Avanza la terza repubblica
Il governo vuol vietare il diritto di sciopero
Nelle linee guida approvate dal consiglio dei ministri: obbligo del referendum, arbitrato, schedatura degli scioperanti, sanzioni dalla prefettura, sciopero "virtuale"
La Cgil: "lo sciopero è un diritto incoercibile"
Con il governo del neoduce Berlusconi, il processo di costruzione della terza repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista avanza un passo dopo l'altro senza soluzione di continuità, a colpi di decreti legge e di disegni di legge, di controriforme fatte approvare in parlamento con il voto di fiducia. Anche sui temi del lavoro accade questo. Insieme all'attacco all'art.18 dello "Statuto dei lavoratori" per rendere più facili i licenziamenti, attraverso la "riforma" del processo sulle controversie del lavoro, è arrivata l'offensiva liberticida estremamente grave e pericolosa, contro il diritto di sciopero portata avanti dal ministro del welfare, l'ex socialista ed ex Cgil (sic!) Maurizio Sacconi. In tempi rapidissimi si è passati dall'annuncio di un disegno di legge all'approvazione, da parte del consiglio dei ministri, delle linee guida dello stesso per introdurre ulteriori limitazioni al diritto di sciopero che, peraltro, è un diritto costituzionale, fino a rendere quasi impossibile il suo esercizio.
Ma andiamo per ordine. Sacconi, partecipando il 15 ottobre a un incontro organizzato dal Cnel lancia a freddo un pesante attacco al diritto di sciopero, annuncia che sta lavorando per definire uno specifico disegno di legge e ne anticipa i punti principali. Lo scopo è chiarissimo: limitare questo fondamentale diritto, soffocarlo tra paletti perché "In Italia si fanno troppi scioperi". Ecco come. Sarà reso obbligatorio il referendum consultivo assieme alla dichiarazione di adesione del lavoratore allo sciopero "in modo che gli utenti siano informati sul livello di adesione allo sciopero, sarà disciplinato il meccanismo di revoca perché troppo spesso si annuncia e poi lo si revoca all'ultimo minuto-secondo". Tale revoca per Sacconi dev'essere anticipata per "evitare la trattenuta" salariale.
Ci dovrà essere inoltre, aggiunge il ministro, "un più robusto e garantito intervallo tra uno sciopero e l'altro. Pur agendo diversi soggetti, l'intervallo tra uno sciopero e l'altro deve essere garantito in modo che ci sia un congruo periodo di assenza di interruzione del servizio". Ridicola e fantasiosa l'intenzione del governo di "favorire lo sciopero virtuale, che si può fare col fazzoletto al braccio: io lavoratore sono in agitazione, perdo il salario e però il datore di lavoro paga una cifra congrua per ogni lavoratore che si astiene virtualmente dal lavoro" ad un non meglio identificato fondo solidaristico utile non si sa per cosa.
Ultimo punto, affidare l'applicazione delle sanzioni per la "violazione delle regole sul diritto di sciopero" ai prefetti anziché alla Commissione di garanzia come è attualmente.
Appena due giorni dopo, esattamente il 17 ottobre, mentre era in corso lo sciopero generale indetto dai sindacati non confederali e centinaia di migliaia di manifestanti sfilavano in corteo a Roma e a Milano contro la politica economica e sociale del governo, il consiglio dei ministri ha votato le Linee guida di un disegno di legge di regolamentazione del diritto di sciopero sulla base dei punti tracciati dal ministro del "Welfare", ossia: l'obbligo di svolgere un referendum consultivo tra i lavoratori interessati prima di ogni sciopero; l'obbligo di comunicare in anticipo la propria adesione individuale che equivale di fatto a una schedatura degli scioperanti su cui i capi possono fare pressioni e attuare ritorsioni; un allungamento dei tempi tra uno sciopero e l'altro tra le diverse categorie della pubblica amministrazione; una "commissione per le relazioni del lavoro" con funzioni di arbitrato e conciliazione; il passaggio alle prefetture per l'applicazione delle sanzioni. Ma con aggiunte ancora peggiori.
Infatti, nell'annuncio iniziale parlava solo di pubblici dipendenti e di servizi essenziali, ora invece l'intervento liberticida, anti sciopero è allargato a tutti i settori produttivi e i "diritti d'impresa" sono messi in primo piano. Obiettivo della legge, viene infatti confessato, è quello di "favorire il funzionamento di un libero e responsabile sistema di buone relazioni industriali e dare attuazione all'rt.40 della Costituzione con l'intento di realizzare, IN TUTTI I SETTORI PRODUTTIVI (il maiuscolo è nostro, ndr) e con particolare riferimento ai servizi pubblici essenziali, un migliore e più effettivo contemperamento tra esercizio del diritto di sciopero e salvaguardia dei diritti della persona e della impresa".
Nelle intenzioni del governo non c'è solo la volonta di ridurre ai minimi termini il diritto di sciopero ma anche di vietare forme di lotta come il blocco delle strade, delle ferrovie e degli aeroporti perché sarebbero lesive "dei diritti costituzionalmente tutelati della persona ovvero diretti a recare un danno irreversibile all'impresa".
I prossimi passi del governo, un confronto con le confederazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil con l'aggiunta dell'Ugl (ex Cisnal) e con le associazioni padronali, Confindustria in testa. Poi il varo di un disegno di legge delega che comprenda anche i relativi decreti attuativi entro l'anno. Volutamente tagliati fuori i sindacati considerati "minoritari" ai quali si vorrebbe togliere la titolarità o comunque rendere impossibile l'indizione dello sciopero.
Nettamente contraria si è dichiarata la Cgil che contesta sia lo strumento della legge delega, sia i contenuti impressi nelle Linee guida. In una nota della segreteria nazionale si legge: "lo sciopero è un diritto incoercibile e le linee guida confermano i tratti illiberali già denunciati nei giorni scorsi". In particolare "il pericolo dell'introduzione di tratti autoritari anche nel governo del conflitto sociale... Le norme che attaccano i diritti dei lavoratori e della loro rappresentanza appaiono sbagliate nel metodo e sotto il profilo costituzionale". Il complesso delle misure annunciate "conferma il chiaro intento di introdurre ulteriori e immotivate restrizioni al diritto di sciopero e alla libertà sindacale in una situazione nella quale le regole attuali offrono già all'utenza una protezione che non ha eguali negli altri paesi europei".
La Cgil avverte che "il riferimento costituzionale alla regolamentazione del diritto di sciopero non può essere inteso come una incondizionata delega al legislatore; che una tale interpretazione porterebbe nei fatti a cancellare il valore costituzionale del diritto di sciopero; che lo strumento legislativo della legge delega, prescelto dal governo, è quindi di incerta legittimità costituzionale".
Dura la presa di posizione della Cub: "Già oggi scioperare è pressoché impossibile, tanti sono i vincoli frapposti dalle leggi vigenti al libero esercizio di un diritto fondamentale come lo sciopero". Adesso il governo vuole "portare un affondo definitivo". Il richiamo è alla legge 146/1990 modificata dalla legge 83/2000 che già contiene pesanti limiti e restrizioni per la dichiarazione degli scioperi nei trasporti e nei servizi pubblici.
Diverso e assai più accondiscendente l'atteggiamento di Cisl, Uil e Ugl che non contestano l'iniziativa di stampo fascista del governo, chiedono solo un confronto di merito e una trattativa sulla materia. Insomma vogliono collaborare a ridefinire le regole, inevitabilmente più restrittive, del diritto di sciopero, collegate a nuove relazioni industriali fondate sulla concertazione, l'arbitrato, gli enti bilaterali e strumenti cogestionari simili.
Respingere risolutamente il nuovo attacco fascista al diritto di sciopero. Insegnanti, studenti e genitori partecipino in massa allo sciopero nazionale della scuola del 30 ottobre. Lavorare per il pieno successo della protesta generale dell'università fissata per il 14 novembre prossimo. Al più presto lo sciopero generale di tutte le categorie. Sviluppare un ampio movimento di protesta per abbattere questo governo e la terza repubblica. La risposta di lotta dei lavoratori e delle masse popolari, dei democratici e degli antifascisti non può che essere questa!

22 ottobre 2008