Il governo vara un piano economico a costo zero senza alcun effetto positivo immediato
La "grande scossa" annunciata da Berlusconi punta a far tabula rasa degli articoli 41, 97 e 118 della Costituzione
Niente per occupazione giovanile, salari, pensioni e Sud. Confindustria chiede di più
Carta bianca alle imprese, meritocrazia, privatizzazioni e sussidiarietà

Il neoduce Berlusconi non si smentisce mai, il suo modo di agire è sempre quello: propaganda altisonante, fumosa e ingannatoria, balle stratosferiche fondate su fatti inventati, dati alterati e infondati, promesse che rimarranno tali, misure esclusivamente a favore dei padroni e dei ceti ricchi e a danno dei lavoratori e delle masse popolari. Rientrano pienamente in questa ottica le misure per "la crescita" varate dal consiglio dei ministri il 9 febbraio scorso, un pacchetto di provvedimenti annunciato in pompa magna che avrebbe dovuto dare "una grossa scossa" al rilancio dell'economia. Un pacchetto in realtà a costo zero, cioè senza risorse aggiuntive e senza ricadute positive immediate. Specie per i problemi veri urgenti del Paese, in testa la disoccupazione giovanile giunta al 29%, i salari e le pensioni ridotti ai minimi termini, il Mezzogiorno sempre più martoriato dalla grave crisi economica e sociale tuttora in atto, il sostegno alla ricerca e all'innovazione.
Ma andiamo per ordine. Dopo oltre due anni nel corso dei quali Berlusconi ha negato che l'Italia fosse alle prese con la crisi economica e produttiva più grave del dopoguerra ha deciso di annunciare una "grande scossa" all'economia per rilanciare la crescita.
L'11 gennaio con una lettera al "Corriere della Sera" proponeva alle "opposizioni" un piano bipartisan per dare "una scossa" all'economica. Fondata su che cosa? Forse su una "riforma" fiscale che alleggerisca il lavoro dipendente e le pensioni medio basse e conduca una lotta sistematica al sommerso e all'evasione fiscale? Forse sull'introduzione di una imposta sui grandi patrimoni e sulle grandi rendite finanziarie per abbattere il debito pubblico e trovare risorse per finanziarie progetti infrastrutturali e piani occupazionali? No, perché su tutto ciò, fa sapere, "ho un'irriducibile avversione strategica". Per il neoduce la cosa giusta è fare tabula rasa di regole e controlli, è dare piena e totale mano libera alle imprese, alla maniera del modello Marchionne, da ottenere con "la riforma costituzionale dell'art. 41 della Carta costituzionale". Per questa via, l'aveva sparate grossa il cavaliere piduista di Arcore senza temere il ridicolo, l'incremento del Prodotto interno lordo (PIL) sarebbe salito di 4-5 punti percentuali.
L'invito al "patto bipartisan", che nella pratica non aveva alcuna possibilità di realizzarsi, è durato un paio di settimane. Per andare alla riunione straordinaria del consiglio dei ministri tenutasi il 9 febbraio e varare l'annunciato pacchetto di misure per "la crescita" economica, si fa per dire perché non ce ne sarà per effetto di queste. Se si vanno a vedere le carte, l'imbroglio emerge con chiarezza.

Non ci sono risorse nuove
Non ci sono risorse nuove e aggiuntive. Senza di esse, che in qualche modo vadano a contenere e correggere i tagli drastici "lineari" attuati a pioggia da Tremonti nelle sue leggi finanziarie come si dà la sventolata "scossa" all'economia? Come può essere stimolata la ripresa e lo sviluppo? Infatti la previsione della crescita del PIL del 4-5%, vantata nella lettera al "Corriere della Sera", è tracollata a un più striminzito 1,5%. E anche questa è ritenuta, da Confindustria, gonfiata. Più che di nuovi provvedimenti si deve parlare di rimescolamento di vecchi provvedimenti, risultati evidentemente insufficienti e inefficaci, come nel caso degli incentivi alle imprese per i quali è previsto una ristrutturazione e un accorpamento in tre categorie (automatici, a progetto e negoziati); come per il Sud dove è stato fatto solamente il punto di bilancio di attuazione del programma di governo. Lo stesso va detto per il fallimentare "piano casa" varato nel 2009 e rimasto praticamente inutilizzato, ora rilanciato con qualche formalità burocratica in meno. Un piano non per costruire abitazioni popolari di cui c'è un gran bisogno specie per le giovani coppie impossibilitate a comprarne una nuova e nemmeno ad andare in affitto a libero mercato, ma per semplici ampliamenti dell'esistente.
L'anima nera e neofascista del "piano per la crescita" è costituita da un disegno dei legge costituzionale per riscrivere gli articoli 41 (Libertà d'impresa), 97 (Pubblica amministrazione) e 118 (Sussidiarietà). Queste le modifiche che si vorrebbe apportare. Per quanto riguarda la libertà d'impresa: "Tutto è consentito meno ciò che è espressamente vietato in base alla legge che richiami altri principi di tutela costituzionale". Per quanto riguarda la pubblica amministrazione: "Le pubbliche funzioni sono al servizio del bene comune e il loro esercizio deve essere efficiente, semplice e trasparente. Carriere in base al merito". Circa la sussidiarietà: "Lo Stato, Regioni e enti locali devono garantire l'iniziativa privata per attività di interesse generale sulla base della sussidiarietà".

Modifiche padronali iperliberiste
Al di là del fatto che questo governo con una maggioranza risicata e in crisi riesca o meno a portare all'approvazione definitiva queste modifiche, tenuto conto che per le revisioni costituzionali occorre un doppio passaggio sia alla Camera e che al Senato, con un intervallo di tre mesi per ogni votazione, senza dire della possibilità di richiedere un referendum popolare, rimane da denunciare con forza la natura iperliberista e filopadronale di questa iniziativa tendente a radere al suolo da destra quello che resta della Costituzione del 1948, che si ricollega ad altre controriforme attuate o appoggiate da questo governo, anche con il concorso dei sindacati complici CISL e UIL, come quella sul modello contrattuale, sul pubblico impiego, sul diritto del lavoro, sull'apprendistato, sulle deroghe ai contratti nazionali, infine sugli accordi separati alla Fiat di Pomigliano e di Mirafiori. Non sfugga nemmeno la gravità della revisione richiesta sul tema della sussidiarietà, propedeutica al disegno federalista della Lega di Bossi, che spalancherebbe la porta alla privatizzazione o all'esternalizzazione dei servizi pubblici e socio-sanitari locali, già oggi assai diffusa.
La Confindustria apprezza, come potrebbe diversamente, ma avrebbe voluto di più; come dire, l'appetito vien mangiando. Lo dice esplicitamente la sua presidente, Emma Marcegaglia: "Ci aspettavamo le liberalizzazioni - afferma - che non ci sono state". Certo, le misure assunte dal governo "sono iniziative che aprono dei processi. Dal nostro punto di vista - però aggiunge - hanno un impatto piuttosto limitato". Che non permetteranno di raggiungere la crescita dichiarata dell'1,5%. "Il nostro Centro di studi - precisa la Marcegaglia - stima una crescita dell'1 cento". Insomma non basta. "Non è con un consiglio dei ministri che si fa la crescita. Si realizza con un programma complesso che non può fermarsi qui". A cosa pensa? A soldi pubblici per le imprese. In particolare ai 2,5-3 miliardi di fondi dell'Unione Europea 2000-2006 da stanziare per il credito d'imposta per le aziende che "investono".

Critica la Camusso, ma lo sciopero generale?
Servile come al solito il giudizio della segreteria confederale della CISL che in una nota si limita a dire che: "Le misure per la crescita sono utili ma ancora troppo timide e non riescono a determinare la necessaria accelerazione delle risorse disponibili per lo sviluppo". Inoltre, "il proposito del governo di modificare gli articoli 41, 97 e 118 della Costituzione per rilanciare l'attività economica tramite la semplificazione degli oneri burocratici è - aggiunge la nota Cisl - condivisibile in linea di principio".
Critica invece la segretaria della CGIL, Susanna Camusso, che valuta le misure del governo "uno schiaffo al Paese" perché non c'è "nulla di concreto". "Di fronte alla stagnazione del Paese, con una disoccupazione giovanile al 29%, dalle misure approvate dal governo - sottolinea - non c'è alcun impatto per il 2011. La politica degli incentivi alle imprese non sarà operativa prima del 2012, il piano casa è un'operazione vetusta, si prevede solo la ricognizione del piano per il Mezzogiorno e un istruttoria per le grandi opere". Circa la modifica dell'art. 41, per Susanna Camusso "il governo vende fumo con messaggi pericolosi perché, in nome della semplificazione, punta a cancellare il sistema dei controlli amministrativi". "L'esecutivo - è la sua conclusione - non è in grado di fare nulla per il Paese, tocca alla classe dirigente e alle parti sociali prendere l'iniziativa cambiando atteggiamento". Tra queste c'è lo sciopero generale di tutte le categorie con manifestazione nazionale e Roma per chiedere le dimissioni del governo Berlusconi? Purtroppo no.

16 febbraio 2011