pensionabile, più bassi i coefficienti di calcolo"
I vertici confederali balbettano e vanno avanti nel confronto. La Confindustria attacca l'art.18 e chiede libertà di licenziare
Nelle fabbriche serpeggia la protesta
Ampiamente annunciata nei giorni precedenti con riunioni preparatorie, ha preso avvio il 23 marzo a Palazzo Chigi la mega-concertazione tra il governo, i sindacati, le associazioni padronali e gli enti locali. Attorno al tavolo ben 54 persone. Per il governo il presidente del Consiglio, Romano Prodi, e i ministri dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, del Lavoro, Cesare Damiano e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Enrico Letta. Per Cgil, Cisl e Uil i segretari generali Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. Per la rappresentanza padronale i presidenti di Confindustria, Confcommercio, Confartigianato, Confagricoltura, Cassartigian, Cna e Lega delle cooperative. Inoltre, Vasco Errani per le regioni, Leonardo Domenici per i comuni, Fabio Melillo per le province.
Si è trattato di un primo incontro dove Prodi ha illustrato i temi che il governo intende affrontare e proposto un percorso di discussione e di confronto con le parti suddiviso in tre tavoli, i quali a loro volta prevedono dei sottotavoli. Questo il calendario stabilito. Mercoledì 28 marzo si riunisce il primo tavolo che affronta i problemi della produttività e competitività, Mezzogiorno, ambiente, contrattazione di secondo livello, liberalizzazioni, industria e ricerca. Giovedì 29 marzo il secondo tavolo e ha per temi la "modernizzazione" della pubblica amministrazione, la semplificazione delle norme, i rinnovi contrattuali. Venerdì 30, terzo e ultimo tavolo su previdenza sociale e welfare. Tempi della concertazione non oltre la presentazione del Dpef (Documento di programmazione economica e finanziaria) che di solito avviene in luglio.

Ritorno alla concertazione
Rispetto al precedente esecutivo guidato dal neoduce Berlusconi che convocava i sindacati solo per comunicare decisioni già prese, con il governo dell'Unione si torna al metodo concertativo del tipo di quello praticato agli inizi degli anni '90 (governo Ciampi) che portò all'abolizione della scala mobile e all'accordo del luglio '93 sulla "politica dei redditi" e sulla contrattazione. "È l'occasione per cambiare l'Italia - ha affermato pomposamente Prodi - con uno spirito costruttivo". Anche se, ha precisato, alla fine sarà il governo a fare "una sintesi" e a prendere le decisioni.
Ma quali sono gli obiettivi del governo? Con che posizioni si presentano i sindacati? Cosa si prefiggono di ottenere le confederazioni padronali? Sono tenuti in conto e in che misura i problemi e le esigenze dei lavoratori e delle masse popolari? Molto di più si potrà dire dopo che tutti e tre i tavoli saranno stati aperti e le parti in causa avranno messo in chiaro le rispettive posizioni. Tuttavia, qualcosa è possibile evidenziare sin da ora. Anzitutto la posizione del governo. Nel documento di 7 cartelle presentato da Prodi c'è già infatti l'orientamento del governo, sia pure nelle linee generali. Dalle quali si capisce bene che esso intende mettere mano (di nuovo) alle pensioni per peggiorarne i trattamenti; non cancellare ma consolidare la legge Biagi sul "mercato del lavoro", attraverso l'introduzione di taluni "ammortizzatori sociali"; favorire la contrattazione di secondo livello a scapito del contratto nazionale, con la defiscalizzazione degli aumenti salariali aziendali (o territoriali); ristrutturare in termini liberisti il pubblico impiego; liberalizzare le aziende municipalizzate; trasferire ulteriori finanziamenti alle imprese; riconfermare le mega-infrastrutture speculative e dannose come la Tav e i rigassificatori.
Sulle pensioni Prodi c'è andato giù duro, ignorando completamente quanto i vertici sindacati avevano chiesto nel loro "documento unitario" messo a punto per questo confronto. Questi avevano detto: via lo scalone messo da Maroni, ritorno all'età pensionabile a 57 anni di età e 35 di lavoro, nessun peggioramento dei coefficienti di trasformazione, aumento delle pensioni più basse e difesa del potere d'acquisto delle altre. La risposta, specie per i primi tre punti, è stata del tutto deludente. Prodi ha teorizzato che "In un sistema contributivo la via maestra per assicurare l'adeguatezza dei trattamenti è costituita dall'innalzamento dell'età di pensionamento e dalla continuità della contribuzione... L'impianto del sistema contributivo - continua - introdotto dalla riforma Dini rispetto al quale anche una periodica revisione dei coefficienti di trasformazione si pone come elemento per garantire la sostenibilità economica-finanziaria". Tradotto in termini concreti significa mantenimento dell'innalzamento dell'età pensionabile introdotto con la controriforma di Berlusconi (60 anni nel gennaio 2008 e 62 anni dal 2012), al massimo si concede una maggiore gradualità; i coefficienti di calcolo della pensione si riducono ulteriormente, nonostante che per i giovani già oggi non si va oltre il 50% del salario percepito a fine carriera.

Sacrifici per i lavoratori
Insomma, il governo, più che dare dai lavoratori vuole ottenere ulteriori rinunce e sacrifici. Lo dimostrano anche le dichiarazioni di Padoa-Schioppa sul cosiddetto "tesorino", cioè i 10 miliardi di euro di tasse entrate in più nelle casse dello Stato di cui non più di 2,5 saranno messi a disposizione della trattativa in corso.
Allo stato attuale allo schiaffo dato dal governo i vertici sindacali hanno balbettato dei sommessi "non siamo d'accordo", salvo però esprimere apprezzamenti per l'insieme delle proposte prodiane. Chiedendo allo stesso tempo una risposta per il contratto del pubblico impiego, per poter revocare lo sciopero generale del 16 aprile (poi confermato) e proseguire nella concertazione aperta. L'atteggiamento remissivo e collaborativo dei vertici sindacali non meraviglia se si tiene conto che a questo appuntamento ci sono arrivati dopo aver firmato col governo, in tempi recenti e in successione, il memorandum sulla previdenza e il memorandum sul pubblico impiego che, di diritto o di rovescio, promuoveva delle misure simili a quelle abbozzate nella riunione suddetta.
Gli imprenditori hanno espresso "cauto ottimismo". Significa che le proposte del governo vanno nella direzione auspicata dalla Confindustria: sulle pensioni, sul pubblico impiego, in generale sulla riduzione della spesa pubblica, sulla riforma del "mercato del lavoro", sulla contrattazione sindacale. Certo, l'appetito vien mangiando, e così i padroni sono tornati ad attaccare l'art.18 e a rivendicare la libertà di licenziare senza "giusta causa".

Nulla di buono
Tra i lavoratori vi è preoccupazione e serpeggia la protesta in qualche caso già esplosa. Prima dell'apertura della concertazione le Rsu di tante fabbriche avevano approvato degli ordini del giorni dove era scritto con chiarezza che su età pensionabile e coefficienti pensionistici si doveva andare nella direzione opposta di quella dichiarata dal governo. Dopo il primo incontro il dissenso e la mobilitazione contro le proposte di Prodi sono destinati a salire. Il fatto è che non c'è da aspettarsi nulla di buono. Perché i vertici sindacali sono a "trattare" senza il mandato dei lavoratori e hanno presentato un documento, che non è una piattaforma, dove le maglie sono larghe e dove può passare di tutto. Nulla di buono perché la priorità dei vertici sindacali non sono gli interessi dei lavoratori e dei pensionati ma quelli "della competitività e dello sviluppo economico" a tutto vantaggio dei padroni. Nulla di buono perché il metodo concertativo che, di fatto, esclude la lotta e si muove nella logica del "patto sociale", è il peggiore per strappare alle controparti miglioramenti economici e sociali a favore delle masse lavoratrici e popolari.

28 marzo 2007